Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo» (Lc 21, 25-36 – I Avvento/C).
“La vostra liberazione è vicina”, dice Gesù. Spontaneamente diremmo: si ma quando? Sappiamo che non c’è risposta a questa domanda perché ci è sconosciuto il momento in cui Gesù ritornerà e sarà la fine di questo mondo e l’instaurazione definitiva e completa del Suo Regno.
C’è una costante nel Vangelo: ogni volta che Gesù parla di scenari densi di paura e pericoli di ogni tipo, egli invita a non temere e ogni volta traduce questo invito a non aver paura in modo concreto e diverso, ossia indica un atteggiamento per comprendere la paura e superarla. Gesù non fa comizi sulla paura, alla stregua di politici e politicanti che usano la paura per carpire consensi e voti promettendo… “di costruire il paradiso in questo mondo”, come precisa Giovanni Paolo II (Centesimus annus, 25). In altri termini il Signore non ci offre promesse da strapazzo o consolazioni facili e immediate, ma ci invita a fare un percorso per superare paure e ansie, che, per motivi personali e sociali, sono inevitabili. In questo brano l’invito è a “non appesantire il cuore dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita”.
“Appesantirsi”, molte volte, diventa quasi istintivo, specie quando le paure crescono dentro e attorno a noi. Un po’ sembrano scattare quei meccanismi di dipendenza, che partono come forma di evasione e poi ci legano corpo e anima. Gli atteggiamenti che appesantiscono sono il “dissipare, ubriacarsi e affannarsi”, secondo Gesù. Dissipiamo molte cose, come anche ci ubriachiamo e affanniamo per molte cose. Non vale solo per alcool, tabacco, stupefacenti, internet e social; ma anche per potere e denaro, che a volte, ci appesantiscono. Anche alcune relazioni diventano tossiche e ci appesantiscono tanto, ci fanno perdere tempo e un po’ ci narcotizzano o ci affannano.
In tema, una lettura laica, di grande valore umano e spirituale, è quella di Calvino sulla leggerezza, dove scrive: “Nei momenti in cui il regno dell’umano mi sembra condannato alla pesantezza, penso che dovrei volare come Perseo in un altro spazio. Non sto parlando di fughe nel sogno o nell’irrazionale. Voglio dire che devo cambiare il mio approccio, devo guardare il mondo con un’altra ottica, un’altra logica, altri metodi di conoscenza e di verifica”.
Il nostro approccio al mondo, alcune volte, genera paure perché ci sentiamo spinti verso il basso (di noi stessi, delle nostre pochezze, dei nostri percorsi emotivi e intellettuali) mentre il coraggio che il Signore vuole infondere è un volare alto. Vegliare e pregare sembrano essere in questo brano un modo per spiccare il volo, la “forza per sfuggire a ciò che accade”. Non è facile vivere la preghiera così, specie quando il cuore è appesantito. Allora un po’ più di attenzione a scoprire quali dissipazioni, ubriachezze e affanni mi tirano giù. E, dall’altra parte, un po’ di attenzione a capire se anche per me è possibile un modo di vegliare e pregare che mi fa spiccare il volo.
Rocco D’Ambrosio
[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]