Francesca Albanese e le sanzioni degli Stati Uniti: «Non posso neppure aprire un conto corrente», di Andrea Barolini

Perfino la finanza etica ha le mani legate quando si tratta di aiutare una persona finita – senza prove, senza processi, senza possibilità di difendersi – nel mirino degli Stati Uniti di Donald Trump. La vicenda riguarda Francesca Albanese, giurista, ricercatrice e ormai da anni nell’occhio del ciclone per il ruolo di Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati. La sua colpa è nota: aver denunciato la situazione atroce della popolazione della Striscia di Gaza, da quasi due anni bombardata incessantemente, giorno e notte, dall’esercito di Israele. Una guerra che ha provocato più di 62mila morti, almeno 150mila feriti, oltre ad aver raso al suolo l’intera enclave palestinese.
Nel corso di una conferenza stampa tenuta a Roma, Albanese ha spiegato che le sanzioni che le sono state imposte per il suo impegno professionale, civile e umanitario le impediscono ormai perfino di godere dei diritti più elementari: «Io non ricevo donazioni, ma ho uno stipendio per il mio lavoro. Ho delle entrate e in questo momento non ho neppure la possibilità di aprire un conto bancario. Non posso avere neppure una carta di credito. E di conseguenza non posso fare neppure cose banali come affittare un’auto».
Francesca Albanese: «Per via delle sanzioni non posso aprire un conto corrente, avere una carta di credito o affittare un’auto»
L’impatto delle sanzioni imposte da Washington alla dirigente delle Nazioni Unite è stato toccato con mano anche da Banca Etica. Nelle scorse settimane, infatti, Francesca Albanese ha provato ad aprire un conto presso l’istituto di credito italiano.
Nazzareno Gabrielli, direttore generale di Banca Etica, ha raccontato la situazione vissuta, non nascondendo il «rammarico» e la «tristezza» per l’esito sfavorevole alla Relatrice speciale dell’Onu: «Nei mesi scorsi abbiamo ricevuto la richiesta di aprire un conto corrente e abbiamo accolto la domanda con il desiderio di offrire i nostri servizi a una persona che stimiamo e che svolge un incarico delicato e prezioso a difesa dei diritti umani».
«Meccanismi nati contro i criminali sono sfruttati per colpire una rappresentante delle Nazioni Unite»
Tuttavia, le regole imposte agli istituti finanziari hanno di fatto impedito l’apertura del rapporto bancario: «Nel corso delle verifiche necessarie previste dalla normativa italiana ed europea in materia di antiriciclaggio e contrasto al finanziamento del terrorismo, è emerso che la dottoressa Albanese risulta inserita nelle liste sanzionatorie statunitensi (la Sdn List dell’Ofac). La legge nazionale impone alle banche di effettuare questi controlli e, in caso di persone sanzionate, scatta un alert che espone la banca al rischio di gravi sanzioni in caso di apertura di un conto corrente».
Concretamente, «le liste Ofac, pur essendo emanate da un organismo  statunitense, condizionano l’intero sistema finanziario globale. Alle banche che non si adeguano possono essere comminate infatti “sanzioni secondarie” che comportano l’impossibilità di operare in dollari, l’esclusione dai circuiti internazionali di pagamento e persino sanzioni di importi insostenibili. Per cui, semplicemente, non abbiamo avuto margini di scelta».
Una giustizia parallela, con la finanza che diventa strumento esecutorio e passivo di decisioni politiche
«Queste normative antiriciclaggio e antiterrorismo – aggiunge Gabrielli a Valori.it – sono fondamentali, e sono nate dietro l’impulso decisivo proprio della finanza etica. Il meccanismo è sano. Servono però per colpire attività criminali, non una rappresentante delle Nazioni Unite alla quale si vogliono negare i diritti elementari. È una distorsione che lede la giustizia e di cui non possiamo che essere amareggiati».
La vicenda, in sintesi, spiega chiaramente come esista di fatto una giustizia parallela nel mondo. Una persona può essere sanzionata (ovvero condannata a una pena) in modo arbitrario e senza che il mondo intero possa, di fatto, opporsi. Il sistema finanziario mondiale diventa così uno strumento esecutorio e passivo di decisioni politiche assunte da un singolo governo. E, quando quel singolo governo è guidato da un estremista, i risultati sono questi.

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