“Il programma di governo di Leone è nel suo nome”. L’analisi del vescovo biblista, di Nazzareno Marconi

Gli antichi latini, che credevano molto alla potenza del fato, avevano un detto nomen omen, il nome (è) un presagio. Per questo consideravano importante la scelta del nome di ogni nuovo nato, il nome avrebbe tracciato una linea nel destino, condizionando la vita di chi lo portava.
I cristiani che non credono al fato, ma a quell’intreccio misterioso tra la libertà di Dio e la libertà dell’uomo chiamato Provvidenza, hanno comunque dato un grande valore al nome di una persona, tanto che negli snodi cruciali di una vita umana, come la conversione seguita dal battesimo, o l’inizio di una nuova vita da consacrati a Dio, usano cambiare il nome. L’uomo credente che inizia un nuovo tempo di vita cambia nome, per indicare anche a Dio come vorrebbe indirizzare il suo futuro. Ma la libertà di Dio permane e spesso si scopre che quel nuovo nome era davvero un presagio, ma non di quanto si aspettava il candidato, perché la Provvidenza è sempre più fantasiosa dei nostri piani umani. A 100 giorni dall’inizio del pontificato di papa Leone XIV stanno diventando più chiari a tutti i suoi personali intendimenti, ma forse si intravede anche meglio qualche tratto della linea della Provvidenza che lo riguarda.
Non sono un profeta, per cui quanto scrivo è soprattutto un divertissement, ma a volte senza farlo apposta si potrebbe anche cogliere nel segno. La scelta del nome Leone, fatta da Papa Prevost, è stata spiegata da Lui stesso ai cardinali dicendo: «Papa Leone XIII, con la storica Enciclica Rerum Novarum affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande Rivoluzione industriale. Oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di Dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro». La sua azione pastorale, delicata ma chiara e decisa molto attenta a questi temi, ha già indicato che il nome Leone è per lui un segno ed un impegno di come vuol servire Dio e la Chiesa. Ma spesso nelle nostre scelte si muovono di pensieri più profondi, che solo la vita rende chiari.
Così, avendo vissuto tanti anni ad Assisi, non ho potuto fare a meno di notare una speciale coincidenza, di quelle che don Tonino Bello chiamava Dio-incidenze, perché la Provvidenza scrive sempre la sua storia fra le righe delle azioni umane. La cosa strana è questa: che ad 800 anni di distanza al fianco e poi dopo un Francesco abbiamo avuto di nuovo un Leone! So bene che il successore “ufficiale” di S. Francesco d’Assisi fu fra Giovanni Parenti, eletto Ministro Generale nel 1227, ma è innegabile che la figura più vicina al Santo di Assisi in vita e coraggioso custode della sua eredità spirituale sia stato Frate Leone. Un difensore strenuo dello spirito di San Francesco, che proprio per questo non visse vita facile, ma non venne mai meno al suo compito. Rileggere questa storia di 800 anni fa può essere illuminante. Frate Leone nacque probabilmente ad Assisi intorno all’ultimo decennio del secolo XII e non era uno dei dodici compagni originari di Francesco d’Assisi. Probabilmente era già sacerdote quando incontrò il Santo di Assisi e divenne francescano dopo l’approvazione della prima Regola dei Frati Minori (1209-1210). Leone era un ottimo sacerdote: un uomo dotato di cultura, di solida spiritualità e sincera devozione, tanto che Francesco lo avrebbe addirittura rimproverato perché si attardava troppo nel silenzio quando celebrava la Messa. Col tempo divenne confessore e segretario di San Francesco. Nel racconto della Perfetta Letizia San Francesco ripete spesso: “scrivi, Frate Leone”. Così dal 1220 circa e fino alla morte del Santo fu suo compagno inseparabile e primo collaboratore. Era presente negli incontri ufficiali, ma anche nei momenti mistici alla Verna. Fu conoscitore, come pochi delle Stigmate di San Francesco, sia quelle nella carne che le sofferenze interiori che il Santo di Assisi visse perché alcuni tra i suoi frati si stavano allontanando dal suo stile appassionato e senza compromessi di amore a Cristo ed agli ultimi della terra. Di Frate Leone le fonti più antiche parlano concordemente definendolo ricco di tre virtù: l’umiltà, la semplicità e la purezza di cuore. Il rapporto tra i due è descritto nella Lettera autografa di San Francesco a Frate Leone conservata a Spoleto. Vi si legge che Leone era inquieto dopo un colloquio con Francesco e chiese con fermezza di tornare a parlare con il Santo, voleva capire e spiegarsi bene. Era mite e molto rispettoso del suo maestro spirituale, ma era pur sempre un “Leone” e voleva capire bene. Leone, nelle decisioni importanti, non era certo tipo da andare a braccio. Il tema del confronto con Francesco sembra fosse sul modo corretto di vivere come Frati il valore della povertà. Francesco aveva dato l’esempio, ma già alcuni frati lo consideravano inimitabile, frate Leone invece voleva essere rassicurato della sua idea che tutti potessero seguire con lo stesso rigore la Regola ed il Vangelo come aveva fatto San Francesco. Il Santo gli rispose: in qualunque maniera ti sembra meglio di piacere al Signore Dio e di seguire le sue orme e la sua povertà, fatelo con la benedizione del Signore Dio e con la mia obbedienza. Queste parole mostrano la stima che San Francesco aveva del giudizio personale di Frate Leone sul modo retto di agire. Mostra anche che il Poverello aveva grande rispetto per la coscienza dei suoi frati ed intendeva l’obbedienza come un aiuto alla libertà ed alla coscienza di ogni persona che avesse il desidero sincero di seguire le orme di Cristo. Questa fedeltà a Francesco ed alla imitazione letterale e senza compromessi del Cristo descritto dal Vangelo, soprattutto nelle sue virtù di umiltà, povertà e purezza di cuore, hanno segnato la vita di Frate Leone anche dopo la morte di Francesco.
Nel tempo molti francescani, anche fra i più eminenti, presero a costruire una memoria di Francesco che ne esaltasse la santità, ma anche inevitabilmente l’eccezionalità, l’unicità inimitabile. Frate Leone non era di questi, cercò infatti di conservare una memoria di Francesco come uomo realmente evangelico e da imitare nei fatti, non come un’eccezione, un santo da venerare dentro una nicchia. E fu significativo anche il rapporto stretto di Frate Leone con Santa Chiara d’Assisi, soprattutto nella lotta di questa grande donna per l’ideale francescano più puro, dove Chiara seppe tenere testa anche al papa. Perché la novità delle suore di San Damiano: il privilegio di una povertà che unita alla preghiera per tutti le rendeva più vicine alla condizione dei poveri, non venisse cancellata. Le nuove suore di Assisi non erano, come le altre monache, donne messe a parte dalla vita comune, sia dalla clausura che da rendite dei familiari che le garantissero. Ma erano povere come i poveri, come loro erano affidate solo alla carità della gente comune ed alla amicizia in Cristo dei frati, sorelle di tutti e non solo dei parenti e quindi libere e testimoni di una dignità di Figlie di Dio che giustamente Chiara rivendicava come “il privilegio della povertà”.
Lo studio del francescanesimo delle origini sta rafforzando sempre più la convinzione che alla difesa di questa nuova visione del femminile francescano, frate Leone contribuì molto attivamente. E la sua difesa della povertà e degli insegnamenti di Francesco e Chiara fu così netta e forte da portarlo al confronto aperto con quanti tra i frati cercavano invece di “normalizzare” il francescanesimo, tanto da venire condannato alla fustigazione da Frate Elia per la sua ostinazione.

Frate Leone, nel parallelo storico, suggerisce un desiderio che ritengo riempia il cuore di papa Leone: con i toni della spiritualità, dell’umiltà, della semplicità e della purezza di cuore, portare avanti con fermezza il messaggio che il Signore Gesù Cristo ha inteso trasmettere alla sua Chiesa con il pontificato di papa Francesco. Credo che in tanti possiamo e dobbiamo pregare Frate Leone, perché sia un protettore speciale del pontificato di papa Leone XIV. Questo grande amico di San Francesco riuscì a superare il suo maestro nell’umiltà, tanto che non si pensò mai di farlo ufficialmente santo. Ma credo che né lui né Dio se la siano presa a male.

lastampa.it/vatican-insider/it/2025/08/24/news/il_programma_di_governo_di_leone_e_nel_suo_nome_l_analisi_del_vescovo_biblista

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