Dieci errori sul Vaticano II, di O'Malley - Pederiva
Li ha indicate come “Misdirections” (istruzioni fuorvianti) l’autore del fortunato testo dal titolo “Che cosa è successo nel Vaticano II” (Vita e Pensiero editrice 2010) – e sarebbero 10 errori da evitare quando ci si accinge ad un’analisi dei documenti e degli insegnamenti del Concilio Vaticano II.
Docente al dipartimento di teologia alla Georgetown University, John W. O’Malley ha pubblicato le sue raccomandazioni su America, la rivista della Compagnia di Gesù statunitense.
Vediamo il suo elenco di sbagli:
1. Insistere sul fatto che il Vaticano II è stato solo un consiglio pastorale. Sbagliato per 2 motivi: in primo luogo, non tiene conto del fatto che il Concilio ha insegnato ad esempio la dottrina della collegialità episcopale, che non è cosa da poco. E’ stato sia un concilio pastorale che dottrinale e soprattutto ha insegnato uno stile diverso dai precedenti. In secondo luogo, perché il termine sembrerebbe relegarlo ad una seconda classe, dato che i metodi pastorali cambiano nel tempo.2. Insistere che è stato un evento nella vita della Chiesa, non un evento in sé. Questa distinzione tiene banco in certi ambienti. Mi spiego con un esempio: ad un’insegnante è concesso un anno sabbatico in Francia. L'esperienza allarga la sua prospettiva. Lei torna a casa arricchita, e riprende la sua routine precedente. Il suo anno sabbatico è stato un evento. Ma supponiamo che, invece, le venga offerto un posto di preside in un istituto diverso dal proprio. Questo è un evento, una svolta significativa nella sua vita.
3. Bandire lo "spirito del Concilio". L’espressione è facilmente manipolabile: dobbiamo infatti ricordare che la distinzione tra lo spirito e la lettera appartiene alla tradizione cristiana. Dobbiamo pertanto essere restii a gettarlo nell'immondizia. Lo spirito, rettamente inteso, indica i temi e gli orientamenti che assegnano al Concilio una precisa identità, perché non si trovano in un unico documento, ma in tutti o quasi tutti. Così, lo "spirito del Concilio", ci permette di vedere il messaggio più grande e la direzione impressa alla Chiesa.
4. Studiare i documenti singolarmente, senza considerarli parte di un corpus integrale. Eppure questo è stato l'approccio standard per i suoi documenti. Naturalmente, per comprendere il corpo occorre prima capire i componenti. Quindi, lo studio dei singoli documenti è indispensabile e è il primo passo nella comprensione del corpus. Troppo spesso, tuttavia, anche i commentatori si sono fermati lì, senza andare ad indagare quanto un testo specifico abbia contribuito alla dinamica del Concilio nel suo complesso, vale a dire, al suo "spirito". Senza troppo sforzo è facile (e indispensabile) vedere la relazione, per esempio, tra il documento sulla libertà religiosa e il documento sulla chiesa nel mondo contemporaneo.
5. Studiare i documenti in ordine di autorità gerarchica, non secondo l'ordine cronologico in cui sono stati pubblicati. I documenti, ovviamente, hanno vari gradi di autorità (le costituzioni precedono i decreti, i decreti le dichiarazioni). Ma questo principio, se trattato come esclusivo, ignora la natura intertestuale, cioè, la loro interdipendenza, mentre sono un edificio costruito un piano sopra l'altro. Il documento sui vescovi, per esempio, non poteva venir introdotto prima della pubblicazione di quello sulla chiesa. Così essi formano un insieme coerente e integrale e devono essere studiati in questo modo. Essi non sono un sacchetto da afferrare per unità discrete. Non si può “giocare” con i documenti.
6. Non prestare attenzione alla loro forma letteraria. Una caratteristica che distingue il Vaticano II da tutti i concili precedenti è il nuovo stile in cui formula i suoi decreti. A differenza dei precedenti Concili, il Vaticano II non ha funzionato come un organo legislativo e giudiziario nel senso tradizionale di tali termini. Ha stabilito alcuni principi, ma non ha prodotto, come i concili precedenti, un corpo di ordinanze di prescrizione o proscrizione, con sanzioni per inosservanza. Non ha cercato di criminalizzare nessuno, né ha emesso verdetti di colpevole o non colpevole. Ha usato piuttosto un vocabolario ricco di parole come collegialità, reciprocità, tolleranza, amicizia e ricerca di un terreno comune.7. Non prestare attenzione al contesto storico, la storia dei testi o delle controversie durante il Concilio. I documenti non possono essere presi come se fossero scaturiti magicamente da qualche parte fuori tempo e dallo spazio. Solo esaminando il travaglio che il decreto sulla libertà religiosa, per esempio, ha sperimentato durante il Concilio, al punto che sembrava non potesse essere approvato, si può capire il suo percorso di rottura e la sua importanza per il ruolo della Chiesa nel mondo oggi.
8. Non far uso delle fonti "non ufficiali", come ad esempio i diari o la corrispondenza dei partecipanti. Senza dubbio, i testi finali e gli Acta Synodalia, pubblicati dalla Sala stampa vaticana, sono e devono restare il primo e più autorevole di riferimento per l'interpretazione del Conclio. Tuttavia i diari e le lettere dei partecipanti forniscono informazioni prive di ufficialialità, ma talvolta essi spiegano meglio l’improvvisa direzione intrapresa dal Concilio. I redattori della magnifica collezione di 13 volumi di documenti sul Concilio di Trento, la Tridentinum Concilium, non hanno esitato a includere diari e corrispondenza, che si sono rivelati indispensabili per comprenderne la portata..
9. Interpretare i documenti come espressione di continuità con la tradizione cattolica. Una particolare attenzione nell'interpretazione dei documenti del Concilio ci dice che questo è corretto. Il problema sorge quando questo principio è applicato in un modo tale da escludere ogni discontinuità, cioè, ogni cambiamento. E’ assurdo credere che nulla sia cambiato. Il 22 dicembre 2005, papa Benedetto XVI ha fornito una correzione di tale impostazione, quando ha detto nel suo discorso alla Curia romana che era necessaria una "ermeneutica della riforma", definita come un "insieme di continuità e discontinuità a livelli diversi .... ".
10. Operare una propria e personale valutazione del Concilio quasi fosse una profezia che si auto-avvera. Questo principio non è tanto una cattiva interpretazione: è pericoloso nelle mani di chiunque, ma particolarmente pericoloso nelle mani di coloro che hanno il potere di rendere la loro valutazione operativa. Ricordo quella frase nel romanzo di George Orwell Nineteen Eighty-Four: "Chi controlla il passato controlla il futuro, chi controlla il presente controlla il passato".