Un settennato per la cittadinanza, di Giovanni Moro
Mentre l'attenzione di questi giorni è concentrata sulla elezione del nuovo (e magari nuova) Presidente della Repubblica, è utile una riflessione sul settennato appena concluso. Ecco di cosa si tratta, molto semplicemente: ritengo che la principale novità della presidenza di Sergio Mattarella stia nel fatto che egli ha incorporato nelle responsabilità costituzionali del Quirinale la cura per lo stato e lo sviluppo della cittadinanza in Italia.
Per evitare di confondere questo ruolo con la comunicazione esortativa tipica della carica, occorre precisare che la cittadinanza va guardata come un essenziale dispositivo di inclusione, coesione e sviluppo della comunità politica, che si regge su diversi pilastri: l'appartenenza come status legale e sociale e come senso di identità; i diritti con i correlati doveri; la partecipazione dei cittadini all'orientamento e al funzionamento della vita comune. È questo dispositivo che, nelle forme che abbiamo ereditato, è da tempo in difficoltà, come ci dicono, ad esempio, l'indebolimento dei legami sociali o le crescenti diseguaglianze connesse all'abbandono dei diritti; le trasformazioni nel lavoro o la sfiducia dei cittadini verso le classi dirigenti.
Il punto è che tutti si preoccupano di questi problemi, ma nessuno si occupa della questione generale che ad essi è sottesa. Certo, ci sono leggi e disposizioni governative su specifici aspetti, come ad esempio il diritto alla salute o la concessione dello status legale agli stranieri. Ma la cittadinanza è un dispositivo generale, che oltretutto non è definito solo da provvedimenti istituzionali ma anche dal modo in cui i cittadini stessi la utilizzano. È questo il presidio che manca e di cui c'è invece il massimo bisogno in una fase di alti rischi e profonde trasformazioni; o, per dirla diversamente, nel momento in cui occorre ridefinire quella italiana come una "comunità di destino".
È proprio di questo che Sergio Mattarella si è occupato sin dall'inizio. Seguendo questo filo rosso lungo il settennato si possono trovare, ad esempio, discorsi e iniziative sull'attribuzione dello status legale di cittadini alle seconde generazioni di immigrati; sulla eguaglianza di status sociale delle persone con disabilità o, a tutt'altro titolo, delle donne e dei giovani; su Internet come nuovo spazio pubblico, con le sue opportunità oltre che rischi; sul riconoscimento della base sempre più multiculturale e multireligiosa della identità italiana; sull'attenzione a diritti abbandonati come quelli alla sicurezza sul lavoro o alla salute mentale; sull'esercizio di doveri come necessario complemento dei diritti, guardando a chi li esercita anziché dolendosi per chi non lo fa; sulla centralità di forme di partecipazione alla vita pubblica diverse da quelle previste, come nel caso dell'attivismo civico.
Va da sé che Mattarella ha impiegato gli strumenti a disposizione del Quirinale: messaggi, discorsi e dichiarazioni; visite, incontri, presenza in eventi; conferimento di premi e onorificenze. Ma è il modo in cui li ha usati che è rimarchevole: ad esempio con l'assegnazione di riconoscimenti a ragazze e ragazzi minorenni che si sono distinti nel corso dell'anno per atti di civismo; o con il dialogo pubblico con i principali youtuber italiani; o con l'incontro con le associazioni sportive aperte a giovani rifugiati e richiedenti asilo.
Egli, cioè, ha operato nei limiti delle sue prerogative per compiere atti di rappresentazione, riconoscimento e legittimazione di situazioni, condizioni, soggetti e azioni, avendo in mente la cittadinanza come base della vita comune, da "restaurare e reinventare" con il necessario concorso di tutti.
In questo senso Sergio Mattarella ha aggiunto un nuovo ruolo alla presidenza della Repubblica, certo nell'ambito del ruolo di rappresentanza dell'unità nazionale previsto dalla Costituzione, ma al di là di quanto fatto dai suoi predecessori. Non è stato un "amico del popolo", ma un leader costituzionale che in quanto tale si è preso cura della cittadinanza comune. È difficile, anzi è impossibile, prevedere se la persona che sarà chiamata a succedergli confermerà questa responsabilità come uno specifico ruolo del Quirinale. Davvero però ce ne sarebbe bisogno.
https://www.repubblica.it/commenti/2022/01/20/news/moro-334583609/