L’etica non stanca né si stanca, di Carlo De Nitti

L’etica, insegnava Aristotele, è il ‘mestiere di uomo’ e se l’uomo, come è vero, è essere vivente politico, πολιτικὸν ζῷον, l’etica è, per l’uomo, il modo corretto di vivere con gli altri nella città. polis. Tanto dice la fondamentale importanza dell’etica nella società ed, in particolare, dell’etica pubblica.

A questa tematica – lo stato attuale dell’etica pubblica – dedica la sua più recente fatica bibliografica Rocco D’Ambrosio – docente di filosofia politica presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma, ma anche presbitero dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto e fondatore dell’Associazione Cercasi un fine APS – L’etica stanca. Dialoghi sull’etica pubblica, editrice Studium (nella collana Theologica della Facoltà Teologica Pugliese).

Propedeutico alla scrittura del volume, quasi collettaneo, è stato l’ampio e serrato confronto, di cui il volume rende ampiamente ragione, che Rocco D’Ambrosio ha avuto con tante (ben cinquantuno) personalità eterogenee tra loro, appartenenti al laicato cattolico, pugliese e non solo. Lo scandaglio delle riflessioni dell’Autore e dei suoi interlocutori si snoda attraverso molteplici questioni dell’etica pubblica, illuminate mediante autori diversi (che si ritrovano anche nell’ampia bibliografia): esse sono consegnate all’Introduzioneed ai ventidue capitoli che compongono l’interessante volume di cui si discute in queste righe.

L’Autore collega il sostantivo ‘etica’ con la parola ‘stanca’, che è ancipite: verbo o aggettivo? Come dice apertis verbis nella sua Introduzione: “l’etica reste sempre necessaria, indispensabile, preziosa per diventare se stessi, ovunque e comunque. E ciò vale non solo per la singola persona ma anche per ogni famiglia, gruppo, organizzazione, comunità” (p. 11), per tutta la planetaria polis del XXI secolo: è il modo di stare al mondo, scrive Rocco D’Ambrosio, citando Salvatore Natoli, correttamente e nel totale rispetto delle persone, dei beni comuni, della natura o, a dirsi con diversa semantica, del Creato.

Anche in questo scenario, sempre cangiante nella società cosiddetta liquida, l’ontologia dell’uomo è la relazione ed il dialogo la sua cifra essenziale che lo porta a misurarsi in ogni momento con l’altro da sé e lo portano nella sfera pubblica: “relazioni e lavoro sono le vie maestre per entrare nella sfera pubblica e realizzare la propria maturità” (p. 30). Riecheggiano in queste parole, quelle dell’art. 2 della Costituzione della Repubblica: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. E’ l’etica che da privata diventa pubblica, è l’etica tout court, in un mondo, quale quello in cui oggi viviamo, nel quale estremamente labile è il confine tra le due dimensioni, con conseguente crisi delle relazioni interpersonali ed il ‘crollo dell’io’ (come Vincenzo Paglia intitolava, nel 2017, un suo omonimo volume) e delle responsabilità che lo contraddistinguono: “la responsabilità comporta la consapevolezza di un impegno assunto […] il me ne frego di fascista memoria è anche rafforzato spesso da quello che oggi va sotto il nome di cosìfantuttismo ” (pp. 54 – 57).

La responsabilità si può insegnare e diffondere solo con corretti stili educativi che D’Ambrosio riprende da Emmanuel Mounier: “i verbi uscire da sé, comprendere, prendere su di sé, dare, essere fedele” (p. 61) e si incarnano in quelle virtù (in questo volume appellate ‘abiti’) devono informare di sé uomini ed istituzioni, in primo luogo, educative. “In alcune istituzioni educative l’attenzione ai temi etici non esiste affatto […] a quale coerenza etica prepariamo la nostra gioventù se non abbiamo mai insegnato loro i principi etici fondanti del nostro Paese?” (p. 74). Il problema dell’etica, pubblica il nome, è anche paidetico.
Siccome gli uomini ed, in particolare, quelli che occupano lo spazio ed i posti pubblici, non sono naturalmente buoni (come pensava con illuministica ingenuità Jean Jacques Rousseau): “Nei confronti degli onesti, di qualunque provenienza culturale e religiosa che siano, le istituzioni corrotte mettono in atto vere e proprie strategie di esclusione alcuni casi, di eliminazione anche fisica, verso le persone dotate di solida capacità e di integrità morale […] la scelta di opporsi ai sistemi marci è una scelta di coscienza, è un’obiezione di coscienza” (pp. 78 – 79).

Una forma di indispensabile parresia:” chi critica o denuncia lo deve fare con cognizione di causa e con l’intento di migliorare le istituzioni o il gruppo che si sta criticando […] la parresia non sgorga dal cuore dalla mente se queste non vivono una condizione di libertà e fedeltà” (pp.108 – 109). Una fedeltà, argomenta Rocco D’Ambrosio, chi è per i cristiani non può che delinearsi come ” fedeltà a Dio e fedeltà all’uomo […] o, per usare un’espressione di Italo Mancini, si può parlare di fedeltà a Dio e fedeltà alla terra” (p. 112). Entrambe da vivere, da praticare e da insegnare, nei limiti del possibile, con umoristica leggerezza: “attraverso un uso particolare di energie mentali ed emotive, chi è dotato di senso dello humor crea nuove forme di comunicazione membri di una istituzione e aiuta questa a proteggersi dalle forze distruttive, rendendola, di fatto, più forte e più sana” (p. 133).

Chi scrive, persona di scuola da un quarantennio, non può non apprezzare e tenere nel massimo conto i riferimenti diffusi nel testo a Don Lorenzo Milani, soprattutto nelle “Indicazioni stradali …  per concludere” nel capitolo XXII. La metafora scheleriana dei ‘cartelli stradali’ dice che le indicazioni etiche legate all’agire etico vanno collegate attraverso mappe stradali. Compito dell’educazione e delle agenzie educative principali (le famiglie, le scuole di ogni ordine e grado) è connettere la conoscenza teorica con quella pratica ovvero, nel lessico scolastico corrente, le conoscenze con le competenze. E’ appena il caso di ricordare che, ci sono stati tempi (passati…) in cui gli allora Programmi scolastici ministeriali avevano capitoli e paragrafi sull’educazione morale, non necessariamente sovrapponibile con quella religiosa.

In questo senso. “l’impegno per una rinnovata etica pubblica (e personale) è un modo fondamentale per far muovere la macchina su percorsi chiari e stabili, verso un progresso degno di questo nome. Altrimenti cresceranno sempre più violenze, razzismi, sottosviluppo, tratta di persone, corruzione e guerre” (p. 186). È la chiarissima, palmare, descrizione del mondo che l’umanità sta vivendo in questo tornio di tempo: “È necessario il richiamo alla responsabilità personale riguardo alle cause dei mali del mondo: Spazio pubblico e di tutti e tutti sono chiamati ad adoperarsi non permettere che i mali attuali degenerino in forme ancora più orribili” (Ibidem).

Il nostro compito – di persone e di cittadini – non può che essere questo: “insegnare, studiare e incontrare […] formarsi e formare sono fenomeni complessi: è come costruire strade sicure ben realizzate che non crollino alla prima alluvione o sisma” (p. 188).
Libertà e fedeltà: libertà nella fedeltà e fedeltà nella libertà. A se stessi, ai propri principi etici, ai propri ideali, di solito, maturati in gioventù e da non abbandonare ….

L’etica non può né stancare né essere stanca.

Carlo De Nitti [dirigente scolastico, Bari]

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