La casa di Dio, non un mercato, di Rocco D’Ambrosio

Il Vangelo odierno: Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.  Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù (Gv 2, 13-22 – Dedicazione della Basilica Lateranense). 

E’ il famoso brano dei venditori scacciati dal tempio. I commentatori del testo evidenziano un particolare degno di nota: i venditori fornivano ai pellegrini il denaro e le vittime richieste per le offerte; tuttavia, questo uso legittimo dava luogo ad abusi. Quindi è evidente che Gesù fosse interessato a punire un abuso e non l’uso corretto e legittimo delle offerte.

Nel giorno in cui celebriamo la dedicazione della prima e madre di tutte le chiese del mondo, san Giovanni in Laterano, cattedrale del vescovo di Roma, il pensiero va a tutte le chiese del mondo e a tutti gli ambienti cattolici. Gesù è presentato in questa pagina come una persona intransigente e dura. Non ci sorprenderemmo di questo se consideriamo attentamente l’abuso che Gesù condanna: fare affari in luogo sacro, strumentalizzando la fede per fini loschi. La corruzione non tocca solo il mondo politico, sociale ed economico, ma tutte le realtà umane, Chiesa cattolica compresa. La corruzione, ha spiegato papa Francesco in una sua omelia, “è proprio il peccato a portata di mano, che ha quella persona che ha autorità sugli altri, sia economica, sia politica, sia ecclesiastica. Tutti siamo tentati di corruzione. È un peccato a portata di mano”. Del resto, ha aggiunto, “quando uno ha autorità si sente potente, si sente quasi Dio”. La corruzione quindi “è una tentazione di ogni giorno”, nella quale può cadere “un politico, un imprenditore, un prelato”. 

Ciò ci deve spronare verso un grande impegno di verifica, discernimento e conversione. È ora di iniziare (o continuare) a chiedersi, insieme pastori e laici, nei luoghi opportuni – sinodi, consigli affari economici, presbiterali e pastorali – quanto denaro e risorse economiche possediamo come Chiesa, come li amministriamo, quanto è destinato ai poveri, se esistono corrotti e mafiosi che approfittano delle risorse comunitarie, come utilizziamo le risorse che ci sono concesse dalle istituzioni pubbliche e così via. In alcune diocesi, parrocchie e gruppi ecclesiali è persino proibito porre queste domande: alcuni pastori e laici cattolici fanno di tutto per evitare verifiche e dibattiti su questi temi.

Riguardo al denaro (risorse interne, finanziamenti pubblici, sponsor per feste patronali, congressi e quant’altro, gestione dei beni ecclesiastici) se non si è malauguratamente coinvolti in processi di corruzione, in alcuni casi si ha l’impressione che la logica capitalistica del profitto ad ogni costo si sia radicata anche in alcuni settori ecclesiali. Da sempre il magistero cattolico ha ricordato che, nella Chiesa, ogni risorsa economica è dei e per i poveri. Consegue che la loro amministrazione non deve seguire i principi liberistici e manageriali, quanto quelli della destinazione universale delle risorse con una «carità al di sopra di ogni sospetto» (Vaticano II). 

Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». Che il Signore ci salvi da questo momento e ci aiuti ad amare Lui e i poveri, senza corruzione e falsità. Solo e sempre come Lui comanda.

Rocco D’Ambrosio [presbitero, docente PUG Roma, pres. Cercasi un fine, Cassano, Bari]

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