Francesco: un sogno per il mondo, di Riccardo Cristiano

L’articolo pubblicato il 16 luglio da Avvenire a firma di padre Antonio Spadaro e intitolato “Bergoglio, romantico nell’oggi che non sogna” va letto e commentato da teologi, non da giornalisti generalisti come me.
Ma siccome non penso che sia rivolto soltanto ai credenti, ritengo che meriti una lettura esterna, per l’importanza che traspare a chiunque avverta la pericolosità di questo mondo senza sogni.
Questo ovviamente non vuol dire che l’articolo scalfisca l’importanza della relazione tra fede e ragione, al contrario. Ma c’è dell’altro, anch’esso importante.
Perché Papa Francesco è stato il leader morale globale: perché ha suscitato emozioni profonde sia in chi lo ha apprezzato (dentro e fuori la Chiesa), sia in chi lo ha respinto (dentro e fuori la Chiesa)? Mi sembra che questo articolo consenta di coglierlo con chiarezza: perché si è rivolto al cuore dell’uomo, che è lo stesso cuore sia per chi crede sia per chi non crede, forse meglio dire per chinon sa”.
Scrive padre Spadaro: “Il suo discernimento, cuore della spiritualità gesuitica, si esercita ascoltando le mozioni interiori: da dove vengono? Portano alla vita o alla morte? Alla verità o all’inganno? L’ombra, qui, non è negata, ma attraversata. Il dubbio non è condannato, ma accolto come passaggio. È un pensiero che accetta il conflitto, non per celebrarlo, ma per non ignorarlo, La verità, avverte Francesco, non si dà senza il turbamento del cuore, La vita spirituale è un tango. E soprattutto: non si dà senza passione. Ecco: Francesco è stato un papa “romantico”, opponendosi all’illuminismo di una fede che fa pendant esclusivamente con la ragione”.
Questo mi sembra uno dei punti decisivi. Nel ragionamento di certo illuminismo oggi caro a molti estranei al mondo della fede si finisce inevitabilmente nel pensiero unico, perché l’assunto da cui lì si parte è che tutte le domande hanno una risposta giusta, una sola, e tutte devono risultare coerenti tra di loro, pena il nostro finire nel caos.
Così l’utopia universalista che propugna questo razionalismo diviene assolutista, e l’uomo si rifugia per uscirne nell’irrazionalismo di certo romanticismo nostalgico di tradizioni eterne e nazionaliste o votato ai salti individualisti nella sopraffazione, o nel dandismo.
La cura può essere peggiore del male, ma è il male che bisogna curare – e il male è nel ritenere che esista una formula definitiva per indicare a tutti, ovunque si trovino, la stessa ricetta sempre e per tutti valida per la felicità.
Il romanticismo di papa Francesco invece è quello sano, che alla fine del suo articolo Spadaro indica citando un suo discorso decisivo, quello in cui ha presentato le sue tre “i”: inquietudine, incompletezza, immaginazione.
Ragionando tra cattolici l’inquietudine attribuita a un papa ha colpito; un tempo il papa infatti era il “pastor angelicus”, ora è inquieto? È una domanda che ho letto, quasi Francesco inserisse il seme di dubbio nella precedente seraficità.
Ma lo stesso discorso vale per un certo tipo di illuminista, di razionalista, di non credente: come farà, pur magari innamorato della mia stessa utopia universalista, a non condurla nella peggiore distopia se nega la possibilità di sentirsi inquieti, avvertendo l’immodificabile necessità di seguire un pensiero così rigido da rendere tutti felici allo stesso identico modo, con un pensiero cioè completissimo nella sua rigidità, privo di qualsiasi inquietudine perché sono le idee a fare la realtà, non il contrario, e indifferente all’immaginazione perché è tutto già detto, immaginato, chiarito? Come le scienze hanno accertato le leggi fisiche, le scienze sociali accerteranno le leggi dell’uomo, senza dubbio alcuno.
Tornare a sognare è l’unico modo per tornare a essere convintamente uomini, credenti o non credenti, uomini fatti di carne e ossa, quindi con un cuore.
Nell’antichità la meta agognata era alle nostre spalle, come il ritorno per Ulisse, ad esempio. Poi è stata posta nel futuro; l’unico modo per portarla nel presente è sapere che l’utopia è irrealizzabile, è un dato tendenziale, che viene però dal cuore dell’uomo.
Il papa romantico per me ha aiutato credenti e non credenti a scoprirsi più simili di quel che pensano di essere, trovando le espressioni poetiche per rivolgersi ai cuori di entrambi. Questo ha creato la sua leadership morale globale, sebbene ovviamente quelli che chiamo opposti estremismi o integralismi, laicisti e ecclesiali, lo hanno percepito come una minaccia.
Avendo questa opinione, o percezione, mi colpisce quanto afferma padre Spadaro al riguardo di un autore notoriamente molto amato da Francesco, Dostoevskij: “ci far capire che la razionalità, se non scaldata dal cuore, può diventare ferocia. E anche la fede, se privata dell’amore, si fa ideologia”.
La novità di Francesco non è finita con Francesco, e soprattutto a me sembra indispensabile per sperare di poter contribuire a creare un mondo migliore.

settimananews.it/papa/francesco-un-sogno-per-il-mondo/

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