Dai codici al web, di Giuseppe Ferrara
Il libro, oggetto di uso comune, nel corso della sua storia non ha avuto sempre lo stesso aspetto fisico e lo stesso significato comunicativo e, probabilmente e inesorabilmente, continuerà a cambiare forma e significati con il progredire dell’informatica.
Per molti secoli, dall’antichità romana fino all’alto medioevo ha avuto la forma di un rotolo ed era manoscritto. Solo all’inizio del XIII secolo, con la scoperta della carta, comincia ad avere una fisicità simile a quella del libro tipografico, ma la produzione, continuando a essere manuale, anche se prodotta in più copie, rendeva questi pezzi unici, preziosi e costosissimi. Il manoscritto, prodotto su commissione per soddisfare le esigenze del committente, sicuramente non era alla portata di tutti, rendendo per forza di cose, la diffusione della cultura estremamente limitata, legata al censo e ai centri di produzione e potere culturali.
La comparsa del primo libro a stampa fu un’importante novità, anche se apparentemente simile ai codici miniati: aveva la stessa forma, identico supporto ed era rivolto allo stesso pubblico di fruitori.
Nell’arco di circa 50 anni il libro inizia a divenire un prodotto industriale stampato in serie, non più copiato, non più scritto su commissione e con la necessita di essere venduto; per questo motivo si sente l’esigenza di una presentazione pubblicitaria che ne sveli il contenuto: compare il frontespizio con il titolo, l’autore e il nome dello stampatore, al contrario dei manoscritti dove non esisteva il frontespizio perché il committente conosceva già benissimo il libro che aveva ordinato.
Con la riforma luterana la tecnica di stampa tipografica dimostra tutto il suo potenziale rivoluzionario: Lutero riesce a propagandare le sue diciassette tesi in tutta la Germania in soli sei mesi grazie ai fogli volanti stampati e affissi sulle porte delle chiese. Il potere politico, di conseguenza, s’interessò sempre più di questo strumento formidabile di propagazione di idee, tanto da preoccuparsi di controllarne il contenuto; nascono nel XVI secolo i vari indici di libri proibiti e quasi contemporaneamente l’introduzione di garanzie che validavano la liceità del contenuto come la dedicatoria, l’imprimatur, il privilegio, ecc., e di conseguenza anche pratiche opposte quali il falso luogo di stampa per sfuggire al controllo delle autorità. In questa epoca inizia il collezionismo librario con la creazione di raccolte relativamente omogenee caratterizzate da legature lussuose ed elaborate.
Già all’inizio del XVII secolo compaiono i primi cataloghi di vendita all’asta che testimoniano la rarità dei libri più antichi o di quelli più moderni stampati in un numero limitato di copie. In ogni caso, il libro tipografico rimane immutato fino al XVIII secolo quando cambia il modo di produrre la carta e subisce una svolta ulteriore nella prima metà del XIX secolo con la comparsa della linotype. Si tratta di miglioramenti tecnologici che, impiegando le macchine al posto del lavoro umano, permettono un incremento della produzione libraria e di conseguenza una più capillare e semplice diffusione di informazioni e cultura.
L’ultimo processo tecnologico conosciuto dal libro è stato la composizione elettronica. Di tutti questi passaggi tecnologici il lettore non ha avuto piena consapevolezza, in quanto alla fine si è trovato sempre un libro tra le mani, ma negli ultimi tempi, con il passaggio dal libro cartaceo a quello elettronico, il lettore non può non accorgersi della discontinuità. Il libro cessa di essere un oggetto tangibile e, per certi versi desiderabile, e diventa un file impalabile. Il libro elettronico porterà nell’immediato futuro al ridimensionamento di alcuni generi letterari, come le enciclopedie e i dizionari, perché internet permette un accesso diretto e veloce alle più disparate banche dati.
È anche probabile che molti testi scolastici e universitari in futuro potranno essere sostituiti da file pdf prodotti dai professori e stampati dagli studenti con conseguente ridimensionamento degli editori; inoltre oggi è già possibile autoprodursi il proprio libro dal testo alla distribuzione, passando per la stampa, utilizzando numerosi servizi editoriali, ISBN incluso, offerti su internet. Si realizzerebbe in tale maniera un contatto diretto tra autore e lettore che porterebbe a un accorciamento della catena del libro.
Il futuro non sembra roseo per l’editoria classica e neanche per i libri usati e di antiquariato (i libri di oggi che saranno antichi domani) per motivi non solo legati alla diffusione dell’editoria elettronica, ma anche alla scadente qualità del supporto cartaceo dei libri ancora prodotti in modo industriale. Infatti, la carta utilizzata oggi ha caratteristiche chimiche che la rendono particolarmente fragile, deteriorabile e inadatta alla conservazione nei secoli. In altri termini, si rischia, a fronte di tirature elevatissime, la perdita fisica tra non più di 150 anni dei testi stampati oggi. In questo caso sarà il solo supporto elettronico l’unica fonte virtuale di conservazione dei testi e, di conseguenza, delle idee.
[l'autore è medico, redazione di CuF, Bari]