Il buon Dio e la paga agli operai, di Rocco D’Ambrosio

Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi»
(Mt 20,1-16 – XXV TO/A).

Quella di oggi è una delle parabole che pone qualche problema interpretativo. A prima vista sembrerebbe un testo antisindacale. A leggerla bene si scopre che l’atteggiamento del padrone è più corretto che mai: pattuisce con tutti un denaro, a prescindere dall’orario di chiamata. Quindi non è problema di giustizia, è un problema di prassi del buon Dio e di sua logica. Isaia dice che “i pensieri del Signore non sono i nostri pensieri” (Is 55,6-9). Il Signore si riferisce qui a un premio importante e finale e vuole dare a tutti lo stesso, a prescindere dall’orario di chiamata. E’ così. Ma è molto difficile abituarsi a capire la logica di Dio. 

Il cammino di comprensione della volontà di Dio è un cammino irto di difficoltà. Credo che valga la pena ricordare che abbiamo bisogno prima di tutto di un bagno di umiltà: i pensieri di Dio sono diversi dai miei pensieri. Quindi io non sono dio ma uno che deve sforzarsi di capirlo. All’umiltà segue l’atteggiamento di discernimento: imparare a distinguere con riflessione e preghiera quello che vuole il Signore, sforzarsi di capire la sua logica. Non facile. Impossibile farlo da soli: ci vuole sempre una guida e il confronto con gli altri.

Un’ultima osservazione: lasciare al Signore di operare quello che vuole e quello che crede. Il Buon Dio non deve obbedire a noi, piuttosto noi a Lui! Ricordiamoci del rimprovero fatto al servo che si lamenta: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.

Il più bel commento a questa parola, che io abbia mai letto, è un romanzo di Bruce Marshall, “A ogni uomo un soldo“. Il protagonista, un prete francese, per tutto il racconto non fa altro che chiedersi perché il Signore abbia dato un soldo a tutti. Solo alla fine – il romanzo è bello perché racconta sue attività, pensieri, dubbi sul suo operato e cosi via – arriva a una risposta: “Il treno proseguiva la sua corsa rumorosa lungo la galleria, ma l’abate Gaston non si accorgeva delle stazioni, perché stava pensando ai misteri del Signore e riflettendo che lui li capiva in modo molto imperfetto. Uno, però, gli pareva di cominciare a capirlo, e cioè perché tutti gli operai della vigna ricevevano un denaro, sia che avessero portato il peso della giornata e del caldo oppure no. Pensava che la ragione era questa: che tanta parte del lavoro era ricompensa a se stessa, come tanta parte del mondo era castigo a se stessa”.

Rocco D’Ambrosio

[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS, Cassano, Bari]

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