Sindaci da onorare, di Rocco D'Ambrosio
Ho grande rispetto per quei politici, specie sindaci, che svolgono il loro compito con rettitudine morale e competenza.
Mi sono da guida le parole del Vaticano II: stimare degni di lode e di considerazione coloro che, per servire gli uomini, si dedicano al bene della cosa pubblica e assumono il peso delle relative responsabilità.
Ciò vale per tutti i politici perbene, ma vale in modo particolare, considerando le relative responsabilità istituzionali, per sindaci, presidenti di Regione e presidenti del Consiglio e della Repubblica. E direi ancora di più per i sindaci.
Fare il sindaco oggi significa avere terribili responsabilità, scarsezza di risorse economiche e fronteggiare il rapporto con i cittadini che è diretto e quotidiano, spesso problematico e conflittuale. Non è così per nessun altra carica istituzionale in Italia. Quindi tanta gratitudine a quei sindaci che non soccombono sotto questo peso e vanno avanti, nonostante tutto.
Questi sindaci non vanno lasciati soli, anzi.
Un documento episcopale del 1981 scriveva: “C’è innanzi tutto da assicurare presenza. L’assenteismo, il rifugio nel privato, la delega in bianco non sono leciti a nessuno, ma per i cristiani sono peccato di omissione”.
Si parte dalle realtà locali, dal territorio. E si è partecipi delle sorti della vita e dei problemi dei comuni, delle Circoscrizioni e del Quartiere: la scuola, i servizi sanitari, l’assistenza, l’amministrazione civica, la cultura locale. Ci si apre poi alla struttura regionale, alla quale oggi sono riconosciute molte competenze di legislazione e di programmazione. Così la presenza si estenderà anche ai livelli nazionale, europeo e mondiale, e potrà avere efficacia. È sbagliato, infatti, contare solo sui tentativi di rifondazione o di riforma che vengono dai vertici della cultura ufficiale e della politica (CEI, 1981, n. 33).
Parole ancora vere e pregnanti; anche se i primi destinatari di questa indicazione, i cattolici (di destra come di sinistra) spesso sono stati tra i primi a non assicurare presenza e impegno nelle istituzioni e quando l’hanno fatto non sono stati un gran che di esempio civile e cristiano, anzi. Lo stesso dicasi per quei cittadini, provenienti da altre culture e religioni, che non hanno aiutato i nostri comuni a crescere nel bene e nella solidarietà, ma hanno rubato e danneggiato a più non posso.
E in testa a loro sindaci corrotti o incapaci.
Resistere al malaffare di questi sindaci & Co. è un’opera ardua. Ci vuole molta forza per fronteggiare le loro vergogne, immorali quanto illegali.
Ritter diceva che ci vuole ragione, diritto e morale. In altri termini bisogna capire, denunciare e rinnovare il tessuto culturale ed etico dei nostri comuni. Opera ardua che non si può condurre da soli: una persona onesta in un’amministrazione corrotta è ingoiata o distrutta come un agnello in una tana di lupi.
Un gruppo invece può approntare una strategia a medio e a lungo termine per iniziare un rinnovamento politico efficace ed efficiente.
I sindaci perbene cercano e necessitano di questi gruppi responsabili e attivi. Quelli disonesti li osteggiano in tutti i modi.
Persino l’opposizione politica locale, in diversi casi, quando non partecipa al comitato di affari, gioca molto spesso di rimessa. Non sempre promuove formazione e partecipazione politica, ma cavalca l’emergenza e la sua protesta, senza incanalarla e farla diventare occasione di crescita civile.
La politica locale è sana soprattutto se accresce qualità della vita e dell’ambiente, servizi alle persone, promuove investimenti produttivi e formazione professionale.
Siamo per i sindaci che fanno questo, come Angelo Vassallo e tanti altri.
A loro tutta la nostra gratitudine, rispetto e sostegno.