Tangenti: così fan tutti (ma solo dove regna la corruzione), di Alberto Statera
Senza certi comportamenti, all'estero non si vende nulla", dove "comportamenti" sta per tangenti. Questo è lo slogan enunciato da Berlusconi, che nel suo schieramento vanno ripetendo come un mantra negli ultimi giorni di campagna elettorale, dinanzi agli scandali di Finmeccanica-Agusta e Eni-Saipem. Antica convinzione del Cavaliere, per la verità non solo per gli ostici mercati internazionali, ma anche per quelli nostrani, visto che già tanti anni fa confessò candidamente che quando faceva il palazzinaro non avrebbe costruito neanche una monocamera a Milano se non si fosse presentato con la mazzetta "in bocca" (disse proprio così). Ergo, i magistrati e la stampa, che oggi "perseguitano" i più grandi gruppi nazionali per le stecche pagate all'estero, lavorano contro il loro paese e la sua economia. Smettano perciò d'impancarsi a verginelle e lascino lavorare i "campioni nazionali" come la Finmeccanica e l'Eni, che rischiano di perdere commesse per miliardi di dollari. Che il mercato degli armamenti nel quale opera la Finmeccanica sia particolarmente opaco e corrotto in quasi tutto il mondo dal sistema consolidato delle tangenti, è un fatto indiscutibile. Tanto che Transparency International ha stilato una classifica della corruzione nel settore industriale della difesa, giungendo alla conclusione che sugli 82 stati esaminati 57 sono ad alto rischio o addirittura in situazione critica. Tra questi, 19 sono in Africa e in Medio Oriente e vedono ai vertici Algeria, Egitto, Libia, Siria e Yemen. Altri 36 paesi sono tutt'altro che virtuosi. E tra questi, naturalmente, figura l'Italia, cui è attribuita una corruzione più o meno media. L'indice a livello C, ci colloca insieme a Brasile, Bulgaria, Colombia, Cile, Croazia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia. Meglio di noi, non solo l'Austria, la Norvegia, gli Stati Uniti, l'Inghilterra e Taiwan, ma persino il Sud Corea. Molto più virtuosi, a livello A, soltanto due paesi: la Germania e l'Australia. Con buona pace di Berlusconi, il quale sostiene che così fan tutti, compresa la Germania che invece dispone di meccanismi anti-corruzione efficaci. Quanto alla Finmeccanica, nell'indice di corruzione delle singole imprese di armamenti mondiali è anch'essa collocata nella fascia C, meglio della Fincantieri, che è addirittura nella fascia E. Ma mentre paesi ben meno contaminati di noi stanno cercando di innalzare sbarramenti più adeguati contro le tangenti, in Italia assistiamo a una campagna elettorale nella quale una parte tende a far passare la corruzione come un dato ineluttabile. Gli Stati Uniti, ad esempio, hanno scatenato l'FBI, che tra l'altro ha fatto pagare all'Eni una multa di 240 milioni di dollari per tangenti in Nigeria e ora è la volta della Saipem in Algeria. Quel che è certo è che in pochi dei paesi testati da Transparency International potrebbe capitare ciò che capita in Italia. E cioè che personaggi di discutibile reputazione, con gravi problemi o precedenti giudiziari vengano posti a capo di giganti industriali pubblici, per di più impegnati in settori ad alto rischio corruzione. Da noi, quando già si indagava sulla vendita degli elicotteri Agusta, l'ex ad Orsi è stato promosso per due volte in Finmeccanica. All'Eni è ad dal 2005 Paolo Scaroni, un signore già finito in carcere all'epoca di Tangentopoli e condannato a un anno e 4 mesi. Per quale delitto? Per tangenti. Alla faccia della reputazione.
fonte: www.repubblica.it, 18.02.2013