Servire chi si ama, di Maria Anna Misuriello
Sei giorni prima della Pasqua.
Giovanni è sempre preciso nelle indicazioni temporali.
Sei giorni prima di consegnarsi, Gesù torna a Betania, nella casa della povertà, la casa più ricca perché casa degli amici.
Mi sembra di vedere una scena di vita di casa mia quando, con amore, allaccio il grembiule per preparare un pasto per un amico… In fondo, si sa, preparare qualcosa di buono per chi si ama sazia il cuore di chi si sporca le mani e quello di chi riceve!
Gesù, dunque, torna lì dove solo può avvenire una prefigurazione di ciò che accadrà sei giorni dopo: c’è l’anticipazione del servizio a mensa (Marta), del tradimento di Giuda, quella della sepoltura (Maria) e il segno della risurrezione (Lazzaro).
Giovanni focalizza l’attenzione sul centro della scena, dove avviene un fatto piuttosto scandaloso, un concentrato di allusioni e la celebrazione del genio femminile.
Il profumo del nardo, presente solo nel Ct in tutto l’AT, è un aroma antico, di origine indiana, legato forse ai culti della fertilità e usato soprattutto come afrodisiaco. È estratto da una specie di valeriana (Nardostachys Jatamansi) che fiorisce nel nord e nell’est dell’India, considerato dalla tradizione vedica come profumo d’amore.
Il gesto innamorato di Maria è il gesto della sposa che unge il corpo del suo amato. È un atto profondamente intimo, soprattutto se si considera che, in alcune circostanze, nella cultura veterotestamentaria i piedi sono un’allusione agli organi genitali. Toccare i piedi e sciogliere i capelli erano gesti permessi solo nell’intimità coniugale.
Maria, dunque, prefigura l’unione tra la Chiesa sposa e Cristo sposo.
Nardo effuso è il suo nome. (Ct 1, 3)
Cristo non a caso significa unto. I Re dovevamo essere unti per essere consacrati.
Mi permetto una piccola audacia: Maria, in questo quadro, è anche madre oltre che sposa. È come se Maria generasse il Cristo, l’Unto, in questa che è una epifania che sprigiona l’identità messianica e regale di Gesù.
Se facciamo un focus sul racconto di Marco, invece, leggiamo che la donna «aveva un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alabastro e versò il profumo sul suo capo» (Mc 14, 3).
L’alabastron era il vaso in cui si custodivano gli olii e i profumi. Se la donna spezza il vaso – presumibilmente il collo allungato del vaso – allora rende il gesto non solo un fatto unico ma addirittura irripetibile. Non le sarà possibile amare qualcuno più di quanto abbia amato il Cristo in quel momento di estrema intimità.
Giuda non può accettare questa epifania.
Non gli importa di ricavare denaro per i poveri (tra l’altro Giovanni ci dice che era pure ladro) perché vuole trattenere per sé.
Ma questa è la contraddizione del cristianesimo: lo spreco. L’amore è lo spreco di sé per chi si ama. Maria spreca un profumo puro e preziosissimo e se stessa per Gesù così come Gesù spreca la sua vita per amor nostro.
La casa di Betania si riempì della ricchezza del profumo.
Mentre il re è sul suo divano,
il mio nardo effonde il suo profumo. (Ct 1, 12)
Il nardo della sposa emana non la propria fragranza ma la fragranza di lui, dello Sposo.
E, dunque, chi ha profumato chi?
È Maria che con il nardo ha profumato il Cristo e che custodisce questo amore per non disperderlo nel momento della sepoltura o è Cristo che ha profumato il capo di Maria con il profumo della pienezza della sua vita?
Maria custodisce perché osserva il comandamento dell’amore che Gesù ha predicato e che sta per compiere.
Perché anche noi possiamo custodire il comandamento di Gesù fin dentro il suo sepolcro per attendere la vita!
[laureata in filosofia, stagista Cuf, Barletta, Bt]