Sindrome delle mani libere che si proietta sui presidenti, di Massimo Franco
L’unità ritrovata ieri nel governo è positiva ma non può cancellare la sensazione di una tregua precaria. C’è da chiedersi dove sia finita la retorica sull’insostituibilità di Mario Draghi a Palazzo Chigi: quella utilizzata per sconsigliare e bloccare il suo passaggio al Quirinale. E come mai si sia già spenta l’eco degli applausi ripetuti a Sergio Mattarella quando il 29 gennaio è stato rieletto dal Parlamento. A meno di un mese di distanza il governo dei «due Presidenti», passaporto per la stabilità e polizza di assicurazione nei confronti dell’Europa e dei mercati finanziari, viene declinato dalla maggioranza con una disinvoltura sospetta.
Si sapeva che un anno elettorale acuisce i contrasti tra partiti diversi e potenzialmente antagonisti. Ma che si registrino così presto e quando alla fine della legislatura mancano circa dodici mesi, tranne sorprese sciagurate, va al di là delle previsioni più scoraggianti. È come se la doppia garanzia offerta dal capo dello Stato e dal premier fosse stata unilateralmente disdetta dalle forze politiche. Di colpo sembra che ne basti una, quella di Mattarella, mentre l’altra diventa materia opinabile: uno strabismo istituzionale rischioso.
Può darsi che gli scontri degli ultimi giorni, con la bocciatura di alcune misure decise in precedenza dal governo, siano soltanto incidenti di percorso. Purtroppo lasciano immaginare una guerra di posizione dai risvolti squisitamente elettorali, che non esita a scaricarsi su Palazzo Chigi per coprire contraddizioni politiche vistose. È come se un po’ tutti i partiti si fossero tacitamente dati di gomito per mettere tra parentesi un anno di faticosa concordia.
Dopo la caotica battaglia del Quirinale, che li ha visti incapaci di trovare una soluzione condivisa diversa dalla riconferma di Mattarella, ora sono tentati di accerchiare Draghi: come se fosse diventato il problema e non la garanzia; e come se il Piano per la ripresa e lo scudo anche internazionale che il premier offre non fossero più così importanti. Conterebbe di più il pulviscolo di interessi elettorali inseguiti per assicurarsi consensi che invece rimangono volatili: a destra e a sinistra. Somiglia a una strana «sindrome delle mani libere», che a uno sguardo meno superficiale oltre a colpire il capo del governo diventa uno sgarbo al presidente della Repubblica.
Se Mattarella ha accettato la ricandidatura, è stato soprattutto per consentire che le riforme avviate a febbraio del 2021 non subissero una pericolosa battuta d’arresto; e che Draghi potesse continuare a attuarle nonostante l’eterogeneità della sua coalizione. La diversità e l’assenza di una coloritura politica doveva e dovrebbe essere un elemento di forza, non di debolezza. Di più: nell’ottica del Quirinale la trasversalità è stata e rimane un’opportunità di rilegittimazione per partiti che da tempo non riescono a mobilitare nemmeno il proprio elettorato.
Quanto stiamo vedendo, invece, promette di andare in direzione opposta. Si imputa a Draghi un metodo che crea malumori per il piglio decisionista. Eppure nei mesi scorsi è stato accettato, seppure con vistose resistenze. Anzi, negli ultimi mesi era affiorata perfino qualche critica di eccessiva timidezza per il rinvio di alcune decisioni, attribuita alle ambizioni sul Quirinale. In realtà si avverte un mutamento di clima nel modo in cui i partiti rivendicano un maggiore coinvolgimento.
Probabilmente si stanno convincendo di poter declassare l’importanza della «parentesi Draghi», e dunque l’impegno a mettere in secondo piano i propri interessi. Sbrigata la pratica del Quirinale, tendono a ritenere chiusa una fase; e non più cogente il sostegno assicurato nei mesi scorsi. Le urne imporrebbero una libertà di manovra e di protagonismo rispetto alla quale il premier e il governo vengono vissuti come un inciampo. Ma è un calcolo azzardato, che rivelerebbe tutta la sua miopia se portasse le tensioni con Palazzo Chigi oltre il limite.
https://www.corriere.it/politica/22_febbraio_19/sindrome-mani-libere-che-si-proietta-presidenti-950c7ac8-910f-11ec-9e8a-badec6e7adb8.shtml