Il Natale dei cristiani ortodossi festa anche del confronto religioso, di Marco Ventura
Ieri è stato Natale per i quasi duecento milioni di cristiani nel mondo che seguono ancora il calendario giuliano, in particolare nei paesi slavi, in Africa e nel Medio Oriente. Le chiese cristiane ortodosse si sono sviluppate nella più grande varietà di riti e costumi. Così, nel corso della storia, solo gli ortodossi greci, bulgari e rumeni si sono adattati al nuovo calendario, quello seguito da cattolici e protestanti per i quali il Natale cade il 25 dicembre. Hanno invece conservato l'antica tradizione la comunità monastica del Monte Athos e il Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, che hanno festeggiato Natale ieri, insieme alle altre chiese che attendono ancora il Salvatore nella notte tra il 6 e il 7 gennaio.
Per molto tempo, la ricorrenza è passata inosservata in Italia, ma i flussi migratori che hanno mutato il volto religioso del nostro Paese, ci hanno anche regalato un nuovo Natale. Se ne sono accorti i tanti italiani che sono in contatto con chi ha celebrato ieri la nascita di Gesù, o i pezzi di città in cui comunità e famiglie hanno reso visibile la celebrazione. Tra russi e serbi, bielorussi e ucraini, moldavi e bosniaci, egiziani, etiopi e siriani, macedoni e georgiani, si può stimare in quasi duecentomila il numero di coloro per i quali ieri è stato un giorno speciale.
La ricorrenza ha avuto il sapore della tradizione, ma per molti si è trattato anzitutto di un evento da vivere con fede e da celebrare nella liturgia. È stato anche questo, ieri, il nuovo Natale italiano: una sinfonia di paramenti e di lingue, di suoni, di teologie e di assemblee in preghiera. La diversità religiosa spaventa un Paese come l'Italia che si è abituato nei secoli a far coincidere la religione, il cristianesimo e la Chiesa di Roma. Metabolizzare molteplici fedi e governare la multi-religiosità sono sfide delicate per la società, per le chiese, per la politica e per i governi. Gli italiani scoprono intanto che modi diversi di onorare Dio non fanno alcun torto al Creatore. In un'Italia orgogliosa della propria diversità, c'è posto persino per un secondo Natale.
Fonte: “Corriere della Sera”, 8 gennaio 2013