L’ultima ricerca Gallup evidenzia che a livello mondiale la percezione di soddisfazione e felicità è in costante aumento. Un risultato dovuto in larga parte al miglioramento del tenore di vita nelle economie emergenti dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina. Al contrario, continua il trend negativo dei Paesi occidentali (Australia compresa): negli ultimi vent’anni, il numero di persone soddisfatte negli USA è sceso dal 70% al 49%. In Europa, invece, si è passati dal 55% al 42%. Unica eccezione il Nord Europa, dove si registra un netto miglioramento, dal 50% al 65%.
Al di là dei limiti dello strumento utilizzato (viene misurata la percezione soggettiva), la ricerca segnala dunque un significativo deterioramento del benessere percepito nei Paesi avanzati. La spiegazione non può essere ridotta alla sola dimensione economica. Negli USA, il PIL è aumentato costantemente nel corso degli anni. Cosi in Germania e Inghilterra. Ma questo non è bastato. Il fatto è che, superata una certa soglia, la felicità non aumenta in modo proporzionale al PIL. Anzi, può addirittura diminuire.
Ciò è dovuto a due ragioni principali.
La prima è che, nelle società avanzate, la crescita non distribuisce i propri benefici a tutti i gruppi sociali. Al contrario, le disuguaglianze aumentano, così come la precarietà e il lavoro fragile. Perciò, non è affatto detto che una maggiore crescita economica significhi un maggiore benessere per tutti.
La seconda, puntualmente rilevata dai ricercatori, è che nelle società ad alto reddito la vita diventa difficile e solitaria. E quando non si dispone di un adeguato capitale economico, culturale e relazionale, a crescere sono la solitudine, la depressione e lo stress legato alle performance richieste.
È questo il male sottile che sta colpendo le società occidentali: l’insoddisfazione diffusa alimenta la sfiducia nelle istituzioni e nelle élite, favorisce le pulsioni populiste e rende più difficile il dialogo sociale. Altri dati raccolti da Gallup permettono di concludere che lo sviluppo di una società avanzata è un processo sofisticato che, oltre all’aspetto economico, coinvolge almeno altri tre pilastri. In primo luogo, la qualità dei contesti relazionali, a partire da quelli familiari. Non è sufficiente vivere in case confortevoli o avere redditi elevati: il benessere umano dipende in larga misura dalla capacità di stabilire e mantenere legami affettivi solidi. Le famiglie e le reti di prossimità, come gli amici, i vicini e le associazioni, sono un potente antidoto alla solitudine e alla frammentazione sociale. Le politiche che sostengono la genitorialità, la conciliazione tra lavoro e vita privata e la creazione di spazi di incontro e socialità hanno un impatto significativo sulla felicità collettiva.
In secondo luogo, la qualità dei beni collettivi. L’eccezione del Nord Europa insegna molto da questo punto di vista: la legalita, l’ambiente, l’istruzione pubblica, i trasporti efficienti e accessibili, gli spazi verdi urbani e la sicurezza dei quartieri sono tutti fattori che contribuiscono a creare un contesto di vita più sereno e vivibile. A differenza dei beni di consumo individuali, i beni collettivi generano benefici diffusi e duraturi, rafforzando il senso di appartenenza e la fiducia reciproca. Trascurarli significa compromettere il tessuto sociale e, di conseguenza, la qualità della vita. Infine, ciò che fa la differenza è la possibilità di impegnarsi (in modo professionale o volontario), in luoghi e organizzazioni che perseguono uno scopo positivo e sono attenti alle nuove sensibilità sociali. Lo sfruttamento fine a sé stesso e le logiche esclusivamente strumentali non motivano nessuno e riducono la felicita.
La lezione della ricerca Gallup è quindi duplice. Il miglioramento materiale resta fondamentale per chi parte da condizioni di svantaggio: ridurre la povertà e garantire i diritti fondamentali è una priorità globale. Ma nelle società che hanno già superato questa soglia, il compito è più complesso: bisogna ricostruire le condizioni sociali, culturali e istituzionali che rendono possibile una vita buona. Le economie prospere hanno bisogno di un tessuto sociale che favorisca la risonanza e il riconoscimento reciproco e di assetti politico-istituzionali capaci di prendersi cura dei beni pubblici.
La felicità, come sottolinea il Rapporto, è una costruzione collettiva tanto quanto un’esperienza individuale. Riguarda l’io e il noi. La felicità dipende sì dalle opportunità economiche, ma anche, e soprattutto, dalla qualità delle relazioni, dalla cura dei beni comuni e dalla possibilità di dare un senso condiviso alla propria esistenza. Solo integrando queste dimensioni, lo sviluppo può dirsi davvero sostenibile. Per l’economia e per le persone. E quindi per la democrazia.
corriere.it/opinioni/25_settembre_08/la-felicita-e-una-costruzione-collettiva-1432a6a5-c74b-414d-914a-fc6275c63xlk.shtml