Sinodo, dopo le aperture ora prevale la prudenza, di Aldo Maria Valli
Due passi avanti e uno indietro. Dopo i titoli dei giornali sulle aperture del sinodo su coppie gay e divorziati risposati, il portavoce vaticano, padre Lombardi, si presenta in sala e stampa e legge una nota.Dice che la natura della relatio proposta ieri dal cardinale Erdö non è stata interpretata correttamente: era solo un documento di lavoro, non un testo conclusivo.
E accanto a Lombardi, due cardinali, l’italiano Fernando Filoni e il sudafricano Wilfrid Napier, rafforzano il concetto: il sinodo non ha deciso, i giornalisti aiutino i lettori a capire che la ricchezza del dibattito è più ampia e che c’è ancora tanto lavoro da fare.
In realtà nessuno fra i giornalisti ha detto che quelle erano le conclusioni del sinodo. Ciò che è stato scritto è che l’atmosfera è decisamente nuova e che lo spirito di misericordia, tanto caro a papa Francesco, sta determinando una svolta nei toni, ma che ci fossero problemi lo ha lasciato capire lo stesso Erdö quando (con la vecchia tecnica dello scaricabarile) ha attribuito all’arcivescovo Bruno Forte la parte del testo riguardante l’omosessualità, ed evidentemente nei circoli minori, ovvero ristretti, in cui i padri sinodali si stanno riunendo in questa ultima settimana di lavori, sono volati gli stracci tra aperturisti e conservatori, così da costringere il Vaticano alla precisazione. Un anonimo padre sinodale lo dice chiaramente: la relatio ha scatenato tra i vescovi «una vera tempesta», ma “il diavolo fa le pentole, non i coperchi”.
E così adesso è tutto un distinguo. «In relazione agli omosessuali – si legge nella sintesi fornita sugli interventi nei circoli ristretti – è stata evidenziata la necessità di accoglienza, ma con la giusta prudenza, affinché non si crei l’impressione di una valutazione positiva di tale orientamento da parte della Chiesa. La stessa attenzione è stata auspicata nei riguardi delle convivenze». Anche il tema della “gradualità”, emerso a proposito dell’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati, «può essere all’origine di una serie di confusioni», perché «è difficile accogliere delle eccezioni senza che in realtà diventino una regola comune».
Inoltre, «fermo restando che la Chiesa deve accogliere chi si trova in difficoltà, sarebbe bene parlare più diffusamente anche delle famiglie che restano fedeli agli insegnamenti del Vangelo, ringraziandole e incoraggiandole per la testimonianza che offrono. Dovrebbe emergere con più chiarezza che il matrimonio indissolubile, felice, fedele per sempre, è bello, è possibile ed è presente nella società, evitando quindi di focalizzarsi principalmente sulle situazioni familiari imperfette».
Il cardinale Leo Burke dalle colonne del Foglio, esprime tutta la sua preoccupazione per le “pericolose aperture” sulla questione della comunione ai divorziati risposati e perché «alcuni sostengono una prassi che si discosta dalla verità della fede». Stessa linea quella del polacco Gadecki, che alla Radio Vaticana giudica la relatio «inaccettabile per molti vescovi» in quanto «si distanzia dall’insegnamento dei papi precedenti, contiene tracce di ideologia antimatrimoniale e mostra una mancanza di visione chiara da parte dell’assemblea sinodale».
In questo piccolo concilio che è il sinodo sulla famiglia si stanno riproponendo alcuni meccanismi, anche mediatici, che caratterizzarono il concilio vero, mezzo secolo fa. C’è chi spinge in una direzione e chi nell’altra, con alcuni giornali utilizzati per dare man forte a una visione o all’altra. E l’istituzione in mezzo, a cercare di sopire e distinguere. Tutto normale, tutto legittimo.
Analogie con il concilio le vede anche monsignor Bruno Forte, che incontriamo dopo i circoli del mattino: «L’entusiasmo e la freschezza, così come l’atteggiamento di simpatia verso il mondo, ricordano in effetti quel tempo, e soprattutto la Gaudium et spes (la costituzione apostolica considerata la magna charta del concilio, ndr). Una Chiesa vicina alla gente e in ascolto della realtà, per annunciare la misericordia di Dio».
Il sinodo finisce domenica, poi, fra un anno, ci sarà la seconda tappa. La domanda è: riuscirà Francesco a gestire la polveriera?
Fonte: Europa, del 1