Sottotraccia e sotto sforzo nei territori troviamo le tre Italie della coesione sociale per attraversare tempi di turbolenza. Nel grande Nord si fa coesione per reggere l’urto della competizione. Nell’Italia di Mezzo si recuperano le virtù civiche per disegnare smart land dense di storia. A Sud trovo tracce di un terzo racconto di minoranza dello sviluppo del Mezzogiorno che ha le radici culturali in figure come Adriano Olivetti, Danilo Dolci, Giorgio Ceriani Sebregondi e Giuseppe De Rita. Figure portatrici di un’idea dello sviluppo del Sud fondata sulla rilevanza del territorio come costruzione sociale, complementare, e per alcuni aspetti alternativo, alle traiettorie di crescita basate sul ruolo trainante della grande impresa e sull’azione modernizzatrice dello Stato centrale.
Agire per lo sviluppo incardinato sul territorio significa ripartire dalle matrici sociali del tessuto produttivo che oggi si fanno piattaforme territoriali. Torna qui utile riattualizzare il discorso delle Tre Italie di Arnaldo Bagnasco, laddove nella scomposizione del Nord delle piattaforme manifatturiere e distributive la coesione sociale non è la risultante bensì la base della capacità di competere nell’economia dei flussi. Nel Centro le virtù civiche studiate da Robert Putnam innervano l’intreccio tra comunità, capitalismo intermedio e funzioni per competere. Il Sud è spesso etichettato come contesto culturale che avrebbe inficiato sia il radicamento del welfare state come motore della cittadinanza, sia inibito le forme di auto-propulsione sociale capaci di innescare processi di sviluppo.
In controtendenza, Carlo Borgomeo presidente della Fondazione con il Sud, ne ha fatto un terzo racconto interrogante: Sud il capitale che serve, sostenendo che «coscienza sociale e coscienza di luogo» vengono prima dello sviluppo. Ponendo il tassello del capitale sociale inaggirabile al centro di politiche di accompagnamento diffuse basate sul lavoro paziente di tessiture sociali. Nel lavoro di accompagnamento la Fondazione con il Sud (con la rete delle Fondazioni di Comunità) ha posto al centro del suo fare il fragile quanto tenace processo di infrastrutturazione sociale che viene avanti nei tanti Sud in cui l’associazionismo volontario, la cooperazione sociale insieme alle parrocchie, alle scuole e a pezzi di welfare state (ricordo il lavoro basagliano portato avanti ad Aversa da Franco Rotelli) fanno comunità di cura, con una composizione di giovani social agent in fieri. Comunità animate da una visione non confinata al sociale, non ostile al fare impresa, anzi interrogante la comunità operosa sempre più consapevole degli equilibri tra ragioni dell’economia, della coesione, dell’ambiente, in un rapporto non facile con la dimensione del consenso politico e del rapporto con le istituzioni elettive.
Sono queste realtà diffuse un po’ in tutti i Sud: nella dimensione urbano-metropolitana di Napoli, Bari, Palermo, Taranto, Cagliari, quanto nelle città intermedie (Lamezia, Agrigento, Siracusa), sino ai comuni polvere dell’osso appenninico. Di queste comunità in itinere che si fanno distretti sociali interrogando sia la dimensione di impresa, sia quella istituzionale, nel farsi compartecipi di istanze di sviluppo che necessitano di meccanismi di costruzione di leadership territoriale plurali, si parlerà a Napoli il prossimo 21 aprile. Una giornata organizzata con il Circolo Bagnoli dal titolo Distretti sociali e comunità in itinere nel percorso Talenti della comunità. Sarà un momento in cui generazioni di social agent, protagonisti di questo percorso carsico dei Sud, si confronteranno con un altro flusso di giovani social agent in formazione proveniente dal Nord Ovest. Ad accomunare i due flussi è il percorso formativo denominato Talenti per la comunità promosso dalla Fondazione Crt a Nord in rete con la Fondazione con il Sud, appena concluso. Sarà un momento utile per fare racconto e contaminazione tra giovani che si sono sperimentati in diversi contesti del Nord Ovest e quelli delle tante realtà cresciute nella difficile palestra dei Sud.
È un piccolo momento di riconoscimento di queste energie sociali autoriflessive all’interno di un rinnovato terzo racconto, di certo sottotraccia rispetto ai grandi disegni del Pnrr, ma ostinato nelle convinzioni eterotopiche olivettiane, nel doppio itinerario di andata e ritorno Nord-Sud. Deboli tracce di un percorso che rovescia l’adagio da fordismo dolce di Olivetti che partendo da Ivrea progettava la fabbrica di comunità a Pozzuoli e gli operatori di comunità a Matera. Si delinea una risalita verso Nord del capitale sociale che fa coesione e resistenza a Sud confrontandosi con le piattaforme sociali dell’Italia di Mezzo del capitalismo dolce in transizione ecologica e con quelle a Nord dove si fa intreccio tra coesione e competizione. Per una volta impariamo dal Sud come alimentare il capitale sociale che è risorsa scarsa e fondamentale per realizzare piattaforme che tengono assieme le tre coesioni sociali del Paese dal Mediterraneo alle Alpi.
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