La biblioteca dell’apocalisse di Peter Thiel, di Gloria Origgi

Un articolo recente del Financial Times mi ha fatto scoprire un’altra influenza intellettuale del multimiliardario americano Peter Thiel, strenuo sostenitore di Donald Trump, ma di tendenze ideologiche opposte all’altro guru dell’estrema destra americana, Steve Bannon: il primo individualista, libertario e anti-Stato, il secondo populista e nazionalista.
Un libro profetico del 1997The Sovereign Individual, pubblicato da uno strano duetto composto da un finanziere libertario americano, James Dave Davidson, e un giornalista inglese, membro del più raffinato establishment britannico, Lord William Rees-Mogg.
Thiel, che per anni era rimasto nell’ombra a fare i suoi affari e a leggere segretamente di filosofia, è montato alla ribalta con la rielezione di Trump nel 2024, in primo luogo con un articolo apparentemente delirante sul Financial Times del gennaio 2025 (A Time for Truth and Reconciliation) dai toni chiaramente apocalittici che annunciava la nuova era Trump come un’era di rivelazione in cui tutto ciò che era stato nascosto ai cittadini da Governi maligni sarebbe stato rivelato, poi con altri interventi, tutti altrettanto apocalittici, culminati nel podcast del New York Times in cui non ha esitato a definire Greta Thunberg come l’Anticristo.
Scopro che nel 2020 Peter Thiel ha scritto una prefazione a una nuova edizione di The Sovereign Individual, i cui toni apocalittici vanno esattamente nella direzione del suo pensiero.
Sono andata a leggermi il libro (e alcune recensioni dell’epoca), che si trova facilmente online, ed è effettivamente interessante, anche se le profezie annunciate si sono spesso rivelate errate, come nota anche Thiel nella sua prefazione del 2020. Ma, nella sostanza, è abbastanza informativo delle tendenze millenariste di un certo pensiero della tecno-destra americana, di cui Thiel esprime la voce più articolata.

Dopo gli Stati
Gli autori del libro annunciano la fine di un’era: quella degli Stati-Nazione. Con la transizione all’Era dell’Informazione, che segue l’Era Industriale, gli Stati-Nazione perdono la loro centralità e la loro capacità di controllo sugli individui.
Gli affari nel cyberspazio non sono controllabili dagli Stati, che cominceranno a perdere introiti fiscali perché le transazioni smaterializzate possono essere fatte ovunque e non esistono i quadri legali seri per far rispettare agli attori le regole. I capitali si sposteranno con sempre maggiore facilità, scegliendo i luoghi che facilitano gli scambi a scapito degli Stati centrali troppo pesanti in termini di regolamentazioni e norme.
Città e regioni potranno giocare un ruolo più importante per l’economia degli Stati centrali, lontani dalle decisioni concrete e dalle dinamiche industriali locali.
Una élite cognitiva prenderà il potere e sarà costituita da una percentuale bassissima della popolazione globale, che si ritroverà per la maggior parte disoccupata, risentita e potenzialmente violenta.
Se le guerre diminuiranno, perché gli Stati non avranno più i mezzi di pagarsi gli eserciti e le armi, le agitazioni locali saranno in aumento, dato l’alto tasso di disoccupazione e la violenza provocata dal risentimento sociale.
I violenti però non saranno i poverissimi, ma gli ex appartenenti alla classe media, con un certo livello di educazione, a cui le tecnologie avranno tolto il mestiere.
La nuova élite cognitiva sarà composta da individui finalmente liberati da tutti i vincoli della vecchia educazione e delle vecchie regole e dovrà al suo solo potere creativo e intellettuale la sua fortuna. Potrà stabilirsi in qualsiasi parte del mondo e creare nuove dinamiche geopolitiche di vicinanza tra regioni e città del mondo appartenenti a Stati diversi e di disgregazione degli Stati centrali.
Per gli autori, il 1989 e la caduta dell’Unione Sovietica non rappresentano la fine del comunismo ma l’inizio della dissoluzione degli Stati moderni centralizzati e l’annuncio dell’avvento di una nuova era.
Importantissima per questa transizione è la perdita di controllo da parte degli Stati della moneta, che sarà pian piano sostituita dalle criptomonete. Il che permetterà di eliminare l’inflazione, che esisterà solo per i derelitti che sono rimasti dipendenti dalle banche centrali ormai svuotate di qualsiasi potere.

Tra AI e cripto
Come Thiel nota nella sua prefazione del 2020, alcune predizioni sono fondamentalmente sbagliate. Per esempio, secondo gli autori gli Stati centrali si sarebbero piegati al potere più flessibile di città-Stato come Hong-Kong.
Ma proprio negli anni in cui veniva scritto il libro, la Cina centralizzata si ingoiava la città di Hong-Kong e il suo potere non fa che accrescere nonostante la sua natura totalitaria.
Thiel sostiene nella sua prefazione che le due forze dirompenti del futuro sono l’Intelligenza Artificiale e le criptomonete. Ma l’IA si presta al gioco del controllo centrale, del Grande Fratello e di qualsiasi fantasia orwelliana, mentre le criptomonete sono veramente libertarie e in grado di dissolvere il potere centrale degli Stati.
Al di là del valore oggi di questo libro profetico, è interessante aggiungerlo alla biblioteca visionaria e apocalittica di Thiel. Perché l’individualismo estremo di questa tendenza della tecno-destra, il suo slancio rivoluzionario di dissoluzione completa dell’ordine costituito così come lo conosciamo sembra in netta controtendenza con i populismi di estrema destra che conquistano in questo momento il mondo intero.
Il populista è estremamente legato allo Stato centrale, all’identità nazionale e i suoi nemici sono i globalisti e le élite internazionali caricaturate normalmente nella figura di George Soros, non a caso ebreo, il che mostra il legame di questa tendenza politica con il fascismo e il nazional socialismo del Novecento: antisemitismo, odio per le élites globali, razzismo, identità, purezza della razza, tutti temi che abbiamo già visto declinarsi nei peggiori regimi del secolo scorso.
Ma la tecno-destra di Thiel e compagni non ha niente a che spartire con questa destra: è individualista, globalista, anti-Stato, anti-identità, meritocratica e anti-populista: del popolo, proprio non le importa nulla, anzi, è carne in eccesso in un mondo in cui i nuovi semi-dèi privati dei vincoli degli Stati centrali si muoveranno veloci e leggeri come Zeus e gli altri abitanti dell’Olimpo facevano ai tempi dell’età dell’oro.

Contraddizioni inconciliabili
È molto probabile che a Thiel piaccia Trump (vediamo per quanto) non perché urla slogan nazionalisti su Make America Great Again, ma perché è uno che spacca tutto, a cui non importa niente di istituzioni e trattati ma solo degli affari suoi, che è attirato dai Paesi dove può concludere dei deals indipendentemente dalle ideologie o dalle norme morali di quei posti, che è insomma un “post-moderno”, nel senso di post-era degli Stati moderni.
Steve Bannon invece ci crede negli slogan nazionalisti e ha cercato di vendere la sua destra rivoluzionaria in tutta Europa. Ma a un certo punto le destre unite di tutto il mondo dovranno decidere cosa vogliono: se vogliono bandiere, Stati-nazione, assistenzialismo e identità purificate, o se vogliono il mondo molto più probabile che intravvede Thiel, dominato da grandi predatori con mezzi economici e tecnologici ben superiori a qualsiasi Stato, che si disinteressano del destino dei popoli, ma promuovono solo il loro interesse.
La destra aggressiva e vincente che si delinea un po’ dappertutto è forse meno coerente di quel che sembra e farà fatica a conciliare visioni del mondo così contraddittorie.

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