Gesù e la leadership di sguardi, di Rocco D’Ambrosio

Il Vangelo odierno: In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro
(Gv 1, 35-42).

Fu Gesù un leader? Certamente. Ma di quale tipo? Per chi crede in Lui: il migliore mai esistito, colui che ha sintetizzato il meglio umanamente possibile. Proviamo a seguire quanto scrive questo brano per ricordare o imparare qualcosa sulla sua leadership. Il brano ha un elemento fondamentale: gli sguardi. Sono quelli di Giovanni, dei discepoli, di Gesù, di Andrea, di Simone. Sono tutti intensi, curiosi, interessati, carichi di emozioni, destinati a Gesù o da lui provocati. 

Forse questi sguardi hanno tanto da insegnare sia a chi leader lo è già, sia a chi lo vuole diventare, sia a chi ricerca veri leader ed è stanco di essere preso in giro da mezze figure, venditori di tappeti e di promesse, di riduttore di tasse e di inventori di riforme strampalate, adolescenti incoscienti o vecchie eminenza grigie, uomini e donne ostaggi dei loro addetti stampa (o spin doctor) che sembrano recitare testi imparati a memoria. Però quasi tutti adoratori del “dio” consenso. Le elezioni europee sono già il palco su cui stanno salendo per il solito show. Pochi si salvano. Ascoltando i più, se ci resta ancora un po di analisi critica, non si mai se ridere o piangere. 

Ma ritorniamo al guardare. Un leader guarda negli occhi. Non li fugge, anzi li cerca per comunicare in maniera profonda. Il leader autentico cerca il cuore delle persone attraverso gli occhi. Perché, come diceva il card. Newman, cor ad cor loquitur, il cuor parla al cuore. E Gesù parla al cuore. Parla al cuore perché non vende frottole e soluzioni facili ma invita alla ricerca: “Venite e vedrete”. Gesù parla al cuore perché ci pensa singolarmente e ha un progetto per ognuno di noi. L’incontro con Lui non è un evento, nel senso mediatico, ma determina una svolta perché apre la nostra povera vita a nuovi orizzonti. E ciò continuamente, quotidianamente.

Rileggere le pagine del Vangelo ci deve dare una profonda nostalgia per la vera leadership. Non solo ci deve portare ad amare di più il Cristo, ma ci deve far diventare scaltri su questo mondo. Di leader veri, oggi come nel passato, ce ne sono pochi. Molti, presunti tali, non solo non guardano negli occhi, né parlano al cuore, ma hanno la loro testa e il loro cuore così pieni di sé, da non poter guidare nessuno verso bellezza, bontà, pace e giustizia in questa vita. Per il semplice fatto che non le hanno mai scoperte, non sanno dove abitano e sono capaci di ricondurre tutto solo a se stessi. Gesù non è così, anche pochissimi altri leader non sono così. Ringraziamo il Cielo perché c’è ancora qualcuno che fissa lo sguardo su di noi e ci apre nuovi orizzonti. Di bellezza, bontà, pace e giustizia. 

Rocco D’Ambrosio

[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]

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