Si erano dimenticati di santa Caterina. Nella lodevole ansia di proclamare il giorno di Francesco festa nazionale, avevano scordato che il 4 ottobre si celebrava pure Caterina, con la formula della solennità civile. Bene ha fatto Mattarella a richiamare l’attenzione delle Camere: l’evento va uniformato; che sia festa nazionale per entrambi, il santo e la santa, il patrono e la patrona.
Applicare le categorie del presente al Medioevo è sempre pericoloso; tanto più chiedersi cosa avrebbe fatto un personaggio in certe circostanze. Per una volta, però, non è peregrino pensare che san Francesco sia felicissimo di dividere la sua festa con santa Caterina. Per capire Francesco occorre andare ad Assisi. Il santo nacque, visse e riposa nel cuore d’Italia, l’Umbria; ma l’Italia la girò tutta, fu a Venezia e ad Arezzo, a Bologna e a Roma, ad Ancona e a Firenze… Ma è ad Assisi che si coglie lo spirito di un santo che pensava e scriveva in italiano prima che esistesse l’Italia, che amava tutte le creature, che pensava che l’intera creazione fosse connessa, gli esseri umani con gli animali, i fiori, gli alberi e i quattro elementi, acqua aria terra fuoco: tutti fratelli e sorelle, financo la morte; nessuno si salva da solo, nessuno muore per sempre.
Soprattutto, Francesco accolse Chiara da pari a pari, e considerava le donne uguali agli uomini, in un tempo in cui erano sempre proprietà di un uomo, prima il padre poi il marito, e si discuteva se avessero o no l’anima. Allo stesso modo, per capire Caterina occorre andare a Siena. La santa è l’unico personaggio dell’Oca che viene rispettato da tutti, pure dalla Torre. Dalle suore e dalle rocker come Gianna Nannini, che le è devotissima. Se il Papa è a Roma, se l’Italia è il cuore della cristianità, se il nostro Paese ha una missione universale, lo si deve a lei, che convinse il Pontefice a lasciare Avignone e l’influenza francese per valicare le Alpi e tornare nella Città Eterna; e all’epoca l’idea che una donna dicesse a un sovrano assoluto cosa dovesse fare era temeraria prima che rivoluzionaria.
Attorno a Francesco e a Caterina è fiorito un meraviglioso culto popolare, arricchito da tradizioni, leggende e miracoli di fede. Francesco fu il primo uomo a ricevere le stimmate, le ferite di Gesù, anche se non ne parlò mai. Pure a Caterina sono attribuite le stimmate; ma lei avrebbe chiesto e ottenuto che non fossero visibili, per non trarne vanagloria. Anche per i non credenti o per gli agnostici, tuttavia, da entrambi i nostri santi viene un segnale di profonda fiducia nell’umanità e nella creazione. Ne abbiamo così bisogno, in un tempo in cui la creazione rischia di essere distrutta dalle guerre, dal cambio climatico, dal mondo post-umano delle biotecnologie e dell’intelligenza artificiale.
Se l’Italia è importante nel mondo non è solo per le cose buone e belle, ma perché nell’autunno nel Medioevo nacque tra Assisi e Siena, tra Firenze e Roma l’idea dell’umanesimo cristiano: ogni uomo è il centro del mondo, ogni uomo ha un rapporto diretto con Dio, davanti a Dio tutti gli uomini sono uguali, ogni uomo — e ogni donna — ha una dignità che va sempre rispettata. Uomini e donne alla pari: un’idea che san Francesco praticava otto secoli fa è diventata legge dello Stato soltanto nel 1975. Se oggi dovesse condividere la sua festa con una donna, Francesco ne sarebbe, anzi ne è, profondamente rallegrato. Forse è proprio questa la «perfetta letizia», la gioia assoluta, la felicità che aveva cercato per tutta la vita.
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