Christopher, l’uomo che dorme sui libri, davanti a una chiesa di Roma «Leggo Eco, ricordo Aldo Moro» di Fabrizio Peronaci
C’è un uomo che sta leggendo «Il pendolo di Foucault», seduto davanti a una chiesa nel centro di Roma, e anche lui era giovane negli anni Ottanta, amava i libri e gli studi classici, coltivava miti e desideri di fuga... Alza lo sguardo. Sorride. «Cosa vuole sapere?» È gentile, timido. Mostra la copertina blu, edizione Bompiani. «Umberto Eco? Sono arrivato a metà. Bello. Ma diffi-tzi-le...» Pronuncia quasi perfetta, se non fosse per la tendenza a sbagliare gli accenti e a indurire le consonanti. «Di origine sono te-tte-sco... Ora vivo qui, mi trovo bene. I miei libri sono i miei amici, tenconocompagnia...» E li indica: centinaia di volumi impilati davanti al portone sbarrato di Santa Caterina dei Funari, a pochi passi dalla targa commemorativa di Aldo Moro in via Caetani, la traversa delle Botteghe Oscure diventata una delle strade più tristemente famose d’Italia da quel terribile 9 maggio 1978.
Eccolo, il clochard che sembra uscito da un romanzo: si chiama Christopher, ha 49 anni e viene da Cottbus, seconda città del Brandeburgo, 120 chilometri da Berlino. Lunghi capelli increspati e barba folta. È sabato mattina: mi chiede l’ora («le undici») e si alza di scatto. La lettura deve averlo distratto. «Scusi, ho fretta... Devo andare a lavorare in un magazzino di idraulica all’Aventino. Cinque ore al giorno tutti i giorni, ma non mi danno tanto, poche decine di euro a settimana...» Nella zona lo conoscono tutti. Ne apprezzano i modi garbati e, forse, il profilo involontariamente letterario: l’uomo che dorme sotto le stelle e sopra un materasso di libri, in un città stressata dal traffico, dall’incubo Covid e dalla nevrosi dei telefonini, appare una sorta di perfetto anti-eroe per raccontare i nostri tempi incerti e confusi. E invece è realtà, vita vissuta. Gli abitanti di Portico d’Ottavia, rientrando a casa, non credono ai loro occhi: Christopher ogni sera, attorno alle 23, si stende con cautela in cima alla pila di volumi («li compro a Porta Portese, talvolta me li regalano»), si avvolge come una mummia in un plaid beige, testa compresa, si volta verso il portone e incredibilmente riesce a prendere sonno, in un equilibrio all’apparenza precario, ma a lui congeniale...

Mai caduto sbattendo la testa sul sagrato, in piena notte? «No, io sto comodo e i libri servono come rialzo, se piove tengono l’acqua lontana», risponde con naturalezza, stupito dello stupore. Poi racconta, a piccole dosi: «Sono arrivato a Roma nel 2008, avevo studiato politiche sociali all’università, dopo il liceo, ma...» Esita, abbassa lo sguardo. «Fatti lontani, scusi...» Fa un gesto rapido come a scacciare una mosca. O i brutti pensieri. Un lutto. Un amore finito. Chissà. «Cose private, scusi...» Riprende: «Fui preso in qualche ristorante, facevo lavoro fisico, si dice così, giusto? Però volevo andare via, mi piaceva Roma, che è tanto bella...»

Christopher ora indica la facciata rinascimentale di Santa Caterina e, chinandosi, solleva la coperta-tenda per mostrare il suo tesoro: ci sono i classici, da Maupassant a Mann, autori di gialli e storie noir come Van Dine e Capote, il Vecchio testamento, le guide d’Italia. E ancora: saggi storici e l’Antologia liviana, fascicoli di enigmistica e naturalmente «Il milione» di Marco Polo, come potrebbe non esserci, il libro più amato dai viaggiatori di tutti i tempi... «Mi piace la storia, la letteratura, tutto. E i cruciverba, che servono a imparare la lingua». Adesso Christopher deve proprio andare. Passa sotto la targa di via Caetani e ricorda a se stesso: «Qui fu trovato Aldo Moro nella macchina rossa, ormai è storia...» Ti serve qualcosa? Mi guarda con un sorriso timido, ma la risposta è decisa: «No, grazie. Io sono contento della mia sopravvivenza onesta. E dei miei libri». (fperonaci@rcs.it)
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