Ci ha lasciato Peppino Cotturri (1943-2025), direttore del Centro per la Riforma dello Stato, docente di sociologia politica all’Università di Bari, punto di riferimento delle organizzazioni di cittadinanza attiva, intellettuale con idee innovative sul ruolo di cittadine e cittadini, sulla pratica della democrazia.
Mentre la notizia mi raggiunge sto ascoltando l’intervento di Francesco Giannella, procuratore aggiunto a Bari e coordinatore della Direzione Distrettuale Antimafia, in seduta della Commissione parlamentare Antimafia. Giannella, alla luce della sua preparazione e della sua esperienza, individua nodi cruciali del nostro territorio: “assuefazione alla mafia”, scarsa riflessione etica sul “voto di scambio”, un sistema carcerario in forte crisi perché permette collegamenti continui (con cellulari e droni) con il tessuto malavitoso, la necessità di leggere i nuovi fenomeni mafiosi con più competenze, lo svegliare le coscienze assopite di diversi giovani e adulti.
Come spesso succede, quando due eventi si sovrappongono, nella mente e nel cuore, generano tante considerazioni e desideri di approfondire e continuare a lavorare per non lasciare che il nostro territorio, il nostro Paese diventi prateria delle scorribande di quei politici corrotti, razzisti, poco dediti all’interesse collettivo e, spesso, collusi con la criminalità organizzata.
Mi viene in mente quanto Peppino Cotturri, un paio di mesi fa, in uno scambio di mail sull’etica pubblica, mi scriveva: “Interrogarsi su cosa oggi debba fondare l’etica significa già concepire una unità-coerenza tra agire e pensare. E richiede una interminabile e smisurata opera di educazione che diffonda modi di pensare improntati tutti al rispetto della vita e dei modi di pensare altrui”.
Questa opera educativa è purtroppo diventata, in molti casi, un richiamo retorico perché non mette in crisi gli attori coinvolti (genitori, docenti, educatori, pastori religiosi, mondo dei media, studenti, ecc). Non a caso Giannella fa notare: “Il classico esempio è un incontro antimafia all’università di Bari: quando parliamo il nostro pubblico, per lo più di studenti universitari è di fatto totalmente disattento”; mentre in altri contesti (in provincia e a Foggia) esiste: “una capacità di appassionarsi al tema antimafia molto diversa, un interesse fortissimo, ed una partecipazione in cui ricevo tante domande e mi chiedono di tornare”. Quindi il tessuto educativo e culturale è a macchia di leopardo. Ed è questo il primo elemento da considerare.
Se avviene ciò, vuol dire, come afferma Cotturri, seguendo Hannah Arendt, che il nodo fondamentale è “la unità-coerenza tra agire e pensare”. I falsi maestri, i sepolcri imbiancati, nell’educazione e in politica, hanno già fatto tanti danni non solo perché non c’è coerenza tra il loro agire e pensare; ma anche perché, di conseguenza, sono incapaci, come continua Cotturri, di risolvere le “tante, anzi tutte le contraddizioni attuali (culturali, storiche, economiche, sociali, di genere e religiose) che non possono essere negate ma devono essere iscritte in un modo di vedere l’umanità come pluralismo, differenza, particolarità, contraddittorietà e fragilità di ciascuno: la forza del genere sapiens sta nella capacità di accogliere tutto ciò trovando i modi di rendere compatibili e trasformare in ricchezza comune tutto questo”.
E in questa linea Giannella, basandosi sulla sua esperienza, riconosce come “mentre le mafie si adattano e si rinnovano, creando nuove strategie, investendo in affari sempre più di alto profilo; e mentre “loro” si incontrano e si confrontano, si alleano e pianificano, noi, da questa parte, continuiamo (salvo qualche eccezione) a procedere in ordine sparso. Tutto sembra affidato alla repressione delle forze dell’ordine e della magistratura, mentre politica, agenzie educative, associazioni, sociologi, criminologi, giuristi, esperti di vario genere stentano a dialogare tra loro e con i primi, fermi nella rispettiva convinzione di non dover tener conto che della propria competenza”.
Consolidare e riqualificare le forze sane, nella società e politica, è l’unico baluardo contro il male dilagante. Mounier scriveva che è la “sfida contro tutte le forze del mondo”, che “non può aprirsi la via che in questo corpo, in questa famiglia, in quest’ambiente, in questa classe, in questa patria, in quest’epoca”.
Rocco D’Ambrosio [presbitero, docente di filosofia politica, Pontificia Università Gregoriana, Roma; presidente di Cercasi un fine APS]
pubblicato su “la Repubblica Bari” del 27 lug 2025, p. 2