Politica e religioni: l’importanza del dialogo, di Mariano Crociata

Il fatto che questo sia il 25° incontro annuale del Gruppo di dialogo interculturale del Partito Popolare Europeo conferisce ad esso un carattere singolare.
L’esistenza di un tale Gruppo è il segno di una scelta lungimirante e di un impegno consapevole nell’abbracciare la prospettiva del dialogo interculturale e interreligioso come parte integrante dell’impegno politico dei parlamentari del Partito Popolare. Questo oggi viene in evidenza in maniera del tutto speciale.
Che un partito politico si occupi di dialogo interculturale e interreligioso è l’espressione di una responsabilità volta a cogliere e a rappresentare anche le istanze sociali attivate dalla dimensione religiosa. Del resto, un partito attento alle dinamiche sociali e capace di guardare alla ricerca di un bene comune il più possibile integrale non può fare a meno di aprirsi a tale dimensione anche religiosa.
L’esperienza religiosa è, non da ora, di fatto e di diritto un fenomeno plurale nelle nostre società occidentali, sia per l’evoluzione interna della storia della cultura sia per l’inserimento di nuove presenze religiose a motivo dei flussi migratori.
Per queste ragioni diventa necessario seguire e accompagnare la convivenza tra diverse fedi e differenti culti, affinché la loro pacifica coesistenza e la loro positiva interazione prevengano tentazioni di conflitto ma, al contrario, diventino una risorsa per la collettività tutta.
Come evitare la radicalizzazione
La presenza di fenomeni di fondamentalismo e di radicalizzazione viene avvertita giustamente come un segnale di allarme che chiede di prevenire derive pericolose, prima che la compresenza delle differenze e il confronto si trasformino in aperto contrasto o ostilità da parte di qualcuno o di gruppi.
Sarebbe illusorio pensare che, per prevenire in radice simili derive, basti cercare di reprimere o di emarginare la dimensione religiosa, poiché essa, al di là di deviazioni sperimentate e possibili, è comunque un’energia incomprimibile dentro le profondità della condizione umana, fonte di ispirazione per le culture e i loro valori.
E là dove le religioni non riescono a trovare spazi di espressione o vengono rimosse, allora è la forza oscura del sacro a muovere singoli e collettività nella ricerca di un senso dell’esistenza umana, ma in direzioni non sempre prevedibili specialmente nel tempo del dominio della tecnica.
In questo senso è essenziale riaffermare che la via per una serena convivenza fra le tradizioni religiose non è quella della rimozione o anche solo dell’emarginazione della religione dalla discussione e dallo scambio nello spazio pubblico, ma di una sua valorizzazione nella tutela e nella promozione del principio di libertà di religione e di libertà di coscienza nel quadro degli ordinamenti che una società democraticamente sceglie di darsi.
Da qui soltanto può scaturire una convivenza feconda nell’incontro di diversità nelle quali le correnti profonde della religione trovano spazio e vengono incanalate. Per questo è necessario incoraggiare il dialogo interculturale e interreligioso se si vuole vedere crescere una società più giusta e solidale.
Ciò che vorrei aggiungere alla prospettiva così accennata è una riflessione ulteriore svolta dal punto di vista religioso, più esattamente cattolico, circa il dialogo interreligioso.
Naturalmente, è necessario evitare confusioni al riguardo, poiché è imprescindibile tenere ferma la distinzione tra il dialogo proprio delle religioni tra loro e quello istituzionale, previsto dall’articolo 17 del Testo Fondamentale dell’Unione Europea, tra le religioni e gli organismi della stessa Unione, come, del resto, nelle sedi proprie anche al livello nazionale.
La traiettoria che va dalla Nostra aetate del Vaticano II, passando per la Redemptoris missio di Giovanni Paolo II, fino al magistero di papa Francesco, disegna uno sviluppo coerente verso un’esplicita e positiva comprensione del valore e della necessità del dialogo interreligioso per le stesse religioni.
Se, all’inizio, l’atteggiamento della Chiesa è stato dettato dal riconoscimento dei semina Verbi (i “semi del Verbo” di antica origine cristiana) disseminati in tutte le religioni e le culture, il successivo insegnamento ha visto sviluppare una riflessione articolata che è giunta a distinguere, in un crescendo di intensità, quattro livelli o forme di dialogo che abbracciano tutte le dimensioni dell’esperienza religiosa e umana: il dialogo della vita e quello dell’azione, il dialogo spirituale e quello teologico.
Il momento più maturo viene, soprattutto nel magistero più recente, quando sarà riconosciuta un’azione esplicita dello Spirito nelle culture e nelle tradizioni religiose altre rispetto al cristianesimo, così che quanti vivono dentro di esse la loro esperienza religiosa come l’unica e la vera, trovano attraverso di esse la via della salvezza.
Oggi, con il magistero di papa Francesco, in particolare nella Fratelli tutti, e con la più recente riflessione teologica, raccogliamo i frutti di tale percorso.
L’esistenza di diverse tradizioni religiose rientra misteriosamente nel disegno di Dio, il quale vuole condurre tutti a un fine di salvezza. Perciò la loro coesistenza e il loro incontro sono un’opportunità, e anzi una chiamata, alla stima reciproca e alla conoscenza gli uni degli altri. Solo da questo cammino di condivisione può venire un’ulteriore crescita delle singole tradizioni religiose.
Per esse non si tratta di annacquare o addirittura smarrire l’identità propria di ciascuna e i contenuti della fede che le caratterizza, ma di rafforzarla non nel contrasto con le altre, bensì attraverso il dialogo e il confronto con esse.
La forza dell’identità di ciascuna tradizione religiosa non viene dalla chiusura o dall’opposizione alle altre, ma dipende dalla capacità di riconoscimento e di accoglienza delle ricchezze altrui, eventualmente sviluppando, grazie a questo incontro, dimensioni nascoste o implicite della propria stessa identità. Con l’auspicio che lo stesso avvenga anche nell’altro, in una reciprocità di relazioni sempre più intense.
Una coscienza più matura porta sempre più comunità religiose a riconoscere senza riserve la legittimità delle altre tradizioni religiose, anche se per alcune il cammino da fare è ancora lungo. La difficoltà dipende non tanto dalla configurazione dottrinale della singola tradizione religiosa, ma dalla coniugazione storica e culturale concreta dentro determinate situazioni ambientali, e ancora di più dall’intreccio strumentale della religione con la politica, come purtroppo anche il nostro passato occidentale ci ha fatto sperimentare. L’unico modo per superare questi ritardi è ancora una volta il dialogo paziente e tenace.
Il ruolo delle religioni
Il genere di relazione di dialogo che dovrebbe vigere tra le religioni diventa in tal modo un modello e un fermento per la vita sociale quando esso si realizza autenticamente. Il dialogo è infatti il modo per rappresentare il rapporto costruttivo, proprio di una società democratica, che deve svolgersi tra i vari soggetti e le forze sociali che la compongono.
Ma le religioni, quando dialogano autenticamente in una società democratica, svolgono un ulteriore importante servizio. Ricordano, infatti, che, senza risorse ideali e orizzonti più vasti di quelli meramente materiali, non c’è società umana che possa reggere.
Su questo punto dobbiamo rilevare la fase critica che la cultura occidentale attraversa, per la persistenza di orientamenti di opinioni e di gruppi di pressione che ritengono che la società e il cammino del progresso procederebbero meglio se ci si potesse sbarazzare delle religioni. Queste, invece, conservano una riserva di valori, di esperienze, soprattutto di motivazioni a trazione spirituale e morale tali da rappresentare una risorsa insostituibile per il bene della collettività intera.
L’obiezione che si scaglia, non senza motivi, contro tutte le malefatte di uomini e donne delle religioni non può pesare al punto di annullare il valore di gran lunga superiore che l’esperienza religiosa possiede e trasmette, se non altro perché l’infedeltà dei singoli non può inficiare la natura profonda di ciascuna religione e il valore della coerenza dei più.
Assicurare, anche in sede politica, nazionale ed europea, il riconoscimento delle istituzioni che rappresentano le religioni e un dialogo sistematico e strutturato con esse, è una garanzia di futuro per le stesse istituzioni civili oltre che per la comunità umana tutta intera.
L’esperienza religiosa detiene, infatti, come suo patrimonio inalienabile, il senso della dignità di ogni essere umano e delle condizioni che ne consentono la salvaguardia nelle relazioni tra le persone e nella società tutta intera.
Come ha detto papa Francesco in occasione del suo viaggio in Kenya: «Le religioni interpretano un ruolo essenziale nel formare le coscienze, nell’instillare nei giovani i profondi valori spirituali delle rispettive tradizioni e nel preparare buoni cittadini, capaci di infondere nella società civile onestà, integrità e una visione del mondo che valorizzi la persona umana rispetto al potere e al guadagno materiale» (26 novembre 2015).
Da questo insieme viene soprattutto la spinta a coltivare relazioni autentiche, a intendere la vita nella sua costitutiva dimensione sociale, alla cui radice stanno la solidarietà, l’amicizia, la fraternità.

www.settimananews.it/religioni/politica-religioni-importanza-del-dialogo/

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