Per ottenere la pace, per fermare “l’inutile strage” che ogni guerra sempre rappresenta, vale tutto. Se per fermare l’orrenda macina – che da più di tre anni fa strage di uomini, donne e bambini in Ucraina – è necessario recarsi come postulanti alla corte del capriccioso Dominus di Washington, bene hanno fatto i leader europei e il presidente Zelensky a riporre il proprio orgoglio e accettare i modi spicci di Trump. È troppo importante riuscire a strappare una tregua che non suoni come semplice resa, con la speranza che si trasformi in una pace duratura, per cavillare sul mancato rispetto delle più elementari regole della “buona creanza” diplomatica.
Eppure, i modi che il presidente statunitense ha imposto alle trattative fra Russia e Ucraina non saranno privi di conseguenze. E non tanto perché, come da più parti è stato sottolineato, i leader europei siano apparsi deboli, timorosi, quasi succubi di Trump. Ci siamo rassegnati a questo, ormai. Il problema è ben più grave e avrà purtroppo effetti duraturi: il modo in cui Washington affronta le questioni internazionali certifica infatti che siamo ritornati, come già era stato sottolineato da questo giornale, alla legge della giungla. Spazzati via decenni di multilateralismo, cancellato il diritto internazionale e le richieste della Corte internazionale di giustizia, ora conta nuovamente solo la forza. E la cinica volontà di usarla. Come il leone della foresta che ruggisce per ribadire agli altri animali il suo ruolo e volere, così Trump ha imposto tempi e metodi.
Non a caso, in Alaska egli ha ricevuto, con un calore e un rispetto francamente eccessivo, l’autocrate Putin, responsabile di questa guerra. Sono due dei pochi leoni della giungla-mondo: possono ruggirsi contro, ma si riconoscono come tali e si rispettano, demarcando il territorio su cui regnare. L’altro leone, il presidente cinese Xi Jing-Ping, guarda sornione gli sviluppi, mostrando i denti quando Trump minaccia di imporre dazi spropositati contro la Cina. Questi ultimi sono stati imposti a tutti, anche a noi alleati europei, che li abbiamo subiti con un’umiliante passività; con Pechino, che può fare male agli Stati Uniti, ancora si tratta.
È un ritorno alla pura logica di potenza di fine Ottocento e inizio Novecento che è reso ancora più amaro dall’assenza totale di ogni ruolo giocato dalle Nazioni Unite. E anzi, non solo l’Onu è stata ignorata, ma quasi nessuno si è mosso per sottolineare questa assenza. Non è stata coinvolta prima e non sembra vi sia la volontà di coinvolgerla per gestire il bilaterale fra Putin e Zelensky, che potrebbe anche essere un trilaterale con la partecipazione diretta di Trump. Neppure gli europei sembrano aver notato quanto sia scivolosa questa strada, per quanto probabilmente inevitabile. I più “coraggiosi” – forse bisognerebbe scrivere i meno pavidi e i meno succubi – hanno espresso il desiderio che vi sia anche un quadrilaterale, con l’Europa seduta al tavolo con la stessa dignità degli altri partecipanti. Non come avvenuto a Washington, con i nostri leader interrogati uno a uno come scolaretti, fermi ad aspettare in una stanza di essere convocati. Ma nessuno sembra aver realizzato che certificare la morte cerebrale delle Nazioni Unite come strumento di risoluzione delle dispute significhi picconare decenni di sforzi, dal 1945 in poi, per rendere il sistema internazionale meno brutale nel suo darwinismo geopolitico. Quanto appare chiaro è anche che la Russia, l’aggressore, appare l’attore premiato da queste trattative, mentre è l’aggredito che deve giustificarsi per cercare di ottenere una pace non troppo umiliante.
L’altro corollario è che i nuovi modi di fare diplomazia imposti da Trump sono basati, oltre che sulla forza, su una visione meschina e avida di profitto immediato. Cosa ci guadagna Washington dal sostenere l’Ucraina? Cosa dal proteggere Europa o Giappone? I deboli mettano i soldi – tanti soldi – sul tavolo o non ci interesserà la loro sorte. Dove il profitto – e questo è semplicemente scandaloso, oltre che probabilmente illegale – non è solo e tanto quello degli Stati Uniti, ma quello personale del presidente Trump e della sua famiglia. In pochi mesi del suo secondo mandato, l’arricchimento suo e dei figli è stimato infatti in svariati miliardi di dollari. Se tutto ciò fermerà il conflitto, si berrà questo amaro calice. Ma non illudiamoci: dopo l’Ucraina, il metodo Trump sarà replicato in altri contesti di guerra. E le paci saranno sempre meno giuste e sempre più decise dal ruggito dei felini dominanti il sistema internazionale.
avvenire.it/opinioni/pagine/il-potere-del-ruggito?