Ricordare, ricordare, ricordare!
I giorni della memoria dovrebbero occupare l’intero calendario, perché se esiste un dopoguerra, non esiste un dopo-shoah, giacché proprio un paese di questa nuova Europa, uno stato membro, l’Ungheria, ha presentato in questi giorni al suo Parlamento le sue prime leggi antisemite. L’istituzione del “Giorno della memoria”, il 27 gennaio in Italia, non ha corrisposto a un dopo-shoah, perché il nostro Paese non ha riconosciuto la sua parte di colpa: quei tremendi delitti sono stati responsabilità di altri, nazisti e tedeschi. E l’Italia? Non ne è stata forse complice con il suo governo di allora, con le leggi ignobili approvate all’unanimità, con l’immenso silenzio, di quella tragedia delittuosa? Solo riconoscendo questo delitto, con responsabilità etica, si può diminuire il senso della vergogna, come per quel “Manifesto scientifico sulla difesa della razza”, uno dei momenti più bassi e vili della vita pubblica italiana, da sempre e per sempre. Nella prima stesura del testo per indire il Giorno della Memoria si era indicato il 16 ottobre, a ricordo di quella notte del 1943 durante la quale erano stati strappati, a meno di 500 metri da San Pietro e dal Vaticano, millediciassette cittadini ebrei italiani, deportati nel silenzio di tutti e mai più ritornati nelle loro case. La scelta infine è però ricaduta sul 27 gennaio, che ha incluso nella celebrazione anche i prigionieri politici, i deportati, i rom, gli omosessuali. Questa data non deve appannare la nostra vista, non deve indurire i nostri cuori, non deve anestetizzare le nostre intelligenze: ripetiamo che la globalizzazione rende impossibile la vergogna dell’Olocausto, affermiamo “mai più” ma la storia si è già ripetuta. Ricordare, ricordare, ricordare! Cosa? Le bombe di Hiroshima e Nagasaki, la diossina in Vietnam, le bombe al fosforo a Fallujad, il gas nervino contro i Curdi, la pulizia etnica a Srebrenica, i desaparecidos dell’oligarchia militare argentina, il massacro in Cambogia, le guerre in Siria, in Libia, in Tunisia, in Marocco, in Mali. Ormai i governi ci vogliono spettatori informati sui massacri quotidiani, spettatori sì, ma senza volontà. Come nel mezzo della commemorazione del 27 gennaio di quest’anno, durante la quale abbiamo dovuto assistere allo show e ai commenti al Fascismo buono da parte dell’uomo che sbeffeggia gli italiani da 20 anni. Certo, come dimenticare che con lui “i treni arrivavano in orario”? Vabbé, disse Massimo Troisi, ma per questo bastava che lo nominassero capostazione, non capo del governo!
Gabriella Pitarra