Le nuove tecnologie per una anticorruzione 4.0, di Anna Corrado

Il tema della prevenzione della corruzione è tornato negli ultimi tempi ad occupare più frequentemente le pagine dei giornali; fa capolino con timidezza uscendo dal limbo in cui è stato relegato, utile a giustificare uno dei tanti adempimenti pianificatori cui sono assoggettate le amministrazioni. A imporre la necessità di una più «sentita» attività anticorruttiva sono soprattutto i finanziamenti Pnrr, l’esigenza che siano ben spesi e, soprattutto, che non finiscano in mani sbagliate. La prevenzione della corruzione non risolve la corruzione, ma certamente la sensazione di avere campo libero può incoraggiare l’appetibile arrembaggio al Pnrr.

E quindi potrebbe essere il momento giusto per chiedersi, con oramai più di 10 anni di esperienza sul campo, cosa della legislazione in tema di anticorruzione va salvato e cosa invece, con coraggio, eliminato perché crea solo un appesantimento, significando in concreto attività «inutile» e gravosa per le pubbliche amministrazioni. La legge anticorruzione (n. 190/2012) che per l’epoca ha rappresentato una novità, ha introdotto nuovi istituti e soggetti, ha creato un dibattito all’interno delle pubbliche amministrazioni sui temi dell’etica pubblica e le ha motivate a fare bene nel processo di analisi e gestione dei rischi corruttivi e nel ricercare misure che più si attanagliassero allo specifico contesto organizzativo (Consiglio di Stato n. 8100/2023). Oggi i piani anticorruzione e forse anche alcune misure di prevenzione andrebbero ripensati soprattutto perché non accompagnati da una concreta attività di monitoraggio e verifica. Niente a che vedere con la rendicontazione Pnrr: un banco di prova estenuante ma anche un’opportunità effettiva che le cose vengano fatte.
Negli anni l’interesse generale per la disciplina anticorruzione è via via scemato e le amministrazioni si sono trovate in qualche modo a perpetuare questa moderna fatica di Sisifo, a pianificare strategie di prevenzione rispetto alle quali si registra scarso interesse, a volte ritrosia, vissute spesso come adempimenti che rallentano l’azione amministrativa. È probabile che per qualche segmento di attività la pianificazione anticorruzione abbia rappresentato talvolta un limite; tuttavia questi anni non sono passati invano. Oggi c’è una sufficiente esperienza per ripensare al percorso fatto e alla necessità che si abbia una nuova strategia anticorruttiva, che si combini anche con una nuova domanda di efficienza. Avere un’amministrazione «sana» giova a tutti e la prevenzione della corruzione è essa stessa un valore per il sistema Paese. Ancor di più con un’Europa che ci guarda e con atteggiamento non sempre benevolo. Disporre di un presidio idoneo a tutelare al meglio i finanziamenti Pnrr serve anche a implementare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Potrebbe così, in modo sorprendente, delinearsi un nuovo modo di fare prevenzione della corruzione, anche aiutati dalla tecnologia. Le esperienze che si stanno registrando portano, infatti, all’ Anticorruzione 4.0. La digitalizzazione dei contratti pubblici appena varata potrà assicurare una tracciabilità delle procedure che non si immaginava qualche anno fa, soprattutto nelle verifiche dei partecipanti alle gare e nella fase di esecuzione, sempre rimasta la più «misteriosa». Potrebbero esserci sistemi di intelligenza artificiale in grado di far emergere cambiamenti societari sospetti, operazioni finanziare collegate, assicurare una potenza conoscitiva che alcuna prestazione umana garantirebbe; sistemi a supporto dell’attività di vigilanza per individuare frodi a danno di finanziamenti pubblici; di osservazione dei mercati telematici per far emergere frazionamenti degli appalti o condotte corruttive delle stazioni appaltanti; infine l’utilizzo di blockchain per debellare frodi e false attestazioni.
Esperienze in grado di incidere anche sul modo di vigilare sulle situazioni di conflitto di interesse, sulla trasparenza, sugli incarichi. E tutto questo con minore dispendio di energia e probabilmente con maggiori ricadute sul cambiamento culturale dei cittadini e sulla credibilità dell’attività anticorruttiva stessa, in ragione di un ritorno di maggiore efficienza. Per fare tutto ciò è necessario che qualcuno si intesti questo obiettivo e guardi con interesse al futuro del Paese.

www.corriere.it/opinioni/24_gennaio_21/nuove-tecnologie-una-anticorruzione-40-fb89ac50-b870-11ee-b330-158a8386c2cb.shtml?refresh_ce

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