GUARDARE CON REALISMO LA COMPLESSITA’ DELLE FAMIGLIE, DI EMANUELE TUPPUTI

Leggendo il cap. II di Amoris laetitia (AL) ci si imbatte nell’attuale situazione delle famiglie cristiane e non si può non constatare come il settore della pastorale familiare sia in forte emergenza. La caduta a picco della celebrazione del sacramento del matrimonio, l’inverno demografico, l’emergenza educativa: tante sfide di fronte alle quali l’impostazione classica e abituale della pastorale familiare appare impreparata. Per tal ragione in AL n. 200 si legge: «Non basta inserire una generica preoccupazione per la famiglia nei grandi progetti pastorali. Affinché le famiglie possano essere sempre più soggetti attivi della pastorale familiare, si richiede uno sforzo evangelizzatore e catechetico indirizzato all’interno della famiglia, che la orienti in questa direzione. Da questo testo si comprende quanto sia importante uscire dalla semplice gestione dell’esistente. La cultura e soprattutto il costume sono mutate molto nel modo di rappresentare il legame familiare. Non rendersene conto, non focalizzare questa trasformazione sarebbe un errore di prospettiva imperdonabile, che condannerebbe la pratica della fede cristiana a rimanere ben presto afona, espulsa dai flussi che generano le rappresentazioni alla base dei modi di pensare dei giovani di oggi, incapace di comunicare la forza trasfigurante di un Dio che si è fatto uno di noi, che con la sua incarnazione ha assunto e ridato nuova vita al mondo. Non possiamo non constatare, inoltre, che è in atto un cambiamento antropologico-culturale che influenza «oggi tutti gli aspetti della vita e richiede un approccio analitico e diversificato. (…) siamo consapevoli dell’orientamento principale dei cambiamenti antropologico-culturali, in ragione dei quali gli individui sono meno sostenuti che in passato dalle strutture sociali nella loro vita affettiva e familiare» (AL, 32). Di fronte a questo cambiamento antropologico e culturale, benché le sfide ci possano preoccupare non possiamo e non dobbiamo cadere nella trappola di lamenti autodifensivi, ma dobbiamo compiere uno sforzo più responsabile e generoso in quanto: «come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il matrimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale, per essere alla moda, o per sentimenti di inferiorità di fronte al degrado morale e umano. Staremmo privando il mondo dei valori che possiamo e dobbiamo offrire. Certo, non ha senso fermarsi a una denuncia retorica dei mali attuali, come se con ciò potessimo cambiare qualcosa. Neppure serve pretendere di imporre norme con la forza dell’autorità. Ci è chiesto uno sforzo più responsabile e generoso, che consiste nel presentare le ragioni e le motivazioni per optare in favore del matrimonio e della famiglia, così che le persone siano più disposte a rispondere alla grazia che Dio offre loro» (AL 35). Occorre mettere mano  non semplicemente a una ristrutturazione organizzativa di questa azione pastorale, ma più profondamente a un ripensamento. Occorre che la Chiesa tutta, famiglie, consacrati/e, ministri ordinati, individui come anche comunità, movimenti e istituzioni siano coinvolti in un movimento che non può che essere sinodale, ovvero di ascolto e discernimento comunitario. Occorre, insomma, risvegliarsi tutti, prendere atto del cambiamento d’epoca e raccogliere le energie necessarie per necessarie perché come chiesa locale (in base ai propri costumi, bisogni, sfide locali e  culture) si abbia lo slancio di avviare un processo di ripensamento del proprio essere Chiesa, a partire da quel luogo naturale di incarnazione della fede che è la famiglia, il cui bene è decisivo per il futuro del mondo e della Chiesa (AL 31).

Le difficoltà della vita coniugale e l’alto numero di matrimoni falliti, anche fra coppie credenti, ci impone di interrogarci seriamente sulla situazione iniziale che ha caratterizzato tali matrimoni. Ciò significa che, come è stato evidenziato nel percorso di formazione diocesano per operatori pastorali promosso dal Servizio diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati (anno pastorale 2024-2025), bisogna impegnarsi maggiormente pastoralmente per una seria ed attenta preparazione (sfida attuale della pastorale matrimoniale), che fughi la “cultura del provvisorio” per alimentare una “pastorale del vincolo” (cfr. AL 211) capace di suscitare un autentico desiderio di famiglia, così come di riscoprire la bellezza del matrimonio, spesso ignorata e travisata da una visione soggettivista ed egoista.  Si tratta di far comprendere alla coppia la differenza tra “prepararsi al giorno del matrimonio” e “prepararsi alla vita matrimoniale” con la persona con la quale deciderà di sposarsi.

Questo comporta, da parte di coloro che accompagnano i futuri sposi di compiere un maggiore sforzo nell’accertarsi che i contraenti conoscano (non solo teoricamente ma soprattutto praticamente) la natura e le implicazioni del matrimonio. In questo percorso, perciò, siamo invitati tutti (clero e operatori pastorali) a guardare la famiglia con realismo e speranza e non contrapporre “misericordia e verità” nelle varie situazioni della famiglia e delle sue fragilità. Come Chiesa siamo chiamati ad essere “pescatori di famiglie” e metterci accanto alle varie situazioni matrimoniali, senza perdere la speranza, offrendo ad ogni fedele con cui interagiamo l’incontro con la tenerezza di Dio. A tal riguardo Leone XIV, recentemente ha affermato come la comunità cristiana in questo momento storico deve saper: «gettare lo sguardo lontano, facendosi custode, davanti alle sfide del mondo, dell’anelito di fede che alberga nel cuore di ognuno. Ed è particolarmente urgente, in questo sforzo, rivolgere un’attenzione speciale a quelle famiglie che, per vari motivi, sono spiritualmente più lontane: a quelle che non si sentono coinvolte, che si dicono non interessate, oppure che si sentono escluse dai percorsi comuni, ma nondimeno vorrebbero essere in qualche modo parte di una comunità, in cui crescere e con cui camminare. Quante persone, oggi, ignorano l’invito all’incontro con Dio! […] Ebbene, ciò che muove la Chiesa nel suo sforzo pastorale e missionario, è proprio il desiderio di andare a “pescare” questa umanità, per salvarla dalle acque del male e della morte attraverso l’incontro con Cristo […] Non si tratta di dare, a domande impegnative, risposte affrettate, quanto piuttosto di farsi vicini alle persone, di ascoltarle, cercando di comprendere con loro come affrontare le difficoltà, pronti anche ad aprirsi, quando necessario, a nuovi criteri di valutazione e a diverse modalità di azione, perché ogni generazione è diversa dall’altra e presenta sfide, sogni e interrogativi propri. Ma, in mezzo a tanti cambiamenti, Gesù Cristo rimane «lo stesso ieri e oggi e per sempre» (Eb 13,8). Perciò, se vogliamo aiutare le famiglie a vivere cammini gioiosi di comunione e ad essere semi di fede le une per le altre, è necessario che prima di tutto coltiviamo e rinnoviamo la nostra identità di credenti» (Leone XIV, Messaggio ai partecipanti al seminario “Evangelizzare con le famiglie di oggi e di domani. Sfide ecclesiologiche e pastorali”, 2 giugno 2025).

Alla luce di quanto espresso si comprende che come chiesa nell’azione pastorale dobbiamo saper camminare insieme tra i vari uffici/servizi pastorali per compire un accompagnamento capace di generare un autentico discernimento che favorisca da un lato la scoperta della vocazione al matrimonio e, dall’altro, l’integrazione nella comunità di quei fedeli che hanno vissuto il fallimento matrimoniale coniugando carità (via caritatis/pastorale) e verità (via veritatis/del diritto canonico), senza scadere nei facili estremismi di un lassismo che legittimi ogni situazione e di un rigorismo che condanni le persone.

(Vicario giudiziale)

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