La politica si accorge della misericordia?, di Ciro Amato
L’Anno giubilare della Misericordia riguarda anche la politica. La politica se n’è accorta? Papa Francesco più volte si è espresso sul valore dell’impegno politico (Evengelii Gaudium) e sui vizi di questa. Il più ricorrente è stata la corruzione, indicata come veleno che viene instillato nella società. A me preme solo sottolineare che Misericordia, per chi svolge questo servizio, vuol dire “azione” misericordiosa; e perché questa lo sia veramente la nostra classe dirigente dovrebbe voltarsi e guardare da tutt’altra parte rispetto ad ora. Purtroppo non ci siamo ancora. Il problema non sono gli interessi di parte (che sempre ci saranno perché partito vuol dire parte), e neanche quelli economici (come fa la politica a non interessarsi di denaro e di ogni suo uso o deviazione e come fa a restarne completamente estranea?). La questione di fondo è quella “coscienza rettamente formata” di cui Francesco ci ha parlato nel Suo viaggio di ritorno dal Messico e di cui l’insegnamento sociale della Chiesa è assolutamente ricca. Ecco dov’è il punto. Misericordia e coscienza. Essa è un luogo non un concetto. Un cuore rinnovato e umile (miserèo cordis) per volgere lo sguardo alle vere necessità della nostra comunità nazionale. Chi svolge questo servizio al popolo deve poter indirizzare l’azione politica verso le periferie dell’esistenza umana. Purtroppo, invece, essa continua a coltivare i rapporti di mero potere con il mondo dell’economia finanziaria, facendosene espressione diretta, così come delle inefficienze burocratiche. Si sente spesso dire che le persone si sono allontanate dalla politica. Credo che ciò sia un errore di analisi. Il massiccio esodo dei cittadini dal voto attivo, che rifugge verso un astensionismo pari a quasi la metà dei voti esprimibili dall’elettorato, è giustificato dall’allontanamento delle nostre classi dirigenti politiche dal bene comune e non viceversa. I cittadini reagiscono, in questo modo. E purtroppo si sta radicando la convinzione che la politica non serva, “che sia inutile visto e considerato che comandano i poteri forti”. Questo è un grave pericolo, perché, invece la politica serve, ma, aggiungerei con molta onestà, solo se è orientata al bene comune. All’orizzonte ancora non si scorge alcun segno di cambiamento. Solo un esempio: la nostra classe dirigente politica non vuole ammettere (o meglio lo afferma con convinzione) di avere una fiducia sconfinata nel mercato. Nell’Evangelii Gaudium, invece, si dice chiaramente che occorre ripensare “l’autonomia assoluta del mercato”, in cui tutto è merce e ha un prezzo, aggiungerei. La decisione pubblica è, purtroppo, diventata compromesso tra interessi e ciò degrada i valori a mere rappresentazioni di forme esteriori. Si dice che la politica è l’arte del compromesso: questo è un errore. La politica è l’arte della scelta sapiente. E ciò è frutto di silenzio e preghiera. Quando le relazioni dentro e fuori i partiti e i movimenti sono guidati da scelte alla cui genesi mai vi è stata partecipazione effettiva delle comunità amministrate (è il caso delle scelte in materia sanitaria, ambientale e in ogni caso di diritto fondamentale), allora il bene comune è solo un ologramma. Per cambiare strada c’è bisogno di formazione alla vita civica, da cui anche le nostre comunità cristiane sono assenti. La formazione, appunto; la grande assente dei nostri giorni e di ogni progetto che voglia avere il sapore di futuro. La formazione alla retta coscienza: una periferia educativa su cui nessuno ha il coraggio di investire.
[segretario comunale, Arezzo]