Recuperiamo la comunicazione umana, di Gennaro Capriati
A cavallo tra gli anni '80 e '90 del secolo scorso frequentavo il Dottorato di ricerche in Scienze Chimiche dopo una laurea in Fisica. Mi occupavo della elaborazione di modelli matematici dei processi elementari che si verificano in un plasma freddo, studi utilizzati nell'industria dei semiconduttori, nel settore aerospaziale, eccetera. E i miei strumenti di lavoro erano elaboratori elettronici, con sistemi operativi che impiegavano già le "finestre" molto prima che queste avessero larga diffusione anche al di fuori degli ambienti scientifici, e la rete internet per inviare posta elettronica all'estremità opposta del pianeta. Gli eventi biografici mi condussero a partecipare ad un concorso per l'insegnamento della matematica e della fisica ed ora sono circa trent'anni che insegno tali discipline al liceo scientifico.
Mi capitò di entrare nel mondo della scuola agli inizi dell'ultimo decennio del secolo scorso, in un periodo in cui una "trinità" di "i" andava di moda ed una di queste era la rappresentante del termine "informatica"; l'immissione nei metodi didattici delle emergenti tecnologie elettroniche veniva presentata come la soluzione del problema costituito dal complesso processo di insegnamento-apprendimento.
Sebbene usassi da tempo tali tecnologie, mi opposi energicamente a questa "modernizzazione"; non all'utilizzo di nuove tecnologie, ma all'idea che queste avrebbero risolto i problemi della scuola. E mi battevo affermando che i veri esseri multimediali siamo noi quando comunichiamo non solo con parole, ma con la modulazione del tono della voce, con sguardi ed espressioni facciali (con i volti, insomma), gesticolando; sostenevo - anche sulla base della pluriennale attività di catechista di preadolescenti e adolescenti in un contesto parrocchiale popolare - che è tutto ciò che accompagna la parola che rende viva la comunicazione, ed efficace la stessa nel caso dell'insegnamento.
Oggi continuo a nutrire forti dubbi sulla bontà dell'utilizzo spinto della tecnologia elettronica nei metodi didattici: l'insegnamento-apprendimento è un complesso processo relazionale che si verifica mediamente almeno tra 25 persone in carne ed ossa che si guardano negli occhi, un qualcosa che "segna dentro" non solo il cosiddetto "discente", ma anche il cosiddetto "docente", per cui entrambi risultano trasformati significativamente da un processo che non è affatto a senso unico. A volte mi chiedo se non sia proprio l'incapacità di guardarsi negli occhi e sostenere una comunicazione a 360 gradi a farci ritenere importanti tante mediazioni elettroniche.
Ho terrore invece che l'utilizzo esclusivo della tecnologia nelle istituzioni pubbliche fatto durante la pandemia (che ha assunto la forma di "Didattica A Distanza" nelle istituzioni scolastiche) mandi definitivamente in soffitta la "comunicazione umana" anche nel processo di insegnamento-apprendimento".
[docente di scuola superiore, Bari]