NE VUOI UNO BUONO? DI DONATELLA A. REGA

Mi serviva un cavetto per il mio caricabatteria ed a due passi avevo il negozio del cinese. Ci sono andata subito. In questo negozio si entra dall’unica saracinesca aperta, le altre sono chiuse e tutto l’ambiente resta in penombra. Ma lì ti senti al sicuro come consumatore, c’è praticamente tutto ed a prezzi stracciati. Gli faccio vedere il mio telefonino attraverso il paravento di plastica trasparente dietro cui, oltre alla cassa ed al proprietario, c’è di tutto, e chiedo il cavetto. Lui subito mi passa sul bancone una scatola e mi dice: Cinque euro. Pago e vado subito ad attaccare il mio telefonino all’autoradio per ricaricarlo. Ma il cavetto non funziona. Fa un falso contatto anche se è nuovissimo. Torno dal cinese e glielo faccio notare. Lui prova e riprova e si rende conto che ho ragione.

A questo punto mi apre un mondo perché mi chiede inusitatamente: Ne vuoi uno buono?

Gliel’ho fatto ripetere tre volte, noi incipienti sordi quando non ci aspettiamo una frase non riusciamo a capirla. La terza volta gli veniva da ridere e finalmente io ho capito. Certo che ne voglio uno buono!

Pago la differenza e me ne vado via con un cavetto che funziona, sempre made in China, ma di qualità.

Ed ecco il mondo che mi si apre da quell’angolo semibuio di Gotham, come direbbe Matteo Losapio che si occupa di analizzare la nostra società e le nostre città sempre più simili a quella in cui vive Batman. Io ero lì in un angolo di Gotham senza saperlo.

E capisco che è tutto così quello che hai a disposizione facilmente, come il primo cavetto.

Vorrei che qualcuno mi chiedesse ad un certo punto: vuoi un vicino di casa buono? Uno che non ti spazzi i bisogni del suo cane sparando acqua sporca mista a candeggina a fiumi dal piano di sopra?

Vuoi un elettrocardiogramma buono? Visto che nella clinica privata (chiamata così perché priva di ritegno) non essendoci ormai più la concorrenza del buon sistema pubblico di una volta, l’elettrocardiografo ha gli elettrodi consunti che non si attaccano più e solo il medico sa che bisogna mantenerli con le mani per farli funzionare.

Vuoi un politico buono? Certo che sì, uno che si occupi del bene comune, dei cittadini e non degli interessi privati (di ritegno).

Vuoi qualche trasmissione televisiva buona? Certo che sì!

Vuoi un maestro buono? Vuoi un parroco buono? Vuoi una radio buona?

Potremmo andare avanti all’infinito.

La qualità si paga, direte voi.

Certo, se ci riferiamo al fatto che con le tasse si pagava un servizio pubblico migliorabile ma di buona qualità. Invece su quello abbiamo risparmiato e ne vediamo le conseguenze. Adesso però paghiamo profumatamente una sanità privata scadentissima. Quindi non sempre pagare rende.

È vero invece che paga di persona chi vuole restare coerente e vivere, con sforzo, un’alta qualità nei rapporti umani e nel lavoro che svolge.

Siamo disposti a pagare questo prezzo? Chi è disposto a farlo?

Qualcuno lo fa ma, come dice Rocco D’Ambrosio, lo fa nel silenzio. La bagarre che vuole trascinare tutti nel fango ci impedisce di discernere. Ma se sappiamo riconoscere un buon cavetto da un cavetto farlocco, possiamo farlo ancor meglio quando dobbiamo riconoscere persone di valore e brava gente in mezzo ai lustrini, alle strombazzate ed alle piume d’oca dei disonesti.

PRESENTANDOCI

Cercasi un fine è “insieme” un periodico e un sito web dal 2005; un’associazione di promozione sociale, fondata nel 2008 (con attività che risalgono a partire dal 2002), iscritta al RUNTS e dotata di personalità giuridica. E’ anche una rete di scuole di formazione politica e un gruppo di accoglienza e formazione linguistica per cittadini stranieri, gruppo I CARE. A Cercasi un fine vi partecipano credenti cristiani e donne e uomini di diverse culture e religioni, accomunati dall’impegno per una società più giusta, pacifica e bella.


 

 

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