Un G Tutti nel segno della fraternità, di Carlo Marroni

C’è un simbolo universale che percorre tutta l’umanità, di qualunque religione o cultura, rispettato e condiviso. È Francesco di Assisi e il suo messaggio di pace. Il Papa argentino (e gesuita) ha scelto il suo nome per dare sin dall’inizio spessore universale al suo messaggio, che oggi si racchiude nella parola “fratellanza”. Il cardinale Mauro Gambetti è un frate francescano, prima di essere, dal 2021, vicario generale per la Città del Vaticano, arciprete della Basilica di San Pietro e presidente della Fabbrica di San Pietro. Ed è anche alla guida della Fondazione Fratelli Tutti, che ha raccolto l’eredità pastorale dell’enciclica di Bergoglio, e che per i giorni 10-11 maggio ha organizzato a Roma il World Meeting on Humanity Fraternity #BEHUMAN, un summit – con 12 tavoli di incontri, a uno parteciperà il Papa – che vedrà la presenza di 30 premi Nobel, scienziati, campioni dello sport ed economisti di tutto il mondo. L’attesa per questo evento è forte: «Anzitutto si vuole ribadire insieme il nostro “no” alla guerra e il “sì” alla pace. Poi ricominciare a sperare nel principio di fraternità che Papa Francesco ha rilanciato come un nuovo paradigma antropologico su cui ricostruire gesti e leggi perché, come scrive l’enciclica, «la fraternità ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza». Gambetti ricorda che «dopo più di 200 anni, la Chiesa propone al mondo di colmare il significato di fraternità che l’illuminismo aveva prima introdotto e poi tradito.
La vita sociale non migliora per caso, migliora sempre per una scelta fatta insieme. Vorremmo infine elaborare, insieme a personalità che giungeranno a Roma dai diversi angoli del pianeta, da differenti culture e religioni, una Carta dell’umano che superi la catalogazione dei soli diritti, spesso ignorati, e includa le ragioni che ci definiscono oggi come “esseri umani” a partire dai nostri comportamenti e sentimenti. È il contributo che vorremmo dare al Giubileo del prossimo anno».
Il cardinale, 58 anni, è arrivato ad occupare una delle posizioni più vicine al Pontefice dopo essere stato per otto anni custode generale del Sacro Convento di Assisi, una delle massime responsabilità della famiglia francescana, ma la sua formazione prima del sacerdozio vede la laurea in ingegneria meccanica e una esperienza in una fabbrica nella sua terra, l’Emilia Romagna (al liceo scientifico d’Imola è stato compagno di classe di Stefano Domenicali, futuro capo reparto corse della Scuderia Ferrari). Un’esperienza certamente preziosa per affrontare i suoi incarichi nella Santa Sede – centinaia di dipendenti, budget imponenti, attenzione ai costi – e anche quello di mettere insieme il summit. Francesco a breve tra l’altro parteciperà al G7 in Puglia: «Sarà la prima volta nella storia, il pianeta deve rispondere alle sfide che il digitale sta ponendo. Francesco aiuterà a definire ciò che ancora manca: un quadro antropologico, etico e culturale all’intelligenza artificiale. Da tempo la Chiesa propone un’algoretica – l’etica applicata agli algoritmi – per arginare la tecno-dittatura in corso. Il Papa riconosce «le straordinarie conquiste della scienza e della tecnologia», ma è preoccupato quando gli algoritmi si sostituiscono alle decisioni umane e i dati vengono manipolati. Va riposta al centro del G7 la responsabilità umana, i valori umani e la coscienza che ci aiuta a distinguere l’umano dal disumano e a calcolare le conseguenze delle scelte nel campo tecnologico». Temi quindi che abbracciano per intero la pastorale della Chiesa, e che Bergoglio fissa al centro, forse mirando ad un summit mondiale, un «G Tutti», che metta tutto il mondo di fronte alle sue responsabilità. Intanto, dopo il summit della Fratellanza sarà la volta dei più piccoli, il 25-26 maggio: «I bambini giungeranno in Piazza San Pietro da molte parti del mondo, ci ricorderanno il valore della condivisione, del perdono e della fraternità senza bisogno di spiegazioni, sono portatori sani di semplicità e di verità. Anche il Vangelo ci ricorda che il segreto della vita è “ritornare a essere come bambini”. Mi ha colpito il messaggio in cui li incoraggia a essere solidali con chi non potrà partecipare all’evento, perché prigioniero di situazioni disumane, e li ha ricordato che “la gioia cresce nella misura in cui la si condivide”. Il mondo adulto ha tanto bisogno di essere provocato dai bambini». E guardando ai bambini il passo immediato è lo sguardo verso la “glaciazione demografica” dell’Italia e di larga parte dell’Occidente, tema su cui Francesco ribatte di continuo (il 10 parteciperà agli Stati Generali della Natalità). «I dati preoccupano: calano le nascite, aumenta l’età media della popolazione in Italia e a livello culturale la paura soffoca la speranza nella vita e nel futuro. Quando la popolazione di un Paese diminuisce di milioni di abitanti in pochi anni occorre fare i conti con una minore domanda interna, un calo degli investimenti, la riorganizzazione dei consumi e i desideri spirituali che la guidano». Per il cardinale «la curva demografica si può invertire solo se la cultura della paura viene sostituita da quella della speranza. La paura fa sprecare risorse, paralizza la creatività, inibisce progetti generativi. La fraternità invece contribuisce alla crescita responsabile e al desiderio di rischiare in favore della vita. La demografia è destinata a cambiare gli scenari geopolitici ed è per questo che la sfida della fraternità è centrale per governare gli equilibri del mondo; la sfida demografica ci chiede di trasformare una questione privata in una questione di interesse pubblico. Il summit #BEHUMAN metterà insieme l’esperienza di fraternità con esperienze diverse per cercare alternative alle guerre e alle povertà, riflettendo – propone il programma – sulla “fraternità” come base di un mondo nuovo, fatto di relazioni umane e sociali belle, i tavoli tenteranno di trovare proposte concrete per stimolare le riforme che mancano, comprendere dove il principio di fraternità è già presente nella vita sociale e discernere i parametri necessari per misurarlo. Francesco – nelle sue due encicliche, Laudato sì (2015) e Fratelli tutti (2020) – «ha anticipato alle agende politiche mondiali i temi dell’ambiente e della fraternità. Per la Chiesa l’ecologia integrale tiene insieme l’ecologia delle istituzioni e la loro salute, ogni lesione della solidarietà e della giustizia provoca danni ambientali. Se poi tutto è connesso, per Francesco «l’analisi dei problemi ambientali è inseparabile dall’analisi dei contesti umani, familiari, lavorativi, urbani, e dalla relazione di ciascuna persona con sé stessa». Esiste una sola e complessa crisi socio-ambientale. Così l’ecologia integrale cresce curando il bene comune e scegliendo i più poveri come criterio politico. È questo il modo per costruire fraternità ambientale». Quindi alla fine di tutto «si sente il bisogno di coniugare la pace con la fraternità per dare speranza al mondo. Insieme si confronteranno per proporre azioni concrete e attuare gli obiettivi Onu nell’ambito dell’ambiente e delle imprese, dello sport e del terzo settore, dell’informazione e del lavoro, della salute e del digitale, dell’educazione e delle amministrazioni locali, e della sicurezza alimentare, mentre il tavolo dedicato ai bambini accoglierà il Papa. Da questo processo vorremmo che questi mondi ci ispirino sulle ragioni della fraternità». Per chiudere si ritorna a Francesco, il santo: «Questo evento ha portato un messaggio importante: il desiderio di pace, condiviso dalle persone di buona volontà. Lo “Spirito di Assisi” rimane un simbolo di dialogo e fraternità tra le religioni e le culture. Anche il Meeting è illuminato dalla luce della fiaccola che non si spegne nemmeno in tempo di guerra».

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