Dio e la vera vite, di Rocco D’Ambrosio

Il Vangelo odierno: In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.  Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».  (Gv 15, 1-8 – V Pasqua B).

Forse qualcuno di voi ha visto il famoso film Oltre il giardino con Peter Sellers: parla di un cinquantenne analfabeta, che ha vissuto tutta la vita curando il giardino di un vecchio signore, conosce per caso la moglie di un magnate, che lo scambia per un raffinato e bizzarro gentiluomo. Chance – il suo nome – è buono, sa solo di giardinaggio e il resto lo conosce unicamente attraverso la Tv e vive nella casa del ricchissimo finanziere, che è anche consigliere del Presidente. Le sue frasi sul giardinaggio sono credute profonde metafore, ed eccolo al centro dell’attenzione economico-politica e degli interi servizi segreti… Lo consiglierei a molti dei politici in scena attualmente. 

Tuttavia il problema è anche nostro. Per chi vive in città – e fa ben altro – agricoltori, vigne, tralci, potature e frutti hanno un suono ben diverso. È come dire: un fatto è allestire una mostra per mostrare semine e frutti, con parecchio supporto tecnologico, un altro fatto è seminare e raccogliere, con tutta la fatica annessa, cambiamento climatico e politiche agricole non molto efficaci. Quindi dobbiamo fare un piccolo sforzo per capire il significato della simbologia evangelica della vite e dei tralci.

Il giardiniere Chance sa molto, rispetto ai tanti che sanno poco. Conosce le verità essenziali. Per noi, ad esempio: il mondo è governato da Dio, non dalla nostra volontà, né tantomeno dalla tecnologia. Il mondo è di Dio, è Lui l’unico e vero agricoltore. Suo Figlio Gesù è la vera vite e, se noi vogliamo, possiamo diventate suoi tralci. Qualsiasi impostazione, programmazione e verifica del nostro lavoro, delle nostre relazioni, della vita tutta, devono partire da ciò: il mondo è di Dio e suo Figlio Gesù è la vera vite. Chi ha ridotto la fede a ideologia, o a un elenco di principi morali, dimentica ciò, volutamente o no, non lo so. L

Dopo la pandemia molti nostri ritmi e relazioni (e tanto altro) sono cambiati. Anche nell’oggi dobbiamo chiederci cosa significhi sentirci tralci nel bel mezzo della nostra giornata, dei ritmi incalzanti, del tempo che scorre troppo velocemente , dei successi e degli insuccessi, delle gioie come dei problemi, piccoli o grandi che siano. Cosa significhi, anche, che “senza Gesù non possiamo far nulla”, specie quando crediamo che senza di Lui riusciamo a fare un sacco di cose. Siamo tanto stupidi o “lenti di cuore” (Lc 24, 25) a pensare di poter governare molto della nostra giornata, spesso tutto. In fondo siamo un po’ come quei politici (insieme a diversi leader di altri settori e istituzioni), che critichiamo, perché si sentono onnipotenti. Il mondo gira non perché siamo noi a farlo girare. Il bene progredisce non perché siamo noi a volerlo. Qualcosa di buono la realizziamo non perché siamo bravi. “Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”.

Senza di Lui non possiamo far nulla. Forse non possiamo diventare contadini perché nella vita facciamo e faremo altro, ma almeno impariamo dai più saggi di loro: il raccolto abbondante sta nelle mani di Dio e noi lo avremo non perché siamo bravi o abbiamo programmato bene, ma solo e solamente perché Lui apre le sue mani e sazia la nostra fame. Solo e solamente se ci abbandoniamo nelle Sue mani. Solo e solamente perché ci benedice. “Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla”.

Rocco D’Ambrosio

[presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]

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