Immagine scelta dal Papa.
«Divorati dalla guerra»: queste parole creano una metafora nuova, mai sentita prima. L’ha inventata il Papa. L’ha usata per definire gli uomini che vivono nelle zone dove si combatte. « Divorati dalla guerra» vuol dire che la guerra li cerca con cupidigia per mangiarli, ingoiarli, masticarli, sentirli nelle fauci in forma di carne e sangue. In guerra tutti son maciullati, anche quelli che non muoiono. Anche le donne, anche i bambini. La guerra è un azzeramento delle qualità umane.
Quando la guerra è lontana, la pensiamo come uno scontro armato in cui l’obiettivo sono le industrie e le città, conquistarle vuol dire fortificare noi e indebolire il nemico, arriverà un momento in cui il nemico è così debole che crolla, e noi siamo così forti che possiamo stringerlo in pugno da assoluti dominatori.
Ma la Storia ci ha insegnato che esiste una vittoria che si ottiene “fiaccando” il nemico, senza abbatterlo a terra ma mettendolo in ginocchio, e per ottenere questo devi fargli male, farlo soffrire nella parte più delicata e sensibile, i bambini, gli asili, le scuole, le case, le madri.
La guerra civile in Jugoslavia ci ha mostrato i cecchini in azione: mimetizzati, invisibili, aspettavano dietro una siepe per ore e ore che un bambino uscisse da una scuola per tirargli un colpo e subito sparire, sicuri che con quel colpo avevano dato una spinta alla storia verso la resa del nemico.
I bambini sentono di essere l’oggetto della contesa, prezioso e indifendibile, e in un certo senso diventano anche loro parte attiva dello scontro. Tali si sentono e diventano anche nelle guerre non intestine ma in campo aperto, fra nemici. Si sentono cercati dal nemico, e combattuti. Come adulti. La guerra è guerra di tutti contro tutti. Tutti devono adattarsi alla guerra, vivere per la guerra, dominati dalla guerra, che trasforma in loro il cervello, i nervi, la mente. La guerra “se li adatta”. Il Papa dice: li divora.
Divorati dalla guerra non sono soltanto i morti ma anche i vivi. Dove s’è combattuta una guerra, quando torna la pace non ci sono più gli uomini di pace che c’erano prima. Quelli sono stati divorati. Ci sono i loro resti, che sono un’altra cosa. Dire adesso che nei Paesi in guerra, e il Papa pensa certamente alla “martoriata” Ucraina, alla Siria a ogni altro pezzo di una «guerra mondiale» che non definisce più «a pezzi», gli uomini sono “divorati” dalla guerra, vuol dire descrivere un’operazione mentre si compie: c’è un popolo che vuole vivere e lavorare, ma c’è un Moloch che arriva spaventoso e inarrestabile, sbarra l’orizzonte, spalanca la bocca e li mangia tutti. È la guerra, e dov’è passata la guerra restano uomini divorati.
In “divorati” c’è l’idea della non umanità, della disumanità. Gli uomini mangiano, le bestie divorano. Ci vuole il grugno per divorare. Divorando si nutrono e si rinforzano, e poi divoreranno di più. L’unica operazione da fare subito è interrompere il loro pasto.
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/mostro-che-divora-la-guerra-fermiamo-questorribile-pasto
Cercasi un fine è “insieme” un periodico e un sito web dal 2005; un’associazione di promozione sociale, fondata nel 2008 (con attività che risalgono a partire dal 2002), iscritta al RUNTS e dotata di personalità giuridica. E’ anche una rete di scuole di formazione politica e un gruppo di accoglienza e formazione linguistica per cittadini stranieri, gruppo I CARE. A Cercasi un fine vi partecipano credenti cristiani e donne e uomini di diverse culture e religioni, accomunati dall’impegno per una società più giusta, pacifica e bella.