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A Pizzaballa il premio per la pace dell’Università di Haifa, di Alessandra Tommasi

Cristo è a Gaza, “crocifisso nei feriti e sepolto sotto le macerie”. Così il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, ribadiva l’impegno della Chiesa nell’enclave dopo l’ultima visita nella Striscia. Poi, ad agosto, il rifiuto di evacuare la parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza City “rifugio per centinaia di civili”, in seguito all’annuncio dell’occupazione israeliana. All’indomani del 7 ottobre 2023, si era offerto ad Hamas in cambio dei bambini israeliani presi in ostaggio. Adesso il Laboratorio per gli Studi religiosi dell’Università di Haifa, il più noto e prestigioso centro di studi sull’ebraismo, diretto da Uriel Simonsohn, ha deciso di assegnargli il premio per la Pace, che da tre anni va a figure capaci di farsi ponte tra le varie confessioni nella martoriata regione. La cerimonia avverrà il 6 novembre.

Perché Pizzaballa, professor Simonsohn?
Dopo Amir Muhammad Sharif Odeh nel 2023 e il rabbino David Rosen nel 2024, quest’anno abbiamo scelto il patriarca latino perché ha avuto il coraggio di offrirsi al posto degli ostaggi e ha saputo mantenere equilibrio e vicinanza alle vittime israeliane e a quelle palestinesi. È stato tra i primi a denunciare i danni inflitti ai civili a Gaza e, quando la comunità cattolica è stata colpita dai bombardamenti, vi si è recato per offrire sostegno e solidarietà. Così anche a Taybeh, in Cisgiordania, dopo gli attacchi dei coloni. Le sue prese di posizione, il coraggio di stare accanto alle vittime e la disponibilità a offrirsi al posto di altri lo rendono unico tra i leader religiosi del Paese.

Che visione di pace incarna?
Una visione di empatia verso tutte le parti. Coraggiosa, perché resiste a pressioni da entrambe le fazioni. Ha sempre ribadito che le differenze si risolvono col dialogo, non con la violenza. Da anni partecipa a iniziative interreligiose che mirano a mettere le comunità intorno a un tavolo, ascoltare divergenze e cercare punti comuni per una convivenza condivisa.

Pizzaballa ha detto che “trasferire popolazioni, come si vuol fare a Gaza è immorale e contrario alle convenzioni internazionali”. Che messaggio volete mandare con questo premio?
Che non possiamo restare in silenzio di fronte a iniziative così radicali. E che i leader, soprattutto quelli religiosi, devono farsi avanti e usare la loro voce. La gente soffre ogni giorno, non c’è tempo da perdere. Il nostro messaggio è duplice: non taceremo di fronte a queste iniziative e chiediamo agli altri leader religiosi di assumersi la loro responsabilità morale.

Quale ruolo devono avere oggi i leader religiosi?
Proprio perché la politica è paralizzata, i leader religiosi hanno l’occasione di farsi avanti. Non sono solo guide spirituali: si occupano di educazione, solidarietà, famiglia, perfino di ambiente ed economia. Possono dare l’esempio, mediare, avviare iniziative comuni.
È quello che cerchiamo di fare in Israele dal 7 ottobre: incontri regolari tra ebrei, cristiani, musulmani e altre comunità in diverse città. Da questi dialoghi sono nate iniziative locali: visite nelle scuole, momenti di solidarietà congiunta, come a Haifa, dove dopo i missili iraniani imam, rabbini e sacerdoti hanno visitato insieme moschee, chiese e sinagoghe colpite. Forse non risolve la questione politica, ma a livello locale costruisce fiducia. E senza fiducia, non c’è convivenza.

reset.it/voci-dal-mondo/a-pizzaballa-il-premio-per-la-pace-delluniversita-di-haifa

  • 19 Settembre 2025
  • Paolo

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