BANDIERE BIANCHE, DI DONATELLA A. REGA

Si può sparare su gente disarmata? Ditemi. Qualsiasi motivo spinga ad una guerra. È un crimine di guerra sparare sui civili, o no? Se la parola “civile” ci suona strana diciamo “persona”. Una volta non si sparava alle spalle neanche un nemico, a rigore, neanche un soldato. Ma una persona disarmata né frontalmente, né alle spalle si può colpire, non si spara su chi scappa. Non è vero, forse? Ditemelo voi, per favore. Ho bisogno che qualcuno mi chiarisca le idee.

Se gli abitanti di Gaza, soprattutto i bambini, fossero pure tutti un potenziale esercito di Hamas, come asseriscono alcuni per giustificarne l’annientamento, ci sarebbero due fondamentali motivi per salvarli: il primo dovrebbe capirlo il loro nemico, perché odio chiama odio e non c’è metodo migliore che trattar bene i bambini ed averne cura per evitare che abbraccino la violenza crescendo. Il secondo dovrebbero intuirlo coloro che si dichiarano amici e cioè i capi di questo ipotetico futuro esercito palestinese. Quale generale di fronte alla evidente grave disfatta del proprio esercito ed alla decimazione del proprio popolo non isserebbe bandiera bianca per salvarne i superstiti?  Invece nessuno getta la spugna, nessuno innalza bandiera bianca. Ma inviterei io i civili di Gaza a farlo subito, a sventolare bandiera bianca in modo da rendere ancora più orrendo il loro massacro, se non cessasse il fuoco di fronte a tale segnale di pace!

L’orrore del 7 ottobre si ripete a Gaza ogni tre giorni da tre mesi. Si è ripetuto già 25 volte e da parte israeliana dicono che loro non si fermeranno. O la parola “orrore” adesso ci trova già insensibili? Dobbiamo trovare un nuovo vocabolo, nuove parole per definire cosa sta accadendo.

Da bambini (fortunati noi che da bambini nessuno voleva eliminarci, e piuttosto ci tenevano in palmo di mano), da bambini, dicevo, ci hanno insegnato che le bugie hanno le gambe corte. Gli unici a non capirlo sono i tenaci mentitori. Ma noi possiamo vederci chiaro anche adesso che siamo diventati adulti. Possiamo vedere il percorso breve delle bugie, dobbiamo stare soltanto con gli occhi aperti.

Forse è questo l’unico riscatto che abbiamo occasione di prenderci noi cittadini del mondo, noi cittadini di Europa, noi civili. Noi che oggi siamo osservatori lontani ma domani, come dice Rob Bauer, saremo protagonisti di un radicale cambiamento dello stile di vita, proprio noi europei, già avvisati oggi da un rappresentante della NATO, di una futura guerra con la Russia nei prossimi vent’anni. Notizia di dominio pubblico. Non sto annunciando niente.

E quali sono le bugie? Una, grande, è quella che la guerra, qualsiasi guerra, sia indispensabile. A chi, a cosa può essere indispensabile una guerra invece che  un accordo fra due o più contendenti?. Cosa ce ne viene di buono a noi che abitiamo le case di una terra su cui cadranno bombe e si sparerà per strada? Quel è il vantaggio che ci promettono? Parlo per noi nel futuro, parlo per gli israeliani, per i palestinesi, per i libanesi, per i giordani, per gli yemeniti, per gli ucrarini, per i russi anche oggi.

Che le guerre si facciano per acquisire o mantenere l’egemonia (politica, economica, culturale), che le guerre siano presentate come guerre di difesa (o “difesa preventiva”), o che abbiano altro intento come fare affari con armi e ricostruzione, è bene che si sappia che la gente comune, i civili per l’appunto, desiderano la pace, desiderano vivere in pace con i propri vicini, con le altre etnie.

Solo se ci fomentano, se ci lasciano nell’ignoranza, se ci lasciano nella miseria, se ci dicono che la colpa è di qualcuno diverso da noi, solo se ci crediamo, solo se qualcuno assale gli innocenti, le guerre diventano possibili. Ma in tutti questi casi noi preferiremmo mille volte un accordo di pace piuttosto che una guerra.

Intanto c’è una bugia ancora più grande della necessità di una guerra, ed è che esista chi è diverso da noi e che quel diverso meriti eticamente un trattamento peggiore di quello destinato a noi, perché appartiene ad una cultura diversa dalla nostra. I fondamentalismi ci dividono. Ma tutte le religioni credono nel valore della pace. Le “guerre sante” sono un ossimoro, perché, specialmente se crediamo in un unico creatore, non possiamo che giungere alla conclusione che siamo tutti fratelli, tutti gli abitanti della Terra. Dobbiamo capirlo almeno noi, noi che siamo le vittime, noi che non scegliamo la guerra e non la sceglieremo mai. “Fuori la guerra dalla storia” proclamano Donne in Nero e Women Wage Peace. Bisogna ascoltarle.

Non dobbiamo credere a chi fomenta divisioni. Chi lo fa ci sta prendendo per i fondelli per sfruttare la forza che gli daremo per scopi personali. Invece, facciamocene una ragione, in futuro tutti gli abitanti della terra saranno un unico popolo, un’unica etnia. Tanto vale cominciare già da ora a studiare come vivere tutti insieme pacificamente, nel rispetto reciproco.

Vivere in pace si può e se davvero ai potenti della Terra, come dicono certe teorie allarmiste, facesse paura l’incremento demografico, questo si può combattere senza ammazzare, con politiche di pace e contenimento delle nascite.

A proposito di allarmismi, l’argomento merita un inciso. Se stare con gli occhi aperti serve a riconoscere le bugie, almeno a riconoscere l’albero dai suoi frutti, bisogna però evitare di cadere in certi deliri che così sapientemente ci vengono presentati come controinformazione mettendo insieme una notizia vera con dieci false. Perché i deliri collettivi servono a delegittimare la nostra sete di verità ed a sfiancarla.

Restiamo uniti quanto più è possibile, non crediamo a chi ci divide.

Infine torniamo un attimo alle bandiere bianche.

Quando la violenza ci soverchia dobbiamo imparare ad issarle di nuovo, come si faceva una volta. Non come un semplice segno di resa, ma piuttosto come un segno di volontà di pace, di riconciliazione.

Io sono disarmata, comincio da ora ad issare la bandiera bianca su casa mia, come dichiarazione di auspicabilissimo territorio neutrale, come invito a cessare il fuoco, a far tacere le armi possibilmente per sempre. Solo accordi vogliamo, se ne facciano una ragione coloro che progettano guerre per cosa e per chi non sappiamo, non certo per conto nostro. La nostra Patria è la Terra, difendiamola dalle guerre,  disarmati,  e con una immensa autorevole bandiera bianca.

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Cercasi un fine è “insieme” un periodico e un sito web dal 2005; un’associazione di promozione sociale, fondata nel 2008 (con attività che risalgono a partire dal 2002), iscritta al RUNTS e dotata di personalità giuridica. E’ anche una rete di scuole di formazione politica e un gruppo di accoglienza e formazione linguistica per cittadini stranieri, gruppo I CARE. A Cercasi un fine vi partecipano credenti cristiani e donne e uomini di diverse culture e religioni, accomunati dall’impegno per una società più giusta, pacifica e bella.


 

 

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