Gaza: proposta di accordo ad Hamas, di Riccardo Cristiano

Non è ancora un accordo fatto, Donald Trump infatti ha subito chiarito di aver dato 72 ore ad Hamas per accettarlo, ma di essere confidente. Solo a quel punto si potrà parlare ufficialmente di accordo per Gaza.
Va considerato che tutti i leader arabi risultano schierati dalla parte dell’intesa, compresi quelli dei Paesi che ospitano la dirigenza all’estero di Hamas. Alcune fonti riferiscono che questa notte i leader di Hamas si sono riuniti con i negoziatori egiziani e qatarini e che hanno fatto sapere che risponderanno “in buona fede”.
Il piano mira ad archiviare gli incubi di tutti, il terrorismo da una parte e dall’altra il trasferimento di massa dei palestinesi da Gaza.
Se Hamas dirà di sì si procederebbe così: liberazione immediata di tutti gli ostaggi e restituzione delle salme di quelli defunti, cessazione delle ostilità, ingresso degli aiuti affidati all’ONU, alle sue agenzie e alla Croce Rossa, ritiro in tre fasi dell’esercito israeliano dalla striscia.
Dopo le parole di Netanyahu, che ha accettato sottolineando che tutti gli obiettivi di Israele verrebbero raggiunti ma che se Hamas rifiutasse Israele “finirebbe il lavoro” (e Trump ha convenuto),  i ministri degli esteri di Qatar, Arabia Saudita, Egitto, Giordania, Emirati Arabi Uniti, Turchia e Pakistan hanno diffuso un comunicato ufficiale di accoglimento del piano per Gaza, soggiungendo in modo significativo che così Gaza si tornerebbe a unire alla Cisgiordania nella prospettiva dello Stato Palestinese: a tal riguardo infatti c’è solo l’impegno di Trump di non consentire l’annessione.
Il piano infatti, come detto, parla solo di Gaza. L’aggiunta indica però che la questione della Cisgiordania è scottante.
Sostegno è stato espresso da Francia, Gran Bretagna e Autorità palestinese. Significativa anche la telefonata del premier Netanyahu all’emiro del Qatar, con le scuse per la violazione del suo territorio in occasione del raid contro i leader di Hamas. E il Qatar ha fatto sapere di averle accolte.

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Andiamo a vedere sinteticamente i punti del piano per Gaza, tutti di difficile attuazione.
• Gaza sarà deradicalizzata.
• Gaza sarà ricostruita a beneficio della sua popolazione che ha già sofferto troppo.
• Se le parti accetteranno la guerra terminerà subito, ritirandosi l’esercito israeliano nei modi convenuti.
• Il tempo accordato per decidere è di 72 ore.
• Dopo l’immediato rilascio di tutti gli ostaggi Israele rilascerà 250 palestinesi condannati all’ergastolo e 1700 prigionieri arrestati a Gaza.
• I membri di Hamas che accetteranno la pacifica coesistenza godranno dell’amnistia. Chi di loro vorrà lasciare Gaza avrà l’opportunità di farlo.
• Gli aiuti avranno pieno accesso, almeno ai livelli previsti dagli accordi del 19 gennaio 2005.
• Gli aiuti saranno gestiti dalle Nazioni Unite, le sue agenzie e la Croce Rossa.
• Gaza sarà governata da un’autorità transitoria tecnocratica e apolitica per i palestinesi coinvolti in essa. Un “Board of Peace” ne avrà la supervisione, sarà guidato da Donald Trump in persona e comprenderà tra gli altri Tony Blair. Ciò rimarrà in vigore per il tempo necessario all’Autorità Palestinese di completare la sua riforma e poter prendere il controllo effettivo di Gaza.
• Un piano per lo sviluppo economico sarà realizzato da Trump con esperti che hanno contribuito a sviluppare i miracoli urbani dell’attuale Medio Oriente.
• Sarà creata una zona economica speciale, con agevolazioni tariffarie.
• Chi vorrà andar via sarà padrone di farlo, come di tornare. La popolazione sarà incoraggiata a restare.
Hamas ( e altre fazioni) accetta di non entrare a far parte della governance di Gaza. I tunnel, le infrastrutture terroristiche e le armi saranno distrutte.
• I partner regionali offriranno garanzie e le altre fazioni rispetteranno gli obblighi assunti.
• Gli Stati Uniti, d’intesa con i paesi arabi e altri partner internazionali, lavoreranno alla creazione di una Forza Internazionale di Stabilizzazione, che addestrerà le forze di polizia palestinesi a Gaza, la stessa Forza lavorerà con Israele e l’Egitto alla stabilizzazione dei valichi di confine, insieme alla nuova polizia palestinese.
• Israele non occuperà e non annetterà Gaza. Il ritiro sarà definito con la Forza di Stabilizzazione, alla quale trasferirà i territori di Gaza d’accordo con l’autorità transitoria.
• Nel caso di ritardi o risposte negative da parte di Hamas, ciò rimarrà valido per le zone da esse liberate.
• Un Dialogo interreligioso basato sulla tolleranza e la coesistenza sarà messo in atto per cambiare le narrative, sottolineando i vantaggi della pace.
• Col procedere nell’attuazione di questo piano e della riforma dell’autorità palestinese saranno pronte le condizioni per avviare un cammino all’autodeterminazione e alla sovranità palestinese, aspirazione del popolo palestinese.
• Gli Stati Uniti promuoveranno un dialogo israelo-palestinese.

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Trump ha usato toni trionfalistici, parlando di pace a portata di mano dopo 2/3mila anni, ma soprattutto ha tenuto a lodare tutti. Sa infatti che i problemi sono tanti, Hamas e la Cisgiordania i due citati, poi c’è la questione della “prospettiva dello Stato”, cruciale per i sauditi, sempre respinta da Netanyahu: forse i leader aspetteranno per confrontarsi su un punto non dietro l’angolo.
E il quadro politico israeliano quale sarà? Interrogativi. Intanto c’è da aspettare la risposta di Hamas. Ma è impossibile non vedere la possibile novità, da considerarsi come l’eventuale inizio di un processo.
Che nell’attesa della risposta di Hamas non è cominciato: la campagna militare a Gaza procede.

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