Va fermato l’uso iniquo della fame come arma di guerra, di Robert Prevost

Messaggio di Leone XIV ai partecipanti alla 44.ma sessione della conferenza Fao; segue testo originale in lingua spagnola:

Fermare l’uso iniquo della fame come arma di guerra: questo il forte appello di Leone XIV contenuto nel messaggio indirizzato ai partecipanti alla 44a sessione della conferenza Fao in corso a Roma dal 28 giugno al 4 luglio.

Signor Presidente,
 Signor Direttore generale
 della FAO,
 Eccellenze, 
Illustri signore e signori,

Ringrazio di cuore per avermi dato l’opportunità di rivolgermi per la prima volta all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), che quest’anno celebra l’ottantesimo anniversario della sua fondazione. Saluto cordialmente tutti i partecipanti a questo quarantaquattresimo periodo di sessioni della Conferenza, il suo organo direttivo supremo, e in particolare il Direttore generale, il signor Qu Dongyu, ringraziando per il lavoro che l’Organizzazione svolge quotidianamente per cercare risposte adeguate al problema dell’insicurezza alimentare e della malnutrizione, che continua a rappresentare una delle sfide più grandi del nostro tempo.
La Chiesa incoraggia tutte le iniziative volte a porre fine allo scandalo della fame nel mondo, facendo propri i sentimenti del suo Signore, Gesù, il quale, come narrano i Vangeli, nel vedere che una grande folla si avvicinava a Lui per ascoltare la sua parola, si preoccupò prima di tutto di darle da mangiare e per questo chiese ai discepoli di farsi carico del problema, benedicendo con abbondanza gli sforzi compiuti (cfr. Gv 6, 1-13). Tuttavia, quando leggiamo la narrazione di quella che comunemente viene chiamata la “moltiplicazione dei pani” (cfr. Mt 14, 13-21; Mc 6, 30-44; Lc 9, 12-17; Gv 6, 1-13), ci rendiamo conto che il vero miracolo compiuto da Cristo è stato di mettere in evidenza che la chiave per sconfiggere la fame sta più nel condividere che nell’accumulare avidamente. Cosa che oggi forse abbiamo dimenticato perché, sebbene siano stati compiuti passi importanti, la sicurezza alimentare mondiale non smette di deteriorarsi, il che rende sempre più improbabile il conseguimento dell’obiettivoFame zero” dell’agenda 2030. Ciò significa che siamo lungi dal compimento del mandato che, nel 1945, diede origine a questa istituzione intergovernativa.
Ci sono persone che soffrono crudelmente e anelano a vedere soddisfatti i loro tanti bisogni. Sappiamo bene che da sole non possono soddisfarli. La tragedia costante della fame e della malnutrizione diffuse, che oggi persiste in molti Paesi, è ancora più triste e vergognosa quando ci rendiamo conto che, sebbene la terra sia capace di produrre alimenti sufficienti per tutti gli esseri umani, e nonostante gli impegni internazionali in materia di sicurezza alimentare, purtroppo tanti poveri del mondo continuano a non avere il nostro pane quotidiano.
D’altro canto, oggi assistiamo desolati all’uso iniquo della fame come arma di guerra. Far morire di fame la popolazione è un modo molto economico di fare la guerra. Per questo oggi, quando la maggior parte dei conflitti non viene combattuta da eserciti regolari, ma da gruppi di civili armati con scarse risorse, bruciare le terre, rubare il bestiame, bloccare gli aiuti, sono tattiche sempre più utilizzate da quanti intendono controllare intere popolazioni inermi. Così, in questo tipo di conflitti, i primi obiettivi militari diventano le reti di approvvigionamento idrico e le vie di comunicazione. Gli agricoltori non possono vendere i loro prodotti in ambienti minacciati dalla violenza e l’inflazione sale alle stelle. Ciò fa sì che ingenti quantità di persone soccombano al flagello dell’inedia e periscano, con l’aggravante che, mentre i civili deperiscono per la miseria, le élites politiche s’ingrassano con la corruzione e l’impunità. È quindi ora che il mondo adotti limiti chiari, riconoscibili e condivisi per sanzionare questi soprusi e perseguire i loro responsabili e i loro esecutori.
Rimandare una soluzione a questo lacerante panorama non sarà d’aiuto; al contrario, le angosce e le carenze dei bisognosi continueranno ad accumularsi, rendendo il cammino ancora più duro e intricato. Pertanto, è perentorio passare dalle parole ai fatti, mettendo al centro misure efficaci che consentano a queste persone di guardare al loro presente e al loro futuro con fiducia e serenità, e non solo con rassegnazione, mettendo così fine all’epoca degli slogan e delle promesse ingannevoli. A tale riguardo, non dobbiamo dimenticare che prima o poi dovremo rendere conto alle generazioni future, che riceveranno un’eredità di ingiustizie e di disuguaglianze, se ora non agiamo con buonsenso.
Le crisi politiche, i conflitti armati e le perturbazioni economiche svolgono un ruolo centrale nell’aggravarsi della crisi alimentare, ostacolando gli aiuti umanitari e compromettendo la produzione agricola locale, negando così non solo l’accesso al cibo ma anche il diritto di condurre una vita dignitosa e piena di opportunità. Sarebbe un errore fatale non curare le ferite e le fratture provocate da anni di egoismo e di superficialità. Inoltre, senza pace e senza stabilità non sarà possibile garantire sistemi agroalimentari resilienti, né assicurare un’alimentazione sana, accessibile e sostenibile per tutti. Nasce da qui il bisogno di un dialogo, dove le parti coinvolte abbiano la volontà non solo di parlarsi, ma anche di ascoltarsi, di comprendersi reciprocamente e di agire congiuntamente. Non mancheranno gli ostacoli ma, con senso di umanità e di fraternità, i risultati non potranno che essere positivi.
I sistemi alimentari hanno una grande influenza sul cambiamento climatico e viceversa. L’ingiustizia sociale provocata dalle catastrofi naturali e dalla perdita della biodiversità deve essere invertita per realizzare una transizione ecologica giusta, che metta al centro l’ambiente e le persone. Per proteggere gli ecosistemi e le comunità meno avvantaggiate, tra le quali ci sono i popoli indigeni, occorre una mobilitazione di risorse da parte dei Governi, di enti pubblici e privati, di organismi nazionali e locali, affinché si adottino strategie che diano la priorità alla rigenerazione della biodiversità e della ricchezza del suolo. Senza un’azione climatica decisa e coordinata, sarà impossibile garantire sistemi agroalimentari capaci di alimentare una popolazione mondiale in crescita. Produrre alimenti non basta, è anche importante garantire che i sistemi alimentari siano sostenibili e forniscano regimi nutrizionali sani e accessibili a tutti. Si tratta, quindi, di ripensare e di rinnovare i nostri sistemi alimentari, in una prospettiva solidale, superando la logica dello sfruttamento selvaggio del creato e orientando meglio il nostro impegno a coltivare e a custodire l’ambiente e le sue risorse, per garantire la sicurezza alimentare e avanzare verso una nutrizione sufficiente e sana per tutti.
Signor Presidente, nel momento presente assistiamo all’enorme polarizzazione delle relazioni internazionali a causa delle crisi e dei conflitti in atto. Risorse finanziarie e tecnologiche innovative a favore dello sradicamento della povertà e della fame nel mondo vengono deviate per destinarle alla fabbricazione e al commercio di armi. In tal modo, si fomentano ideologie discutibili e al contempo si assiste al raffreddarsi delle relazioni umane, il che svilisce la comunione e allontana la fraternità e l’amicizia sociale.
Che diventiamo artigiani di pace, lavorando in tal senso per il bene comune, non è mai stato così improrogabile come ora, poiché favorisce tutti e non solo pochi, tra l’altro sempre gli stessi. Per garantire la pace e lo sviluppo, inteso come miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni che soffrono la fame, la guerra e la povertà, sono necessarie azioni concrete, radicate in approcci seri e lungimiranti. Occorre quindi mettere da parte le retoriche sterili per appianare, con ferma volontà politica, come ha detto Papa Francesco, «i contrasti per favorire un clima di reciproca collaborazione e fiducia per il soddisfacimento di comuni bisogni» (Discorso ai membri del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 9 gennaio 2023).
Signore e signori, nella realizzazione di questa nobile causa, desidero assicurare che la Santa Sede sarà sempre al servizio della concordia tra i popoli e non si stancherà di cooperare al bene comune della famiglia delle nazioni, tenendo particolarmente conto degli esseri umani più provati, che soffrono la fame e la sete, e anche di quelle regioni remote che non riescono a rialzarsi dalla loro prostrazione a causa dellindifferenza di quanti dovrebbero avere come emblema nella propria vita l’esercizio di un’incessante solidarietà. Con questa speranza, e facendomi portavoce di quanti nel mondo si sentono lacerati dall’indigenza, chiedo a Dio Onnipotente che i vostri lavori siano colmi di frutti e vadano a beneficio dei più deboli e dell’intera umanità.
Vaticano, 30 giugno 2025
LEONE PP. XIV

osservatoreromano.va/it/news/2025-07/quo-149/va-fermato-l-uso-iniquo-della-fame-come-arma-di-guerra.html

Señor Presidente,
Señor Director General de la FAO,
Excelencias,
Ilustres señoras y señores:

Agradezco de corazón haberme dado la oportunidad de dirigirme por vez primera a la Organización de las Naciones Unidas para la Alimentación y la Agricultura (FAO), que este año cumple el octogésimo aniversario de su fundación. Saludo cordialmente a todos los que participan en este cuadragésimo cuarto período de sesiones de la Conferencia, su órgano rector supremo, y, en particular, al Director General, el señor Qu Dongyu, agradeciendo la labor que realiza diariamente la Organización para buscar respuestas adecuadas al problema de la inseguridad alimentaria y la malnutrición, que sigue representando uno de los mayores desafíos de nuestro tiempo.
La Iglesia alienta todas las iniciativas para poner fin al escándalo del hambre en el mundo, haciendo suyos los sentimientos de su Señor, Jesús, quien, como narran los Evangelios, al ver que una gran multitud se acercaba a Él para escuchar su palabra, se preocupó ante todo de darles de comer y para ello pidió a los discípulos que se hicieran cargo del problema, bendiciendo con abundancia los esfuerzos realizados (cf.Jn6,1-13). Sin embargo, cuando leemos la narración de lo que comúnmente se denomina la “multiplicación de los panes” (cf.Mt14,13-21;Mc6,30-44;Lc9,12-17;Jn6,1-13), nos damos cuenta de que el verdadero milagro realizado por Cristo consistió en poner de manifiesto que la clave para derrotar el hambre estriba más en el compartir que en el acumular codiciosamente. Algo que quizás hoy hemos olvidado porque, aunque se hayan dado algunos pasos relevantes, la seguridad alimentaria mundial no deja de deteriorarse, lo que vuelve cada vez más improbable la consecución del objetivo de “Hambre cero” de la Agenda 2030. Esto significa que estamos lejos de que se cumpla el mandato que dio origen en 1945 a esta institución intergubernamental.
Hay personas que padecen cruelmente y ansían ver solucionadas sus muchas necesidades. Sabemos bien que por ellas mismas no pueden resolverlas. La tragedia constante del hambre y la malnutrición generalizadas, que persiste en muchos países hoy en día, es aún más triste y vergonzosa cuando nos damos cuenta de que, aunque la tierra es capaz de producir alimentos suficientes para todos los seres humanos, y a pesar de los compromisos internacionales en materia de seguridad alimentaria, es lamentable que tantos pobres del mundo sigan careciendo del pan nuestro de cada día.
Por otra parte, en la actualidad asistimos desolados al inicuo uso del hambre como arma de guerra. Matar de hambre a la población es una forma muy barata de hacer la guerra. Por eso hoy, cuando la mayoría de los conflictos no los libran ejércitos regulares sino grupos de civiles armados con pocos recursos, quemar tierras, robar ganado, bloquear la ayuda son tácticas cada vez más utilizadas por quienes pretenden controlar a poblaciones enteras inermes. Así, en este tipo de conflictos, los primeros objetivos militares pasan a ser las redes de suministro de agua y las vías de comunicación. Los agricultores no pueden vender sus productos en entornos amenazados por la violencia y la inflación se dispara. Esto conduce a que ingentes cantidades de personas sucumban al flagelo de la inanición y perezcan, con el agravante de que, mientras los civiles enflaquecen por la miseria, las cúpulas políticas engordan con la corrupción y la impunidad. Por eso es hora de que el mundo adopte límites claros, reconocibles y consensuados para sancionar estos atropellos y perseguir a los causantes y ejecutores de los mismos.
Postergar una solución a este lacerante panorama no ayudará; al contrario, las angustias y penurias de los menesterosos seguirán acumulándose, haciendo el camino aún más duro e intrincado. Por lo tanto, es perentorio pasar de las palabras a los hechos, poniendo en el centro medidas eficaces que permitan a estas personas mirar su presente y su futuro con confianza y serenidad, y no solo con resignación, dando así por zanjada la época de los eslóganes y las promesas embaucadoras. Al respecto, no debemos olvidar que tarde o temprano tendremos que dar explicaciones a las futuras generaciones, que recibirán una herencia de injusticias y desigualdades si no actuamos ahora con sensatez.
Las crisis políticas, los conflictos armados y las perturbaciones económicas juegan un papel central en el empeoramiento de la crisis alimentaria, dificultando la ayuda humanitaria y comprometiendo la producción agrícola local, negando así no solo el acceso a los alimentos sino también el derecho de llevar una vida digna y llena de oportunidades. Sería un error fatal no curar las heridas y fracturas provocadas por años de egoísmo y superficialidad. Además, sin paz y estabilidad no será posible garantizar sistemas agroalimentarios resilientes, ni asegurar una alimentación saludable, accesible y sostenible para todos. De ahí nace la necesidad de un diálogo, donde las partes implicadas tengan no solo la voluntad de hablarse, sino también de escucharse, de comprenderse mutuamente y de actuar de forma mancomunada. No faltarán los obstáculos, pero con sentido de humanidad y fraternidad, los resultados no podrán ser sino positivos.
Los sistemas alimentarios tienen una gran influencia en el cambio climático, y viceversa. La injusticia social provocada por las catástrofes naturales y la pérdida de biodiversidad debe revertirse para lograr una transición ecológica justa, que ponga en el centro al medio ambiente y a las personas. Para proteger los ecosistemas y a las comunidades menos favorecidas, entre las que se hallan los pueblos indígenas, se necesita una movilización de recursos por parte de los Gobiernos, de entidades públicas y privadas, de organismos nacionales y locales, de manera que se adopten estrategias que prioricen la regeneración de la biodiversidad y la riqueza del suelo. Sin una acción climática decidida y coordinada, será imposible garantizar sistemas agroalimentarios capaces de alimentar a una población mundial en crecimiento. Producir alimentos no es suficiente, también es importante garantizar que los sistemas alimentarios sean sostenibles y proporcionen dietas sanas y asequibles para todos. Se trata, pues, de repensar y renovar nuestros sistemas alimentarios, en una perspectiva solidaria, superando la lógica de la explotación salvaje de la creación y orientando mejor nuestro compromiso de cultivar y cuidar el medio ambiente y sus recursos, para garantizar la seguridad alimentaria y avanzar hacia una nutrición suficiente y saludable para todos.
Señor Presidente, en la hora presente, asistimos a la descomunal polarización de las relaciones internacionales por causa de las crisis y los enfrentamientos existentes. Se desvían recursos financieros y tecnologías innovadoras en aras de la erradicación de la pobreza y el hambre en el mundo para dedicarlos a la fabricación y el comercio de armas. De este modo, se fomentan ideologías cuestionables al tiempo que se registra el enfriamiento de las relaciones humanas, lo cual envilece la comunión y ahuyenta la fraternidad y la amistad social.
Nunca antes ha sido tan inaplazable como ahora que nos convirtamos en artesanos de la paz trabajando para ello por el bien común, por lo que favorece a todos y no solamente a unos pocos, por lo demás siempre los mismos. Para garantizar la paz y el desarrollo, entendido como la mejora de las condiciones de vida de las poblaciones que sufren el hambre, la guerra y la pobreza, son necesarias acciones concretas, arraigadas en planteamientos serios y con visión de futuro. Por lo tanto, hay que dejar al margen retóricas estériles para, con firme voluntad política, como dijo el Papa Francisco, allanar «las divergencias para favorecer un clima de colaboración y confianza recíprocas para la satisfacción de las necesidades comunes» [1].
Señoras y señores, para alcanzar esta noble causa, deseo asegurar que la Santa Sede estará siempre al servicio de la concordia entre los pueblos y no se cansará de cooperar al bien común de la familia de las naciones, teniendo especialmente en cuenta a los seres humanos más probados, que pasan hambre y sed, y también a aquellas regiones remotas, que no pueden levantarse de su postración debido a la indiferencia de cuantos deberían tener como emblema en su vida el ejercicio de una solidaridad sin fisuras. Con esta esperanza, y haciéndome portavoz de cuantos en el mundo se sienten desgarrados por la indigencia, pido a Dios Todopoderoso que vuestros trabajos se vean colmados de frutos y redunden en beneficio de los desvalidos y de la entera humanidad.
Vaticano, 30 de junio de 2025
LEÓN PP. XIV
[1] Discurso a los miembros del Cuerpo diplomático acreditado ante la Santa Sede (9 enero 2023).

[00838-ES.01] [Texto original: Español]
https://press.vatican.va/content/salastampa/it/bollettino/pubblico/2025/06/30/0460/00838.html

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