Confusione e pregiudizio, di Angela Donatella Rega
Formulare un giudizio prima di conoscere l’argomento o la materia o, ancor peggio, la persona di cui trattasi. Basterebbero queste poche parole per identificare il razzismo. Ma le “razze umane” non esistono, quindi più che di un pregiudizio si tratta di una vera e propria farneticazione. Una ideazione parassita. Una forma di paranoia basata su elementi inconsistenti, come la quantità di melanina presente nella pelle. E’ molto importante riconoscerlo e riconoscerselo: -Sto pensando che un'altra persona sia di “razza” diversa dalla mia, sto male, ho bisogno di cure urgenti- Oppure potremmo pensare anche: - Cosa mi è successo? Perché non so più guardare dentro gli occhi di una persona e mi fermo ad alcune caratteristiche esteriori?
Persona, ecco. Basterebbe guardarsi negli occhi per capire che di fronte abbiamo una persona.
Non dobbiamo confondere il bene con il male né possiamo attribuire l’origine del male ad un colore di pelle, nè ad una cultura o ad una religione diversa dalla nostra.
Per il semplice motivo che il male ed il bene appartengono a qualsiasi cultura o etnia.
Come è possibile dipanare la matassa della confusione inculcata in noi dalla nostra atavica ed infantile paura di chi è diverso da noi (o crediamo che lo sia)?
Non è tanto difficile. Se siamo credenti sappiamo che Dio ha scritto le sue leggi nel cuore di tutti, ovunque siano nati, ovunque siano. Se pensiamo che Dio faccia distinzione tra il cuore di un cattolico ed il cuore di un animista o di un ateo, riduciamo Dio ad un essere imperfetto che, dopo aver dato a tutti uguali chance, non li lascerebbe liberi di scegliere se ed in quale modo far fruttare le risorse ricevute. Quindi tradizioni e culture diverse non possono essere di per sé fonti del male, perché appunto tutti, dentro di sè, conoscono il bene e la giustizia. D’altro canto per tutti è altrettanto difficile ascoltare quella “voce interiore che grida dal profondo il suo desiderio di giustizia e che seppelliamo sotto macerie della nostra indifferenza” come dice Etty Illesum.
Quindi la differenza in cosa consiste?
Davvero siamo stupiti dal colore della pelle o rispondiamo ad istinti di branco che tendono ad allontanare chi sta fuori dalla cerchia, magari anche perché è più povero?
Sembra un atteggiamento infantile, ma i bambini, quelli veri, cosa fanno? Si incuriosiscono, osservano, toccano, poi si attengono ai messaggi metaverbali. L’altro sorride? Bene. Mi guarda col suo sguardo profondo e amorevole? Benone. E’ fatta, possiamo giocare insieme.
Forse il male che vediamo negli altri è in noi, il male che divide (dia-ballo). L’odio e l’amore infatti appartengono a tutti, anche in una stessa famiglia ed è semplicistico legarli all’appartenenza ad un popolo. Ma di fronte alla divisione che ci dovesse tentare, ci sarebbe tanto da fare comunque.
Trovare i punti in comune, ascoltare, imparare. Insomma la “diversità” è una fonte inesauribile di incontro. Tra l’altro, se ci pensassimo un attimo, cosa sta agli antipodi di ciò che vediamo diverso? E’ semplice, ci siamo noi allo specchio. Immaginate come sarebbe noioso stare sempre e solo con noi stessi! Perché quando ci scagliamo contro chi è diverso da noi, più povero o straniero, più scuro o più bianco ecc.. pare essere questa la nostra istanza: lasciatemi stare, voglio stare solo con me stesso. Una bella noia!
Allora NIENTE PAURA, come dice una canzone di Ligabue, cominciamo da qui: cerchiamo di essere bambini nella fiducia e sperimentiamo l’apertura verso i nuovi incontri. Lasciamo il razzismo a coloro che pensano solo a se stessi, a chi vuole dividerci, e magari tentiamo di non farli annoiare (come accadrebbe se restassimo troppo in silenzio). protestiamo contro le palesi ingiustizie di questo mondo e smettiamola di additare i nostri fratelli poveri o chi ci appare più scuro (e magari invece ha un’anima assai più luminosa della nostra) come la causa dei nostri mali.