Una libertà per il bene, di Rocco D'Ambrosio
Presentiamo in questo numero, come testimone, Maria Grazia Cutuli, una giornalista alla ricerca costante di verità. Una verità che cercava nei fatti visti da vicino, negli incontri, nel correre nelle situazioni più gravi e pericolose, dal Ruanda all’Afghanistan.
In altri termini una vita segnata dal conoscere la verità sul campo e divulgarla attraverso la stampa.
Si po’ parlare di libertà in tanti modi, teorici e/o pratici. Le pagine dei libri segnano e invitano a pensare quanto le testimonianze viventi. Da dove partiamo?
Dall’affermare che la libertà è una dimensione costitutiva della persona umana, consegue che non non “ho” la libertà di fare qualcosa, ma “sono” una libertà, cioè sono libero di fare qualcosa.
Essere libero di fare qualcosa significa che non sono sottoposto a nessuna costrizione fisica, interiore, esteriore e quant’altro; nessuna costrizione. Ma ciò non basta.
Infatti non sono libero pienamente perché posso fare quello che mi pare e piace; questo è il primo gradino della libertà. Sono libero in pienezza quando oriento la mia libertà verso qualcosa o qualcuno.
La piena libertà è avere un progetto, è una libertà per qualcosa, in vista di un fine, a servizio di un progetto. E allora la domanda è: qual è il mio progetto? Qual è il mio fine nella vita personale e in quella sociale e politica?
È il fine che qualifica e struttura la mia libertà. Nella visone cristiana la libertà è per il bene.
Scrive chiaramente Thomas Merton: “La semplice capacità di scegliere tra il bene e il male è il limite più basso della libertà”.
Nella visione laica diremmo che la Repubblica nasce per rimuovere gli ostacoli che “limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3).
Quindi la libertà è finalizzata al pieno sviluppo della persona e alla crescita dell’organizzazione sociale e politica. Certo, resta la difficoltà di definire sempre cosa è bene e sviluppo autentico della persona, resta la fatica di dialogare tra culture e religioni su cosa sia autentico bene e pace duratura. Ma almeno dovremmo avere come punto fermo che non è libertà quella di uccidere, violentare, maltrattare, offendere e ridicolizzare l’altro e ciò in cui crede.
Quindi anche la satira ha un limite.
Infatti, e se applichiamo tutto ciò alla libertà di stampa, si comprende bene come non esiste una libertà assoluta di pubblicare quello che si vuole, senza nessun filtro.
Non sto parlando qui di censuare, ma di limite responsabile che pone la coscienza del giornalista a quanto scrive o veicola, prima ancora che la legge fissi alcuni paletti.
Ovviamente questa è una discussione perennemente aperta. Casi, circostanze, culture e religioni, situazioni politiche sono così diverse che impongono un discernimento, personale e sociale, costante dove si definisce e ridefinisce “il pieno sviluppo della persona” e i mezzi per raggiungerlo.
[docente Pontificia Università Gregoriana (Roma) e direttore di Cercasi un fine]
Leggi il giornale n. 101
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