Giovanni Allevi, una lezione di teologia, di Danilo Di Matteo

Davanti a Dio bisogna comportarsi come se Dio non ci fosse”: è la celeberrima frase del teologo Dietrich Bonhoeffer. Ecco, il maestro Giovanni Allevi, assai provato dalla malattia e dalla sofferenza, dinanzi al pubblico del Festival di Sanremo, l’ha incarnata mirabilmente. Non un monologo, il suo; forse una preghiera. Ma soprattutto una lettera al mondo, nella quale Dio non è citato o evocato, e nella quale tuttavia è più che mai presente. Una lettera al mondo scritta all’ombra di Dio, davanti a Lui.
L’esperienza di una persona, certo, che pure mostra il senso della vita, dolore compreso, di molti. E, a suo modo, il racconto di una conversione. Non in senso confessionale, bensì come conversione alla vita, come scoperta dei suoi doni. Il rosso soffuso dell’aurora è diverso da quello del tramonto, ecco una delle scoperte dell’artista, uno dei doni accolti. Ed esibirsi al cospetto di quindici persone (“i miei cinque lettori”, scriveva Alessandro Manzoni) può essere ancor più gratificante di una sala gremita.
Forse in precedenza il pianista suonava con le dita, con la testa, con il cuore; ora torna a suonare con tutta la sua anima e con tutto il suo corpo, vertebre rotte comprese. E osserva che, anche nel momento più buio e disperato, anche quando la morte sembra vicina e il dolore pare invincibile, “resta qualcosa”, e “forse resterà sempre”. In molti, di certo, abbiamo pensato subito all’anima, all’anima immortale.
Prima ancora, però, ad Allevi è rimasta la fede. La fiducia negli operatori sanitari e nella ricerca scientifica, ad esempio. O la capacità di ascoltare gli altri malati. O, ancora, l’affetto dei familiari e degli amici. E anche qui aleggiava la presenza di Dio: “lassù mi è rimasto Dio”, come cantano “I Nomadi”. Lassù e nei suoi angoli più intimi, nella sofferenza indicibile e nelle piccole gioie. Il Dio totalmente altro e il Dio che risuona con le nostre membra.
L’artista non si chiede “perché la malattia, perché il dolore?”, e neppure “in vista di cosa?”, “quale il senso?”. Semplicemente vive, riconosce e accoglie i doni e li condivide con gli altri: “come se Dio non ci fosse” (e, nello stesso tempo, “davanti a Lui”).

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