In Italia dall’8 settembre 1943 al 25 aprile 1945 imbracciarono il fucile anche diversi bambini, non perché i bambini amassero le armi vere o gradissero rischiare la pelle in un vero conflitto a fuoco, invece che giocare a guardie e ladri o a cowboy ed indiani.
Non so cosa ne pensiate voi, ma, restando ad allora e solo all’Italia (perché gli esempi potrebbero spaziare nel tempo e nei luoghi), un popolo intero fatto non solo di uomini ma anche di donne, bambini ed anziani, per unirsi senza distinzione di credo politico e religioso ed arrivare ad imbracciare armi contro un esercito ( e sottolineo esercito) straniero che si era alleato al governo nazionale e si era già macchiato di crimini fucilando e mitragliando non i soldati dell’esercito avversario ma la gente comune, a decine ed a centinaia, tutte insieme ma anche una alla volta sul suo cammino… un popolo intero, dicevo, per fare resistenza armata deve averne davvero abbastanza.
Quindi perché si arrivi alla resistenza vissuta dal popolo senza distinzione di età e di idee politiche è necessario esasperare quel popolo. Altrimenti i bambini starebbero solo in cortile a giocare a pallone e ci stanno comunque lo stesso a giocare a pallone, lo vediamo adesso in tante guerre, anche sotto le bombe e sotto i droni.
Ma in realtà, definiamo un bambino, perché ormai più di qualcuno, forse tutti noi, non solo il medico israeliano che dibatteva a Carta Bianca, ha ed abbiamo bisogno della definizione per capire chi sia un bambino.
Oggi il bambino è una creatura assai contesa, ci siamo anche arrogati il diritto di essere madri e padri, vogliamo riprodurlo persino con la clonazione, modificarlo geneticamente, sceglierlo dal colore degli occhi, eccetera.
Quindi capisco quel signore che, pur essendo medico, o forse proprio per questo, si mostrava confuso al riguardo.
Io a questo punto l’ho chiesto, non all’A.I., chiedo venia, l’ho chiesto ad un bambino.
Dimmi caro chi sei? Chi è (o cos’è, secondo alcuni) un bambino oggi?
Ecco la risposta.
“Sono una persona che deve crescere ma per ora voglio giocare ed anche andare a scuola per imparare tutto quello che c’è da imparare per diventare grandi. Prego ogni sera perché non ci siano più guerre, ma purtroppo le guerre continuano, così temo che Dio non esista e non ci sia nessuno ad ascoltarci. Mamma e papà ed i miei amici sono tutto per me. Spero che mamma e papà non si separino mai e che a loro non accada mai niente. Alla scuola materna mi hanno insegnato che tutti hanno diritto ad avere una casa ed il lavoro. Ora frequento la quinta elementare ed ho paura della guerra e so che non tutti hanno una casa e neanche il lavoro. Ho paura delle armi, specialmente le armi nucleari. Non ho ancora il cellulare, ma vedendo mio fratello che è più grande e ci sta attaccato tutto il giorno non mi sembra una cosa tanto utile. Per il resto vorrei che il mondo fosse migliore e che il pianeta fosse preservato dal cambiamento climatico. Qui per esempio, in Puglia, scusa se faccio un esempio stupido, stiamo mangiando i frutti di mare irlandesi perché nel nostro mare non sopravvivono al grande caldo. Anche questo mi fa paura, non per i frutti di mare, naturalmente, ma mi dà la sensazione di una brutta cosa: la possibile fine del mondo. Ho tanta paura, ma cerco di distrarmi giocando e andando a scuola. Anche gli altri bambini pensano le stesse cose che penso io”
Buona lettura a destra a sinistra ed al centro. Io un’idea l’avrei: creare due commissioni di bambini, una dai cinque ai dieci e l’altra dagli undici ai sedici anni, rigorosamente pluraliste per estrazione sociale e per rappresentanza delle etnie e religioni del Paese (per consentire un miglior dialogo internazionale), questo farei in tutti i parlamenti del mondo. Lo scopo? Farsi consigliare sulle decisioni più importanti da prendere.


