Lettera immaginaria di don Milani a Giorgia Meloni, di Nigrizia.it

Onorevole Giorgia Meloni, ho letto con tristezza, ma senza sorpresa, le Sue parole: “Si vis pacem, para bellum”.
Le ha dette con fermezza, come se ci fosse dentro una verità antica e saggia.
Ma vede, signora presidente, non c’è nulla di saggio in chi prepara la guerra sperando nella pace. È solo vecchia retorica di chi ha sempre mandato i figli degli altri a morire.
Lei parla di aumentare la spesa militare al 5% del PIL. Io, che ho fatto scuola ai figli dei contadini, so bene cosa vuol dire togliere pane, istruzione, sanità per comprare armi.
Ogni euro speso per i cannoni è tolto al grembiule del maestro, al libro del povero, alla cura del malato.
Quando noi preti, in tempo di guerra, benedicevamo i fucili, avevamo perso Cristo e non ce n’eravamo accorti.
Io non sono contro la patria. Ma amo la patria degli ultimi. Quella che non si difende con i carri armati, ma con la cultura, la giustizia e la pace vera.
Lei pensa che la forza faccia paura ai nemici. Io Le dico che fa più paura un popolo ignorante, armato e convinto di fare il bene. E che la vera sicurezza si ottiene con la verità, con la giustizia sociale, con l’amore per il prossimo.
Se vuole davvero la pace, signora presidente, prepari la scuola, non la guerra. Mandi i giovani a imparare le lingue, non a imbracciare il fucile.
Li accompagni a conoscere il mondo, non a bombardarlo.
Le scrivo da prete, da maestro, da uomo. E da cittadino che non ha mai voluto obbedire a un’ingiustizia, neanche quando portava l’uniforme dello stato.
L’obbedienza non è più una virtù. La pace non si costruisce con le armi.

Con rispetto e con fermezza,
don Lorenzo Milani, Barbiana, 25 giugno 2025

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