Il monito dei Nobel, di Eric Jozsef
In mezzo a una crisi economica, sociale, politica e morale, l’attribuzione del premio Nobel per la pace all’Unione europea non poteva non suscitare numerose critiche, tra sarcasmo e ironia.
Il commento più pungente è probabilmente stato quello secondo cui “l’Ue non può ricevere il premio perché è vietato a titolo postumo”. Quello più costruttivo è stato che sarebbe stato più idoneo attribuirlo a Jacques Delors. Intanto non si sa chi, tra il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, e quello della Commissione europea, José Manuel Barroso, andrà a ritirare il premio. Di sicuro, la scelta più giusta sarebbe quella del presidente del parlamento europeo, Martin Schulz, in quanto rappresentante di un organismo eletto.
Al di là di questa questione tecnica, non è irrelevante l’analisidel direttore del sito Rue89, Pierre Haski, secondo cui “se l’Europa è riuscita a rendere impossibile la guerra tra i suoi stati membri, ha fallito nell’imporsi in quanto potenza rilevante sulla scena internazionale”. E s’interroga: “Come spiegare a quel 25 per cento di disoccupati in Grecia o in Spagna che deve ritenersi fortunato a vivere in un spazio pacifico? Come giustificare questo premio, quando l’Ue si mostra così impotente a fermare il massacro che si svolge alle sue porte, in Siria?”.
In realtà, è proprio questo aspetto che i giurati del Nobel hanno voluto sottolineare. Mettendo in evidenza che “l’Ue contribuisce da più di sessant’anni a promuovere la pace, la riconciliazione, la democrazia e i diritti dell’uomo in Europa”, il presidente del comitato Nobel Thorbjørn Jagland ha in qualche maniera lanciato un monito a tutti i cittadini del continente. Quasi volesse dare un avvertimento del tipo: “Ricordatevi da dove venite”.
Niente è scontato, nemmeno il ritorno di tensioni, di terribili violenze, di populismi e di nazionalismi. A rileggere la storia, e per scongiurare i peggiori scenari, si potrebbe ricordare che nel 1913 il comitato Nobel diede il suo premio al presidente dell’Ufficio permanente della pace e nel 1938, di fronte al ritorno dei pericoli di guerra, all’Ufficio internazionale per i rifugiati. Dal 1914 al 1916 e dal 1939 al 1943, i premi non furono attribuiti.
fonte: www.internazionale.it, 15.10.12