Inascoltabile, inaccettabile. No. Non si possono sentire in Parlamento, il luogo più alto della democrazia in Italia, parole come si vis pacem para bellum (se vuoi la pace prepara la guerra). Le abbiamo sentite pronunciare dalla Presidente del Consiglio. La quale ha detto di pensarla appunto come gli antichi romani, ma anche come Trump, Netanyahu e Rutte, segretario della Nato, che è al settimo cielo per l’approvazione ormai vicina dell’impegno dei Paesi Nato di arrivare a spendere nei prossimi anni il 5% del Pil per le armi! Per l’Italia sono un centinaio di miliardi in più. Lo aveva già detto bene papa Francesco: “sono pazzi”. Invece di ripudiare la guerra, si ripudia la Costituzione. E forse si ripudia anche lo Statuto delle Nazioni Unite, approvato proprio 80 anni fa, il 26 giugno. Nel prologo si legge: “Noi, popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra…”
Il Vangelo non dice ‘se vuoi la pace prepara la guerra’. Non solo il Vangelo, ma tutto il Magistero della Chiesa va nella direzione della condanna della guerra. Il Vangelo è mitezza, pace, nonviolenza, croce, scandalo e stoltezza. E’ resurrezione, misericordia, perdono. E’ vita, non morte. E basterebbe ricordare la “Pace disarmata e disarmante” di Leone XIV. E anche l’Enciclica Fratelli Tutti, di papa Francesco, con una richiesta poi ripresa anche nella Bolla di indizione del Giubileo: «con il denaro che si impiega nelle armi e in altre spese militari costituiamo un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e per lo sviluppo dei Paesi più poveri». Stiamo andando esattamente nella direzione opposta!
Ricordiamo almeno l’Enciclica Populorum Progressio del 1967, al n. 53: «Quando tanti popoli hanno fame, quando tante famiglie soffrono la miseria, quando tanti uomini vivono immersi nella ignoranza, quando restano da costruire tante scuole, tanti ospedali, tante abitazioni degne di questo nome, ogni sperpero pubblico o privato, ogni spesa fatta per ostentazione nazionale o personale, ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile. Noi abbiamo il dovere di denunciarlo. Vogliano i responsabili ascoltarci prima che sia troppo tardi».
E papa Francesco, scrivendo ai giovani il 6 luglio 2022, parlando del martirio di Franz Jägerstätter che si rifiutò di giurare a Hitler, che preferì farsi uccidere che uccidere, affermava: «Se tutti i giovani chiamati alle armi avessero fatto come lui, Hitler non avrebbe potuto realizzare i suoi piani diabolici. Il male per vincere ha bisogno di complici».
Preoccupano anche i toni quasi sdolcinati, che tendono a tranquillizzare, davanti all’ipotesi della guerra. Forse vanno accolte le parole di papa Leone all’Angelus di domenica scorsa. «Oggi più che mai, l’umanità grida e invoca la pace. È un grido che chiede responsabilità e ragione, e non dev’essere soffocato dal fragore delle armi e da parole retoriche che incitano al conflitto. Ogni membro della comunità internazionale ha una responsabilità morale: fermare la tragedia della guerra, prima che essa diventi una voragine irreparabile».
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