Israele e la Global Sumud Flotilla: ecco che cosa dice il diritto internazionale, di Marina Castellaneta

Il quadro delle violazioni del diritto internazionale che Israele rischia di compiere, nel caso di ostacoli frapposti alla missione umanitaria della Global Sumud Flotilla che si sta dirigendo da Barcellona, Genova e altri porti a Gaza, è chiaro. Se Israele interviene in acque internazionali, come ha già fatto in altre occasioni, su navi che battono bandiera di altri Stati è sicura la violazione del diritto internazionale. Sulla base della Convenzione di Montego Bay del 1982 sul diritto del mare (non ratificata da Israele, ma che comunque riproduce norme di diritto internazionale generale vincolanti anche per Tel Aviv) e del diritto internazionale consuetudinario, in alto mare vige il principio della libertà di navigazione e, per eventuali fatti illeciti che avvengono a bordo di una nave, spetta solo allo Stato di cui l’imbarcazione batte bandiera esercitare la giurisdizione. Questo vuol dire che non solo Israele non può intervenire su una nave straniera, ma non può neanche impedirne la navigazione.
Naturalmente, le dichiarazioni del Governo vanno nel senso opposto rispetto al diritto internazionale: il ministro della Sicurezza nazionale israeliano Ben Gvir ha dichiarato che i volontari a bordo delle navi che fanno parte della flotilla, che svolge una delle più importanti e ampie missioni umanitarie con la partecipazione di navi e volontari provenienti da oltre 40 Stati, sono considerati da Israele come terroristi e, quindi, l’obiettivo è arrestarli.
Qui è evidente che manca proprio la base fattuale per considerare chi è a bordo delle navi che fanno parte di una missione umanitaria internazionale come terroristi. In ogni caso, al di là della mancanza di una base fattuale e dell’assenza di qualsiasi appiglio giuridico per considerare come terroristi le persone impegnate nella missione finalizzata a fare arrivare aiuti nella Striscia di Gaza dove la popolazione subisce una carestia procurata da un Governo, gli interventi dello stesso Governo israeliano in acque internazionali costituirebbero un illecito internazionale. La violazione, in questi casi, sarebbe perpetrata nei confronti degli Stati di cui le navi battono bandiera e, in caso di arresto dei cittadini stranieri che non compiono alcun illecito, anche degli Stati di cittadinanza delle persone colpite.
Nessuna giustificazione del blocco navale può essere rintracciata nel diritto bellico: non solo in quanto Potenza occupante Israele, in base all’articolo 33 della IV Convenzione di Ginevra relativa alla protezione delle persone civili in tempo di guerra, deve astenersi dal compiere azioni che costituiscono punizioni collettive nei confronti dei civili, ma il blocco navale non può essere invocato per commettere gravi violazioni del diritto internazionale umanitario che portano alla commissione di crimini di guerra e crimini contro l’umanità come, ad esempio, affamare la popolazione civile. In taluni casi, il diritto bellico ammette il blocco navale ma impone il rispetto di alcuni parametri. In ogni caso, le norme vietano il blocco navale se infligge danni sproporzionati sulla popolazione civile che, in questo caso, continuerebbe ad essere privata degli aiuti umanitari necessari per sfamarsi e curarsi, malgrado l’obbligo di Israele, come chiarito anche dalla Corte internazionale di giustizia, di applicare il diritto internazionale umanitario e le regole fissate nella IV Convenzione di Ginevra sulla protezione dei civili nei territori occupati.
D’altra parte, per avere chiaro il quadro delle violazioni basta rileggere il rapporto della commissione di inchiesta istituita dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu nel 2010, all’indomani dell’attacco di Israele alla nave umanitaria Mavi Marmara che si stava dirigendo a Gaza forzando il blocco navale illegittimo disposto da Tel Aviv. In quell’occasione erano stati uccisi nove volontari e ferite oltre 50 persone e nel documento conclusivo adottato dalla commissione era stato evidenziato che il blocco navale era stato sproporzionato, realizzato con violenza e con un livello di brutalità non giustificabile. Uno scenario che si potrebbe ripetere.

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