I populismi nascono come contraccolpo della globalizzazione, di Marco Magnani

In un momento storico in cui numerose e pressanti sfide globali richiederebbero la massima cooperazione sovranazionale sul piano istituzionale, politico ed economico – si pensi a guerre e terrorismo, cambiamento climatico e transizione energetica, sviluppo e regolamentazione di tecnologie dirompenti come l’Intelligenza Artificiale – il mondo sembra aver imboccato una strada di progressivo scollamento. E le guerre in corso – ma anche le tante elezioni previste nel corso del 2024 – possono accentuare tendenze isolazioniste e populismi, protezionismo e uso di sanzioni, differenze culturali e tensioni geopolitiche.
Per decenni la globalizzazionepur tra eccessi e contraddizioni, limiti e fragilità – ha prodotto uno straordinario aumento di benessere, sradicando miliardi di persone dalla povertà, ha consentito enorme progresso scientifico, ha favorito la riduzione dei conflitti. E ha diffuso la convinzione – rivelatasi illusoria – di poter garantire una crescita continua e la fine di ogni contrapposizione.
Ma da tempo la globalizzazione è in crisi e il mondo si sta scollando. Alcuni dei motori che l’avevano spinta, come stabilità internazionale e trasporti sicuri e a basso costo, sembrano essersi inceppati. Il legame virtuoso tra Stati Uniti e Cina, che l’aveva favorita, è diventato rivalità strategica e potrebbe degenerare in conflitto. La cornice politica che l’aveva sostenuta si è indebolita e le istituzioni internazionali sono difficoltà.
Lo scollamento sta mutando le relazioni internazionali. Il commercio è ostacolato dal ritorno al protezionismo. Frequenti shock esterni (pandemia, guerre, attacchi terroristici) favoriscono reshoring e friend shoring. Cambiano i criteri di localizzazione delle produzioni ed è in corso una riconfigurazione delle catene globali del valore. In campo finanziario crescono controlli e restrizioni al movimento di capitali e si diffonde il friend investing. Vi sono segnali di scollamento valutario, spinto da chi auspica la de-dollarizzazione e alimentato dalle sanzioni economiche. Lo scollamento energetico sta cambiando gli equilibri geopolitici. Ed è sempre più evidente quello tecnologico, con minor circolazione di innovazioni, frammentazione delle piattaforme digitali e tensioni su governance mondiale di Internet e altre tecnologie. Il nazionalismo cresce in ambito culturale e linguistico. E la scarsa cooperazione internazionale penalizza il settore medico-sanitario, come emerso durante la pandemia.
Il nuovo mondo frammentato mostra tre grandi tendenze. Primo. Una forte regionalizzazione, con maggiore importanza di accordi e alleanze locali. Secondo. La preminenza della politica sull’economia: il ruolo dello stato aumenta a scapito di quello dei mercati, gli interessi geopolitici prevalgono su quelli economici, la sicurezza nazionale condiziona le decisioni di politica economica. Terzo. La crescente volatilità delle alleanze internazionali, anche per il moltiplicarsi di Paesi “battitori liberi” che aspirano all’autonomia strategica e le cui ambizioni sono spesso legate all’ascesa di leader autoritari o populisti.
Il rischio è che l’eccessiva frammentazione favorisca disordine e instabilità, riducendo al minimo le relazioni tra blocchi di Paesi. Un tale scenario, oltre ad enormi costi economici in termini di minor efficienza, innovazione e crescita, favorirebbe il caos geopolitico, rendendo impossibile affrontare problemi globali e creando terreno fertile per nuovi conflitti. Non sarebbe la prima volta nella storia. La dissoluzione dell’Impero romano portò alla formazione di tante entità politiche e a secoli di declino e conflitti; il periodo di chiusura e protezionismo che seguì alla globalizzazione della Belle Époque aprì la strada a Grande depressione del 1929 e due guerre mondiali.
Tuttavia, si potrebbe anche innescare una ri-globalizzazione secondo criteri economici e geopolitici diversi. Artico, Subacqueo, Spazio e Digitale possono essere fronti di scontro o, con le loro enormi opportunità, rappresentare le nuove frontiere della globalizzazione.
Alla luce dei conflitti attuali e dello scollamento in corso il rilancio della globalizzazione sembra un’utopia. Ma una speranza è alimentata dal fatto che in passato, dopo periodi bui ‒ come la chiusura del Medioevo, la distruzione della seconda guerra mondiale, le divisioni della guerra fredda ‒ il mondo ha saputo ritrovare la luce. E lo ha sempre fatto seguendo una strada di crescente apertura e libertà di circolazione di merci, capitali, persone, idee e costruendo istituzioni volte ad aumentare il livello di dialogo e collaborazione internazionale.

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