Il malessere e la vita, di Davide D'Aiuto
Il male di vivere, molto spesso quel malessere che risiede dentro il nostro animo, senza che noi ce ne accorgiamo, sovrasta i lumi della ragione e la forza del nostro cuore. Quel male di vivere, quella debolezza e fragilità, si è manifestata lampante in un ragazzo di 28 anni della facoltà di Farmacia dell’Università degli Studi di Bari. Ha scelto di buttarsi nel vuoto dal quarto piano della sua facoltà nella solitudine più assoluta, infatti con lui non c’era nessuno che impedisse un gesto tanto insano. Questo giovane è uno solo dei tanti e molteplici casi di ragazzi che arrivano a compiere atti insani per la loro età. Giovani che uccidono le proprie ex ragazzine solo per una storia finita; giovani che uccidono un rivale in amore secondo il detto popolare “in guerra e in amore tutto è lecito”; giovani che in branco compiono atti vergognosi verso coetanei e coetanee; giovani che si uccidono per una sconfitta. Potremmo parlare addirittura di una nuova generazione “violenta” verso se stessa e verso il prossimo, se non fosse che questa “violenza” non è un frutto nato così per caso, bensì nasce da quel malessere, da quella insicurezza e paura che gli attanaglia e spesso morde fino a prenderli. Ma cosa può generare nei giovani d’oggi una violenza cosi forte, un’insicurezza così grande da spezzare i loro sogni? Per i più giovani potrebbe essere l’assenza di una guida vera, di un sentirsi in qualche modo guidati e protetti. I pericoli che questa società ha creato sono molteplici, basti pensare a internet dove si può trovare davvero di tutto e molto spesso “spazzatura” che influenza i giovani., che pianta in loro questo seme del male. Può bastare la semplice gelosia o la voglia di non sentirsi dei perdenti a giustificare certi atti? Certamente no. Può bastare il mancato superamento di un esame o la fine di una storia d’amore per spezzare i sogni e una vita che sia la propria o quella dell’altro? Come mai c’è questa fragilità ? In una società molto competitiva e sempre più individualista i giovani si sentono abbandonati, isolati, quasi estranei ed è brutto da dire. Non riescono a tirar fuori questo male, non ne hanno forse il coraggio, o semplicemente un qualcuno che gli ascolti e gli consigli. Lo conservano dentro fino a che non avvelena il loro cuore e la loro mente. Questa riflessione dovrebbe farla anche il mondo adulto, molto spesso indifferente ai problemi dei giovani, che guarda avanti ai propri successi senza preoccuparsi dei disagi interiori, dello smarrimento, di questa perdita d’identità, di valori che sta affliggendo i giovani di tutte le età dai 30 – 29 anni fini ai 17 - 18 anni. Il mondo adulto dovrebbe fermarsi, non guardare sempre avanti, voltarsi indietro e vedere come vengono su le nuove generazioni, supportarle stando loro vicini, incoraggiarle senza demoralizzarle per errori, fortificarle nello spirito e nell’animo a giusti valori con molta, anzi moltissima pazienza.
Davide D'Aiuto, universitario, stagista CuF