«Il voto è la nostra rivolta. Democratica. Mettere una croce è la cosa più semplice e rivoluzionaria che possiamo fare». Il segretario della Cgil Maurizio Landini continua a girare per l’Italia per sostenere i suoi 4 referendum. «Vedo una grande partecipazione, l’obiettivo del quorum non è campato in aria, è possibile raggiungerlo. Dobbiamo continuare così, a informare».
La prima critica è la comprensibilità stessa dei quesiti referendari. Totalmente incomprensibili.
«All’apparente complessità delle norme contrapponiamo l’assoluta concretezza dei problemi che vogliamo risolvere attraverso l’abrogazione di leggi sbagliate che hanno reso il lavoro precario, povero e mortale. Noi vogliamo un lavoro stabile, sicuro, con salari dignitosi, che rafforzi la democrazia favorendo la partecipazione e la cittadinanza attiva. Per spiegare questa concretezza devi stare tra le persone, nelle piazze e nei luoghi di lavoro, costruendo legami sociali con mondi e culture anche diverse dalla nostra».
Quali cambiamenti strutturali si produrrebbero per lavoratori e imprese in caso di vittoria dei sì?
«Innanzitutto, milioni di lavoratrici e di lavoratori e le nuove generazioni riconquisterebbero una tutela contro i licenziamenti ingiusti e illegittimi più forte, sia nelle piccole che nelle grandi aziende, supererebbero la condizione di precarietà permanente, otterrebbero maggiore sicurezza nei luoghi di lavoro. Inoltre, sarebbe un enorme segnale di cambiamento per tutta quella politica che in questi anni ha assunto prioritariamente il mercato, la finanza, il taglio della spesa pubblica, producendo così un aumento delle disuguaglianze, una concentrazione della ricchezza in mano a pochi e una riduzione degli investimenti senza precedenti».
Secondo i sostenitori del no il reintegro dei dipendenti licenziati ingiustamente è già previsto grazie a modifiche al Jobs Act della Consulta e del governo Conte. La protezione riguarderebbe solo i licenziamenti collettivi (una parte minima dei licenziamenti economici). Effetti assai modesti, insomma.
«Si sbagliano. Oggi non è previsto il reintegro in caso di licenziamento individuale non solo nei licenziamenti collettivi, ma anche per motivi economici-organizzativi, in molti licenziamenti disciplinari, persino in occasione dei licenziamenti durante i periodi di malattia. Mi sento di dire che chi non vuole cambiare quelle norme non fa l’interesse dei lavoratori, ma di quelle aziende che anziché investire sulle persone, sulla loro intelligenza e su modelli organizzativi più cooperativi e partecipativi, utilizzano invece lo strumento del licenziamento come minaccia».
La segretaria della Cisl Fumarola sostiene che pur toccando temi rilevanti, i quesiti sono antistorici e non offrono soluzioni efficaci ai problemi strutturali del lavoro in Italia.
«Di antistorico vedo solo una precarietà dilagante, delle leggi che condannano i giovani ad avere meno diritti di chi li ha preceduti. Se il nostro è uno dei Paesi con i più bassi salari d’Europa è anche perché si è scelto di ridurre per via legislativa l’insieme delle tutele del mondo del lavoro, si è scelto di competere sul costo del lavoro piuttosto che sull’innovazione.
Con la vittoria dei sì in alcuni casi si avrebbero effetti controproducenti: si ridurrebbe il limite massimo dell’indennizzo da 36 a 24 mensilità.
«Provate a chiedere a un lavoratore licenziato ingiustamente se preferisce essere reintegrato nel suo posto di lavoro o preferisce essere licenziato con un indennizzo. La Cgil si batte affinché il lavoro non sia ridotto a una merce».
Per il quarto quesito è ragionevole imporre all’impresa committente un rischio sul quale essa non ha alcuna competenza tecnica?
«La maggior parte degli infortuni e delle morti sul lavoro avviene perché c’è un sistema malato di fare impresa, che si fonda su appalti e subappalti, dove prevale la logica del profitto e dello sfruttamento del lavoro. Il nostro obiettivo, operando sulla prevenzione, è quello di zero morti sul lavoro. Con il referendum chiediamo che la responsabilità civile solidale in materia di salute e sicurezza, su tutta la catena degli appalti, rimanga in capo alle imprese committenti».
C’è chi sostiene che con i referendum la Cgil ha aumentato la frattura dell’unità sindacale. Come risponde?
«Contrastare la precarietà, estendere gli stessi diritti a tutte le persone che per vivere devono lavorare significa ricostruire le condizioni per una cultura e una pratica della solidarietà. Senza la quale non può esistere né il sindacato né l’unità di tutto il mondo del lavoro».
Le piace il nuovo papa Leone XIV? Che ne pensa della sua ispirazione a Leone XIII, il pontefice della Rerum Novarum?
«Ho molto apprezzato il pontificato di papa Francesco e ho trovato le prime parole di papa Leone XIV in continuità con quelle del suo predecessore. Il richiamo al disarmo e alla pace innanzitutto, tema sul quale ci troviamo in perfetta sintonia con il mondo cattolico. Il richiamo alla Rerum Novarum, che conosco, ai temi sociali e al rapporto tra il lavoro e le nuove tecnologie digitali sono molto importanti e rappresentano anche la nostra missione quotidiana».
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