Il giovane sociologo, laureatosi presso l’università di Chicago nel 1930, iniziava allora il suo percorso di ricerca sostenuto dal fervente ambiente della Chicago School of Pragmatic Sociology.
Tra i suoi primi successi accademici si possono annoverare l’analisi della famigerata Banda al Capone e della Gang 42 (simbolo della devianza giovanile a Little Italy).
Riconoscimenti che lo portarono ben presto a ricevere un prestigioso incarico presso il penitenziario di Stato dell’Illinois e poi ad imbattersi in una nuova e più esaltante avventura come membro dello staff del CAP (Chicago Area Project).
Il CAP, costituito nel 1934, era nato con lo scopo di risolvere il problema della devianza sociale tramite la costituzione di comitati di quartiere dove i cittadini potessero incontrarsi e organizzarsi autonomamente. Alinsky venne perciò inviato nel 1938 a Back of the Yards, meglio conosciuto come il quartiere dei macelli di Chicago.
Da lì i progetti e le idee di Alinsky furono un continuo crescendo:
-nel 1941 viene creata una fondazione IAF, Industrial Area Foundation, con lo scopo di sostenere la replica dell’esperimento di community organizing in altre realtà;
-nel 1946 Alinsky pubblica il suo frizzante libro Reveille for Radicals;
- negli anni 50 Alinsky conosce Jacques Maritain che a sua volta lo mette in contatto con il cardinale De Menasce, il cardinale Giovanni Battisti Montini (il futuro Paolo VI) e Adriano Olivetti. Il sogno che accomunava il filosofo francese e il radicale americano era quello di fondare una sede dello IAF a Milano.
Progetto che, nonostante un iniziale entusiasmo dell’ambiente cattolico, svanì tristemente;
-nel 1965 viene organizzato il primo congresso comunitario della FIGHT (Freedom, Integration, God, Honour, Today);
-nel 1971 Alinsky pubblica Rules for Radicals dove sintetizza un modello per community organizer;
-Nel 1972 Alinsky muore lasciando un corposo testamento alle nuove generazioni.
Ma cosa fece esattamente Alinsky a Back of the Yards? Creò la prima People’s Organisation il cui motto era “We, the people, will work out for own destiny”.
Un modello chiaro, concreto, documentato e valutabile di come il principio di sussidiarietà circolare possa essere applicato e strutturarsi in maniera tangibile ed effettiva.
Nel 1939, infatti, vi fu l’atto ufficiale di nascita del Back of the Yards Neighborhood Council (BYNC) nella cui Dichiarazione Costitutiva si leggeva “questa organizzazione è stata fondata con l’obiettivo di riunire tutte le organizzazioni presenti all’interno della comunità conosciuta come Back of the Yards, allo scopo di promuovere il benessere di tutti i residenti […] senza distinzioni di razza, colore o credo religioso, così che tutti possano avere l’opportunità di perseguire l’obiettivo di una vita in salute, sicura e felice mediante il modus vivendi democratico.”
Alinsky fu, come scrive Jacques Maritain in una lettera del 19 settembre 1971 (che si può leggere – assieme ad altre 74 lettere a pagina 165 del libro Maritain e Alinsky: un’amicizia curato da Bernard Doering e Lucio D’Ubaldo) , il “più grande uomo d’azione della nostra epoca moderna” in quanto –ribadisce Maritain in un articolo pubblicato su Le Monde il 2-3 settembre 1973- “tutto intero immerso nel temporale auspicava di poter morire un giorno per una giusta democrazia. Ed è pensando a lui che ho scritto che dobbiamo essere pronti a donare la vita per questa grande Patria che è il Mondo, per tutto quanto si fa e progredisce nella linea del bene”.
Alinsky fu questo: un radicale. O meglio un ribelle che aveva a cuore il ben comune delle persone, che credeva che “un uomo per essere completo necessitasse di un vero lavoro, di un lavoro per l’anima così come per le mani”, che voleva che gli uomini fossero completamente liberi, che a differenza dei liberali non voleva “sognare sogni” ma “costruire il mondo dei sogni di tutti gli uomini” e che affermava che è “meglio morire in piedi che vivere in ginocchio”.
Ed inoltre il vero radicale è secondo Alinsky non un uomo di violenza, come si potrebbe erroneamente presupporre, ma un uomo che è mosso da un sincero sentimento di pace.
E per spiegarlo, riporta nel suo libro Reveille for Radicals, la nota Preghiera di San Francesco D’Assisi: “Signore, fa di me uno strumento della Tua Pace: Dove è odio, fa ch'io porti l'Amore, Dove è offesa, ch'io porti il Perdono, Dove è discordia, ch'io porti l'Unione, Dove è dubbio, ch'io porti la Fede, Dove è errore, ch'io porti la Verità, Dove è disperazione, ch'io porti la Speranza, Dove è tristezza, ch'io porti la Gioia, Dove sono le tenebre, ch'io porti la Luce. Maestro, fa che io non cerchi tanto Ad esser consolato, quanto a consolare; Ad essere compreso, quanto a comprendere; Ad essere amato, quanto ad amare. Poiché, così è: Dando, che si riceve; Perdonando, che si è perdonati; Morendo, che si risuscita a Vita Eterna.”
Che sia un caso che il Presidente Obama, come Hillary Clinton, sia considerato (come lo definisce Lucio D’Ubaldo nella prefazione al libro Maritain e Alinsky: un’amicizia) “un discepolo o nipote spirituale, avendo partecipato a Chicago all’esperienza del suo movimento come community’s organiser”? E che sia ancora un caso che attualmente ci ritroviamo con due Papi: Benedetto –patrono d’Europa ed esaltatore del lavoro come momento di arricchimento della Persona – e San Francesco – Patrono d’Italia e protettore dei poveri e degli emarginati? O forse c’è qualcosa di più? Un voler spronare la società a riflettere e a tornare sulla Via Maestra? Scriveva Norberto Bobbio “Cerca, con rinnovato fervore, la via maestra. (…) Se la via è davvero maestra non può essere che una sola.”
fonte: il quotidiano italiano